Licenziamenti sospesi? 40mila a marzo
IL BLOCCO VIGE DAL 23 FEBBRAIO, MA MOLTE IMPRESE HANNO MANDATO A CASA PERSONALE
Negli ultimi dati Inps c’è una nuova conferma: sebbene sulla carta sia vietato licenziare, molte imprese se ne stanno infischiando. Ben 39.910 persone sono state mandate a casa per motivi economici tra il primo e il 31 marzo. Quasi 40 mila lavoratori messi alla porta in violazione del decreto Cura-italia, che ha disposto la sospensione per tutti i licenziamenti successivi al 23 febbraio.
LA DISINVOLTURA
dei datori, che paiono ignorare una legge dello Stato, si esercita soprattutto sui precari e gli stagionali: per questi ultimi gli allontanamenti sono quadruplicati. Colpiti quindi i più deboli, quelli che poi – pur avendone tutte le ragioni – sono meno propensi a fare causa per chiedere di essere reintegrati.
La moratoria, va ricordato, è stata introdotta il 18 marzo, ma ha un effetto retroattivo. Quindi tutti i licenziamenti intimati nelle settimane precedenti andavano revocati, anche perché il governo ha concesso cassa integrazione a tappeto per fronteggiare la crisi dovuta al Covid-19. Spulciando le tabelle dell’istituto di previdenza, almeno guardando quello che è successo a marzo, sembra che quella norma sia riuscita (ma molto poco) a proteggere i dipendenti a tempo indeterminato. I licenziamenti tra gli addetti permanenti, infatti, sono stati 21.035. Tantissimi, se si pensa che erano vietati, ma molto meno di quelli avvenuti un anno prima, a marzo 2019 (39.680). Il blocco, insomma, non è riuscito ad azzerarli, ha quantomeno dimezzato i licenziamenti.
Ben diversa la situazione dei tempi determinati; il dato è perfettamente in linea con quello dell’anno scorso: 10.852 licenziamenti a marzo 2020, 10.994 licenziamenti a marzo 2019. La realtà meno edificante, come detto, emerge tra gli stagionali. Qui i licenziamenti economici non sono diminuiti, ma si sono moltiplicati quasi per quattro: dai 1.159 di marzo 2019 ai 4.049 di marzo 2020. Del resto è noto che a marzo di quest’anno, con le prime chiusure, molte imprese turistiche hanno finito in anticipo la stagione invernale e hanno mandato a casa tanti lavoratori pur potendo metterli in cassa integrazione nelle poche settimane che restavano di contratto.
Il problema è il funzionamento del l lavoro stagionale in Italia: ogni anno si viene richiamati dalla stessa azienda, meglio dunque non mettersela contro facendo ricorsi in Tribunale. Non bastasse, tra gli stagionali sono schizzati pure i licenziamenti disciplinari (non vietati): fermi a soli 90 a marzo 2019, sono piombati a 606 nel terzo mese di quest'anno. Che questi fossero un modo per aggirare il blocco di quelli economici è più che un sospetto.
IL DIVIETO
di licenziamento scadrà il 17 agosto, ma il governo è al lavoro per decidere se e di quanto prolungarlo. Intanto, i molti casi di violazione da parte delle imprese sono noti sia all’esecutivo che all’inps. Tanto che l’istituto, pochi giorni fa, ha pubblicato un chiarimento che sarà una magrissima consolazione per chi ne è stato vittima: quelli che , tra il 17 marzo e il 17 agosto, sono stati licenziati nonostante il blocco, avranno quantomeno diritto al sussidio di disoccupazione (salvo poi doverlo restituire in caso di reintegrazione in azienda).