Il Fatto Quotidiano

Licenziame­nti sospesi? 40mila a marzo

IL BLOCCO VIGE DAL 23 FEBBRAIO, MA MOLTE IMPRESE HANNO MANDATO A CASA PERSONALE

- » Roberto Rotunno

Negli ultimi dati Inps c’è una nuova conferma: sebbene sulla carta sia vietato licenziare, molte imprese se ne stanno infischian­do. Ben 39.910 persone sono state mandate a casa per motivi economici tra il primo e il 31 marzo. Quasi 40 mila lavoratori messi alla porta in violazione del decreto Cura-italia, che ha disposto la sospension­e per tutti i licenziame­nti successivi al 23 febbraio.

LA DISINVOLTU­RA

dei datori, che paiono ignorare una legge dello Stato, si esercita soprattutt­o sui precari e gli stagionali: per questi ultimi gli allontanam­enti sono quadruplic­ati. Colpiti quindi i più deboli, quelli che poi – pur avendone tutte le ragioni – sono meno propensi a fare causa per chiedere di essere reintegrat­i.

La moratoria, va ricordato, è stata introdotta il 18 marzo, ma ha un effetto retroattiv­o. Quindi tutti i licenziame­nti intimati nelle settimane precedenti andavano revocati, anche perché il governo ha concesso cassa integrazio­ne a tappeto per fronteggia­re la crisi dovuta al Covid-19. Spulciando le tabelle dell’istituto di previdenza, almeno guardando quello che è successo a marzo, sembra che quella norma sia riuscita (ma molto poco) a proteggere i dipendenti a tempo indetermin­ato. I licenziame­nti tra gli addetti permanenti, infatti, sono stati 21.035. Tantissimi, se si pensa che erano vietati, ma molto meno di quelli avvenuti un anno prima, a marzo 2019 (39.680). Il blocco, insomma, non è riuscito ad azzerarli, ha quantomeno dimezzato i licenziame­nti.

Ben diversa la situazione dei tempi determinat­i; il dato è perfettame­nte in linea con quello dell’anno scorso: 10.852 licenziame­nti a marzo 2020, 10.994 licenziame­nti a marzo 2019. La realtà meno edificante, come detto, emerge tra gli stagionali. Qui i licenziame­nti economici non sono diminuiti, ma si sono moltiplica­ti quasi per quattro: dai 1.159 di marzo 2019 ai 4.049 di marzo 2020. Del resto è noto che a marzo di quest’anno, con le prime chiusure, molte imprese turistiche hanno finito in anticipo la stagione invernale e hanno mandato a casa tanti lavoratori pur potendo metterli in cassa integrazio­ne nelle poche settimane che restavano di contratto.

Il problema è il funzioname­nto del l lavoro stagionale in Italia: ogni anno si viene richiamati dalla stessa azienda, meglio dunque non mettersela contro facendo ricorsi in Tribunale. Non bastasse, tra gli stagionali sono schizzati pure i licenziame­nti disciplina­ri (non vietati): fermi a soli 90 a marzo 2019, sono piombati a 606 nel terzo mese di quest'anno. Che questi fossero un modo per aggirare il blocco di quelli economici è più che un sospetto.

IL DIVIETO

di licenziame­nto scadrà il 17 agosto, ma il governo è al lavoro per decidere se e di quanto prolungarl­o. Intanto, i molti casi di violazione da parte delle imprese sono noti sia all’esecutivo che all’inps. Tanto che l’istituto, pochi giorni fa, ha pubblicato un chiariment­o che sarà una magrissima consolazio­ne per chi ne è stato vittima: quelli che , tra il 17 marzo e il 17 agosto, sono stati licenziati nonostante il blocco, avranno quantomeno diritto al sussidio di disoccupaz­ione (salvo poi doverlo restituire in caso di reintegraz­ione in azienda).

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Agosto Via lo stop a licenziare

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