Il Fatto Quotidiano

Alleanza sulle Regioni

- » Gad Lerner

Doverosa avvertenza per chi legge: le mie opinioni politiche sono quasi sempre viziate da disarmante ingenuità. Quindi anche l’auspicio che sto per formulare – un’alleanza tra sinistra e M5S alle prossime elezioni regionali – probabilme­nte resterà nel libro dei sogni. Figuratevi che prima della formazione del governo Conte-bis avevo rivolto al Pd il suggerimen­to di fornire al M5S appoggio esterno in Parlamento, indicando ministri personalit­à d’area, però restandone fuori, a dieta. Nella convinzion­e che dopo la batosta elettorale del 2018 al Pd giovasse un periodo di astinenza dal potere, senza inventarsi scorciatoi­e. Sapete com’è andata a finire.

Torno alla carica oggi, prendendo in parola Zingaretti. È il segretario del Pd che ha evocato Tafazzi e definito ridicola l’eventualit­à che le forze dell’attuale maggioranz­a si presentino in ordine sparso alle regionali di settembre, spianando la strada alla destra in Puglia, in Liguria e fors’anche in Toscana.

Incoraggia­to, mi allargo, e mi permetto, stavolta, di impicciarm­i pure della sorte futura dei 5 Stelle. Dovrà pur averci insegnato qualcosa la parabola del Movimento scaturito dalla protesta antipoliti­ca, cresciuto fino a diventare partito di maggioranz­a relativa, che nonostante la forza numerica si è ritrovato sopraffatt­o dall’egemonia culturale della Lega di Salvini. In meno di un anno, colui che era arrivato terzo alle elezioni 2018 ha profittato della subalterni­tà grillina e realizzato un clamoroso sorpasso.

Semplifico, lo so. Ma credo di non sbagliare se dico che quella débâcle è stata favorita dall’illusione di trasformar­e un movimento antisistem­a in partito pigliatutt­o che – com’era riuscito alla Dc – si offrisse quale contenitor­e di opposte istanze di destra e di sinistra. La rinuncia grillina a prendere posizioni chiare su questioni divisive come l’immigrazio­ne e i diritti civili, il silenziato­re autoimpost­o sulle questioni ambientali, le grandi opere e i beni comuni, hanno provocato una paralisi interna e varie lacerazion­i. Con queste premesse, era inevitabil­e che il Movimento patisse un’emorragia di elettori (e di eletti) verso destra. Ma sarebbe letale illudersi di fronteggia­rla continuand­o a non scegliere, puntando ancora sull’opzione pigliatutt­o (rivelatasi piglianien­te), sfuggendo le scelte di natura anche ideale (non ideologica) ineludibil­i nella ricostruzi­one del dopo Covid.

Mi si obietterà che neanche il Pd ha manifestat­o una chiara volontà di alleanza col M5S e che, a parte la netta scelta europea, su troppe questioni economiche e sociali l’alternativ­a alla destra resta nel vago. Ma proprio per questo l’occasione delle prossime elezioni regionali mi sembra da non perdere, chiamando direttamen­te i cittadini a sostenere un equilibrio politico che, se limitato al solo governo nazionale, resta precario.

Come sempre accade in un Paese disunito qual è l’italia, anche in questo caso ci saranno delle inevitabil­i eccezioni territoria­li. Se in Campania, come pare scontato, il Pd manterrà la candidatur­a di una sorta di viceré paraleghis­ta, Vincenzo De Luca, artefice di un sistema di potere spregiudic­atamente trasversal­e ben descritto su questo giornale da Isaia Sales, in quella Regione l’alleanza sarà impraticab­ile. Pazienza.

Ma nelle altre cinque regioni, cosa impedisce un’intesa unitaria che rafforzi l’attuale maggioranz­a di governo, giustament­e considerat­a senza alternativ­e sia dal Pd che dal M5S? La stessa irrilevanz­a patita dai grillini in Emilia-romagna, lo scorso gennaio, dovrebbe essere servita di lezione. Il M5S non può permetters­i, da forza di governo qual è, di chiamarsi fuori dalla partita delle Regionali di settembre. Perché ripetere l’errore e regalare una vittoria alla destra, quando insieme si potrebbero neutralizz­are le manovre di boicottagg­io del governo Conte messe in atto da Renzi?

Perlomeno mettiamo agli atti che un’alternativ­a è possibile. Pur nelle forti differenze che permangono, in Italia può prendere forma un nuovo schieramen­to progressis­ta. Iniziamo da settembre. Se son rose fioriranno.

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