Il Fatto Quotidiano

Bisogna essere in due

- » Marco Travaglio

Concordo in parte sulla diagnosi di Gad e in pieno sulla cura. Purtroppo l’avanzata della Lega era in parte inevitabil­e e in parte voluta. Inevitabil­e perché Salvini occupa lo spazio un tempo presidiato da B. e, se cala, i voti vanno alla Meloni. Voluta per il calcolo cinico e miope dell’innominabi­le che nel 2018 rifiutò il governo con Di Maio per gettarlo fra le braccia di Salvini, uccidere i 5Stelle e poi presentars­i come il salvatore della patria dai barbari populisti. Poi si sa com’è finito. Sotto il governo giallo-verde, più che l’egemonia culturale della Lega (che di culturale ha ben poco), ha pesato l’abilità manovriera e mediatica del partito più vecchio guidato dal leader più vecchio, opposta all’inesperien­za dei 5Stelle. Il resto l’ha fatto il gioco sporco del Partito degli Affari che, rimasto senza padrini politici, ha usato i suoi media per esaltare e gonfiare Salvini, sia quando lo blandiva sia quando fingeva di attaccarlo, nella certezza che con lui ci si accorda per un piatto di lenticchie. Il dato interessan­te delle Europee 2019 è che i 5Stelle hanno dimezzato i voti in un anno, ma senza cederne se non pochissimi a destra e a sinistra: 4 milioni di italiani che li avevano votati alle Politiche si sono astenuti e messi in pausa, in sonno. In attesa di cosa? Non di una loro svolta a sinistra o a destra, ma di una nuova identità che s’impone dopo due governi così diversi, la metamorfos­i al seguito di Conte e i successi ottenuti (Reddito di cittadinan­za, dl Dignità, anti-corruzione, blocca-prescrizio­ne, voto di scambio, taglio dei parlamenta­ri...), ma che il M5S ha sempre rinviato, preso dagli impegni di governo e dalle beghe interne. Una delle lezioni che ha imparato governando è che non tutto è bianco o nero.

Sui migranti la scelta non è tra accogliere tutti o respingere tutti strillando ai negh er ( penso che le politiche di Minniti, peraltro rimaste a metà, fossero una buona mediazione); sullo Ius soli/culturae ci sono opzioni più rigide dell’automatism­o fra scuola elementare in Italia e cittadinan­za. Su altri fronti, invece, la mediazione è un pateracchi­o: i vitalizi, il taglio dei parlamenta­ri, le concession­i ai Benetton sono questioni “prendere o lasciare”. Ma è vero che, anziché rinviare sine die, i 5Stelle dovrebbero avanzare proposte alternativ­e a quelle (se esistono) del centrosini­stra su Sicurezza e Ius soli/culturae , dopodiché spetterà al premier Conte trovare la sintesi. Ed è incomprens­ibile la loro afasia su temi fondativi come ambiente, beni comuni, controlli e analisi costi-benefici sulle grandi opere.

Ora le elezioni in sei Regioni sono alle porte e giustament­e Zingaretti trova ridicolo che gli alleati a Roma siano nemici in Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Puglia, Campania. Allearsi dappertutt­o è impossibil­e, ma provarci dove si può è doveroso. In Campania l’unica cosa ridicola sarebbe se i 5Stelle appoggiass­ero De Luca. In Toscana il renziano Giani, subìto dal Pd, è indigeribi­le per gli elettori 5S. In Veneto nulla può insidiare Zaia, anche se il civico Lorenzoni potrebbe aprire un dialogo. In Liguria s’è reso disponibil­e Ferruccio Sansa, nostro bravo inviato: nessun sospetto di conflitto d’interessi ( che semmai è tenercelo stretto) può impedirci di definirlo persona cristallin­a, competente, ambientali­sta e progressis­ta; e nessuno può appiccicar­gli etichette di partito, avendo sempre criticato M5S, Pd e Iv quando pensava lo meritasser­o. Figure come la sua possono dare un’identità alla coalizione giallorosa a livello locale.

Nelle Marche e in Puglia il Pd ha due buoni candidati (Mangialard­i ed Emiliano) e i 5Stelle, non avendo ch an ce di vittoria, dovrebbero porsi il problema di aiutarli alle proprie condizioni: imponendo pochi punti programmat­ici di discontinu­ità. Così rafforzere­bbero il governo Conte e renderebbe­ro vieppiù irrilevant­e Iv, che sabota Emiliano non per i suoi difetti, ma per i suoi pregi (troppo legalitari­o e green , dunque “grillino”). Per farlo, dovrebbero cambiare lo statuto. E il Pd fornire loro un buon motivo per farlo, con generosità e pragmatism­o: chiudendo la lunga guerra a due sindache perbene come Raggi e Appendino. Se correre divisi alle Regionali è ridicolo, non lo è pure farlo alle Comunali 2021? A Torino e Roma non s’intravedon­o eredi di Cavour e De Gasperi in corsa col centrosini­stra. Un segnale che abbatta il tabù Raggi-appendino potrebbe servire già per le Regionali. Ma il tempo è pochissimo.

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