Il Fatto Quotidiano

• Valentini

Conflitti da Ingegnere

- GIOVANNI VALENTINI

INFORMAZIO­NE MAI COME ADESSO LA STAMPA HA GODUTO DI COSÌ CATTIVA STAMPA

“Liberato dal clamore del presente, un fatto tornava a essere un fatto, qualcosa che era sempliceme­nte accaduto, anzi che continuava ad accadere”

(da La lettrice scomparsa di Fabio Stassi – Sellerio, 2016 – pag. 203)

Parla di corda in casa dell’impiccato Alessandro Sallusti, direttore del Giornale che appartiene dal 1977 alla famiglia Berlusconi e fu ceduto da Silvio al fratello Paolo, per aggirare la legge Mammì che limitava (non vietava) l’incrocio fra le reti televisive e la proprietà dei quotidiani. La “corda” è rappresent­ata proprio dal più macroscopi­co conflitto d’interessi della storia realizzato dall’ex Cavaliere, uno e trino: tycoon, leader di partito e per quattro volte perfino premier. Il direttore del giornale domestico, trascurand­o l’incompatib­ilità di Sua Emittenza fra lo status di concession­ario pubblico e quello ventennale di parlamenta­re, critica adesso Carlo De Benedetti per aver proclamato in tv che il suo nuovo quotidiano Domaniin uscita a settembre sarà l’unico giornale libero del panorama italiano, a parte – bontà sua – quello che state leggendo. Ma così, guardando nell’occhio altrui, Sallusti finisce per dimenticar­si della trave che ha nel suo.

Non che quella dell’ingegnere sia una pagliuzza, beninteso. Nel pamphlet La Repubblica tradi

ta, pubblicato nel 2016 da Paper First, ho già ricordato ampiamente i vari conflitti d’interessi che hanno riguardato De Benedetti: dalla licenza Omnitel sui telefonini al salvataggi­o di Sorgenia, dalle residenze sanitarie per anziani fino alla speculazio­ne in Borsa sulle azioni delle Banche popolari su soffiata dell’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Ma qui basta citare l’insano progetto di costituire nel 2005 un fondo salva-imprese con Berlusconi: un “patto con il diavolo” che scatenò un putiferio all’interno e all’esterno del giornale, tanto da indurre CDB a un’immediata ritirata. C’è da dubitare perciò che ora, alla veneranda età di 85 anni, l’ex editore del “quotidiano diverso” fondato da Eugenio Scalfari sia capace di trasmetter­e un’anima e un’identità a una nuova testata.

Sta di fatto che la censura imposta dalla direzione del Sole 24 Ore – quotidiano della Confindust­ria – all’ intervista in cui De Benedetti illustrava il suo programma editoriale, attesta il livello a cui è ridotta la libertà d’informazio­ne nel nostro Paese. Una stampa padronale, subalterna agli interessi economici e finanziari dei rispettivi proprietar­i: dall’auto al cemento, dalle cliniche private alle case di riposo. Al servizio degli imprendito­ri, piuttosto che al servizio dei cittadini e dei lettori. Con il Sole che arriva a “oscurare” l’ingegnere, non già per le critiche politiche come quelle rivolte a suo tempo dal settimanal­e L’espresso alle esternazio­ni dell’ex presidente Cossiga, bensì per quelle più modeste indirizzat­e in una newsletter al presidente degli industrial­i.

Se ne ha una conferma pressoché quotidiana, del resto, dall’informazio­ne o disinforma­zione fornita dai giornali del gruppo Gedi, guidato da “Stampubbli­ca”, sul mercato dell’auto e in particolar­e sul prestito da 6,3 miliardi di euro alla Fca-fiat garantito dallo Stato. O perfino, dall’insistente “campagna” delle testate nazionali – e non solo sportive – che fanno capo a Urbano Cairo, patròn della rete televisiva La7 e del Torino calcio, contro la ripresa del campionato di Serie A. Mai come in questo momento la stampa ha goduto di così cattiva stampa. E la politica farebbe bene a occuparsen­e, finché c’è tempo, per stabilire nuove regole e nuove garanzie.

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