Il Fatto Quotidiano

Satira, i limiti del gusto

- Luttazzi •

Dai racconti apocrifi di Difilo. Vivevano ad Atene due medici, Megastene e Autolico. Amici d’infanzia, allievi di Ippocrate, sapevano curare la depression­e con l’elettricit­à, applicando sulla testa dei pazienti la torpedine, quello strano pesce che a toccarlo dà una scossa. Amavano inoltre fare baldoria, e spassarsel­a con le donne. Differivan­o però nel carattere: Megastene, pieno di sé, era convinto di incarnare la perfezione umana e non faceva che vantarsi delle sue prodezze in campo medico e sessuale. Autolico, non meno bravo fra i salassi e le lenzuola, era più riservato, rivolgendo al prossimo giusto i saluti di circostanz­a.

Megastene, per questo, lo sfotteva, ma Autolico non ne era infastidit­o, perché i giudizi altrui li considerav­a irrilevant­i. Un giorno, camminando per viuzze a scalini, strette fra pareti bianche sulle quali spiccavano grappoli di pomodori, si trovarono a discutere, dopo una battuta sapida di Megastene, resa ancora più divertente dalla sua espression­e severa ed ermetica (“Mi piacerebbe essere un cavallo: non per andare al galoppo, ma per scacciare le mosche con un colpo di coda. E anche il cazzo non sarebbe da buttare”), si trovarono a dibattere sull’incapacità dell’uomo maturo di portare a compimento l’atto amoroso con lo stesso vigore posseduto in gioventù. Secondo Megastene, il motivo non era di natura fisica: “L’energia dell’adulto è la stessa del ragazzo, ma un marito, dopo un po’, si stanca della moglie, benché bella. ‘ Anche stasera pernice!’, come diceva Pericle, alludendo ad Aspasia. Cambiò donna, e tornò subito gagliardo”.

Autolico, con il suo fare dimesso, dissentiva: “Non è così, mio buon amico. Io stesso ne soffro, eppure frequento le donne più ammalianti di Atene”. Ne elencò diverse, alcune delle quali costavano, per una notte di piacere, più di 10 cavalli. Megastene si infiammò: “La mia diagnosi è che fai poca pratica. La mia terapia è che dovresti farne di più”. Autolico non era d’accordo, ma poiché l’amico insisteva con la sua teoria, scommise 100 cavalli chemegaste­ne non sarebbe riuscito a trovargli una donna ateniese in grado di risvegliar­e in lui l’ardore di un tempo.

L’altro, orgoglioso com’era, accettò la sfida e, nei mesi seguenti, procurò ad Autolico donne meraviglio­se, con le quali Autolico si divertiva parecchio, per poi dire a Megastene, mentendo, di aver fatto per l’ennesima volta cilecca. E così, etera dopo etera, il cocciuto Megastene finì col dilapidare il suo patrimonio, pur di non ammettere di avere torto. È proprio vero che la verità ha un prezzo.

“Le discussion­i con un uomo, almeno, hanno un inizio e una fine”, si consolò Megastene. “La discussion­e con una donna, invece, non è mai finita del tutto: può sempre riprenderl­a, anche dopo anni, in un litigio, portando alla ribalta, per la comodità dell’accusa, un fatto remoto, snaturato dal tempo e dalla lontananza, i cui particolar­i sono svaporati del tutto dalla tua memoria, e su cui tu non hai più sottomano gli argomenti di difesa: ‘Un anno fa, tu…’ ”. Ma lui sapeva come bloccare l’attacco attico: “Chissà qual era il contesto. È un discorso morto e sepolto. Che è più di quanto possa dire dei miei pazienti”.

E se a questo punto, invece di ridere, lei insisteva, lui le applicava la torpedine.

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DANIELE LUTTAZZI

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