“Gassman era come Bruno del Sorpasso”
29 giugno 2000, muore il Mattatore: insieme hanno girato numerosi film
La memoria non sempre stempera le emozioni, magari il tempo mette meglio a fuoco quel che era già chiaro. E Vittorio Cecchi Gori a quasi sessant’anni dalle riprese de Il sorpasso, dal cellulare estrae una foto del set, anno 1962, rigorosamente in bianco e nero, e ne dà una lettura certa: “Nella vita privata Vittorio Gassman era molto simile al Bruno Cortona del film; però Gassman era un signore”.
Fine febbraio di quest’anno, prima del nuovo arresto e ai domiciliari, un Cecchi Gori lucido, claudicante e un po’ nostalgico, annunciava l’intenzione di rigirare la pellicola cult, prodotta a suo tempo dal padremario, film che ha raccontato, come nessun altro, il boom, l’edonismo, la fuga dalla vita e dalla morte.
Così lo incontriamo, e quella che segue è la parte dell’inter vista dedicata al “mattat o re ”, morto il 29 giugno di vent’anni fa.
Gassman... Vittorio era di famiglia, prima legatissimo a mio padre, poi il feeling si è maggiormente sviluppato con me; se chiudo gli occhi posso ancora vederlo seduto sul divano di casa o affacciato al balcone mentre fumava una delle sue sigarette. E pensava, erano attimi che dedicava a se stesso.
Suo padre ci ha lavorato dal secondo dopoguerra...
Nel 1948 girarono Riso amaro nelle risaie della famiglia Agnelli: papà era un organizzatore, non ancora produttore, e Vittorio un ragazzo sul quale il cinema stava investendo; per i due la prima svolta è arrivata con Il mattatore : da lì è partito un sodalizio sviluppato in tantissimi capolavori.
Gassman fuori dal set. (Sorride) Penso subito al suo rapporto con le donne.
Intenso.
Molto, e lo capivo. Poi era una persona seria, un amico vero, uno che sapeva quali erano i confini tra la finzione del set e la quotidianità vissuta con i fari spenti.
Vi frequentavate.
Sì, ma la vita di quegli anni era molto differente da quella di oggi: allora si giravano film in continuazione, non solo uno dietro l’altro, in alcuni casi anche in contemporanea; il privato era una pausa tra una ripresa e un’altra.
E in quelle pause... Magari ci vedevamo a casa di Ettore Scola per dei giochi di società: divisi in squadre rispondevamo a degli indovinelli; oppure sfide a pallone, o a tennis ( sorride). Insomma, ci massacravamo in infinite battaglie sportive, il nostro agonismo ci impediva di mollare un millimetro all’altro; a calcio lui giocava da centravanti, io mediano, e parlava e incitava e s’incazzava. Un
continuo.
Guascone?
Un po’sì, e il fisico lo aiutava, ma non era un bullo, e non incarnava neanche lo stereotipo del romano urlante; era anche timido e riservato, molto più di Ugo Tognazzi, ed era chiaro dalla differente gestione delle loro ville a Velletri.
Cioè?
Da Ugo era un’infinita tavolata sempre apparecchiata, con un riciclo quotidiano di persone; in quella di Vittorio non andava quasi mai nessuno, e lui non aveva grandi rapporti con i colleghi, si trovava bene giusto con Paolo Villaggio, amicizia nata durante le riprese spagnole di
Brancaleone alle crociate. Uscivamo quasi ogni sera.
Sul quel set c’è stato qualche scontro...
Era cinema nel cinema. Serate di confronti, anche aspri: una sera Vittorio ha assegnato un paio di manate a Volonté; Gian Maria a volte era pesante, difficile vederlo rilassato.
Motivo della baruffa?
Probabilmente per questioni politiche, e Volonté arrivava a provocare, cercava lo scontro verbale e fisico, fino a quando a Vittorio sono girate le palle (riprende in mano il cellulare e sorride).
A cosa pensa?
‘‘ Sordi voleva la parte di Vittorio. A causa del ‘no’ ha discusso con mio padre
‘‘ Una persona seria, un amico vero, uno che sapeva i confini tra set e vita
Ho ritrovato degli scatti di set, e qui siamo in Argentina per girare Il gaucho: in quel periodo tutto era possibile, come affittare lo stadio del River Plate per organizzare una partita a pallone, io e Gassman in campo; o feste private con la fila di persone che provavano a imbucarsi, e non parlo di gente comune, ma di personale dell’ambasciata disperato se non varcava la fatidica soglia.
Voi protagonisti assoluti.
Babbo ci raggiunse dopo quasi due mesi, e in Argentina lo definivano “il padre di Vittorio”, e non ne era troppo soddisfatto; qualche giorno dopo gli venne pure la polmonite: chiuso in albergo ci chiamava per ogni sfumatura, si placava solo con Ornella Vanoni, anche lei a Buenos Aires, perché in scena con Garinei e Giovannini per una commedia con Nino Manfredi.
Lei e Gassman vi siete affrontati nelle sfide estive organizzate da Tognazzi?
Il torneo di tennis? Eccome, era un appuntamento fisso, e molti avversari temevano Vittorio: se perdeva s’incazzava ( cambia tono). È in una di quelle giornate che si è esplicitato il suo rapporto d’amore con Diletta D’andrea, allora moglie di Luciano Salce.
Salce e Gassman erano amici.
Sempre insieme, stesso gruppo di affetti, ma Luciano non disse nulla, affrontò con signorilità il duplice dolore.
Chi c’era in quel gruppo?
Anche Dino Risi ed Ettore
Scola; a un certo punto Vittorio si fissò con un’idea: aveva individuato un terreno a Cetona, e il suo obiettivo era costruire un residence per viverci tutti insieme.
E...
Organizzò varie riunioni ed eravamo pure d’accordo, poi all’ improvviso finì l’entusiasmo e non ne conosco il motivo.
Quindi Gassman aveva un gruppo di amici.
Certo, ma senza
esagerare, a modo suo; nella sua villa romana all’aventino si ritrovavano spesso vari amici e colleghi, anche giovani attori che lui seguiva, come Gigi Proietti, ed era possibile incappare in piacevoli sorprese.
Esempio.
Una sera lì ho conosciuto Pablo Neruda, ospite della casa: sembrava una cartolina, u n’icona, vestito di bianco con il Panama in testa. Quell ’ immagine, trent’anni dopo, l’ho ritrovata ne Il po
stino di Troisi.
Torniamo a Gassman e le donne.
Eh, ne ha combinate; una sera, in Argentina, ho assistito a una lite pesantissima tra lui e la fidanzata di allora, Juliette Mayniel (madre di Alessandro), con lei che minacciava di uccidersi; ( pausa) non era neanche la prima volta.
Sempre con la Mayniel?
No, anni prima, e questo me lo raccontò mio padre presente sul set di Mambo ( 195 4): Shelley Winters lo voleva prendere a coltellate, e davanti alla troupe.
“Il sorpasso”.
Quel film ha generato una rottura tra noi e Sordi: Alberto voleva la parte, la sentiva sua, aveva intuito il potenziale, ma Gassman era perfetto; dopo la scelta
ufficiale, Sordi per vent’anni non ha più frequentato mio padre. Io sì. Ci volevamo bene.
Il rapporto tra Gassman e Risi era stretto.
Si capivano, avevano uno stile simile, un grande affetto, e una forte competizione: erano entrambi delle primedonne, due intellettuali affascinanti che amavano dimostrare il loro valore; però è stato Dino a centrare Vittorio come attore, solo Monicelli con Bran
caleone è riuscito nella stessa impresa; ( abbassa lo sguar
do) a Vittorio ero veramente legato e con lui ho giocato l’ultima partita con mio padre.
Dove?
Sempre sul set de Il sorpasso: a Castiglioncello, una sfida tra noi della troupe e un grup
po di ragazzi; Vittorio in attacco, e babbo in campo. È forse uno dei ricordi più belli della mia vita: noi pervasi da consapevolezza, amicizia e voglia di condividere; (cam
bia tono) è stato giusto dare la parte di Cortona a Gassman.
Personaggio e persona si somigliano.
Molto, e c’è una scena che mi ricorda nitidamente il carattere di Vittorio: quando Cortona gioca a ping pong in uno stabilimento balneare, e dopo aver vinto la scommessa restituisce i soldi a Trintignant, suo compagno di viaggio.
Perché le ricorda Gassman?
Per il suo agonismo, la capacità di attirare l’attenzione, e l’abitudine a preferire il “pre
go” al “grazie”; rispetto a Cortona, Vittorio aveva un’ombra di perbenismo e maggiore timidezza, oltre alla signorilità ( ride). Allora il cinema era improvvisazione consapevole.
Tradotto?
La mattina delle riprese in auto con il contadino, abbiamo aspettato un paio di ore l’attore scritturato. Invano. Fino a quando Dino Risi decise di coinvolgere un contadino trovato davanti al set, mentre lavorava i campi.
Il contadino di “Ma nun gore ’sta maghina?”...
E Vittorio perfetto: la sua risata in auto è il manifesto di un’epoca.
Sta lavorando a un remake.
Insieme a Marco Risi e ad Andrea Purgatori, ma non è esattamente un remake.
E cosa?
Sarebbe una follia riproporre il clone di un capolavoro del genere, e poi non esiste più quell’italia del boom; a me interessa analizzare la psicologia di oggi, in quale società siamo, com’è cambiato il Paese. Il sorpasso è solo uno spunto per la scusa del viaggio in automobile.
Ha continuato a frequentare Gassman fino agli ultimi anni?
Purtroppo no, poi un giorno mi ha chiamato e con tono freddo mi ha offeso, senza motivo. Io sbigottito.
Non ha chiesto spiegazioni?
È stato un ceffone improvviso, un attacco talmente immotivato da lasciarmi gelato. Non avevo capito che quelle parole erano generate dal suo esaurimento nervoso, e poco dopo è morto. È andato al funerale?
(Cambia tono e sguardo) No, non ci vedevamo da tempo, e la sua morte non potevo accettarla. Forse volevo mantenere di lui un’immagine simile a quando era Bruno...
(Gassman ne “Il sorpasso” spiega: “... questo ‘ Uomo in f ra c’ me fa impazzì, perché pare ’na cosa de niente e invece c’è tutto: la solitudine, l’incomunicabilità, poi quell’altra cosa, quella che va di moda oggi... la... l’alienazione”).