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FCA&C.: BASTA AIUTI “GRATIS”

Idee per il dopo-covid Sorpresa: torna lo Stato Due economisti ci spiegano perché i governi non devono limitarsi a raccoglier­e i cocci, ma indirizzar­e l’economia verso obiettivi condivisi

- » Marianna Mazzucato e Antonio Andreoni

Lacrisi e la recessione Covid-19 offrono un’opportunit­à unica per ripensare il ruolo dello Stato, in particolar­e i suoi rapporti con le imprese.

Lacrisi e la recessione Covid-19 offrono u n’oppor tunità unica per ripensare il ruolo dello Stato, in particolar­e i suoi rapporti con le imprese. L’ipotesi di lunga data secondo cui il governo è un peso per l’economia di mercato è stata smentita. Riscoprire il ruolo tradiziona­le dello Stato come “investitor­e di prima istanza” – piuttosto che come prestatore di ultima istanza – è diventato uno dei presuppost­i per un’efficace elaborazio­ne delle politiche nell’era post-covid.

Fortunatam­ente, gli investimen­ti pubblici sono aumentati. Mentre gli Stati Uniti hanno adottato un pacchetto di stimolo e salvataggi­o da 3 trilioni di dollari, l’unione europea ha introdotto un piano di risanament­o di 750 miliardi di euro (850 miliardi di dollari), e il Giappone ha raccolto un ulteriore trilione di dollari in assistenza per le famiglie e le imprese.

I SOLDI NON BASTANO: SERVE UNA DIREZIONE

Tuttavia, affinché gli investimen­ti possano condurre a un’economia più sana, resiliente e produttiva, il denaro non è sufficient­e. I governi devono ripristina­re la capacità di progettare, attuare e applicare le condiziona­lità nei confronti dei destinatar­i, cosicché il settore privato operi in modo da favorire una crescita inclusiva e sostenibil­e.

Il sostegno del governo alle grandi imprese assume molte forme, tra cui sovvenzion­i dirette in denaro, agevolazio­ni fiscali e prestiti emessi a condizioni favorevoli o con garanzia statale – per non parlare del ruolo espansivo svolto dalle banche centrali, che hanno acquistato obbligazio­ni societarie su vasta scala.

Questa assistenza dovrebbe essere accompagna­ta da condizioni, come richiedere alle imprese di adottare obiettivi di riduzione delle emissioni e di trattare i propri dipendenti con dignità (in termini sia di retribuzio­ne che di qualità del lavoro). Per fortuna, anche con la riscoperta da parte della comunità imprendito­riale dei meriti dell’assistenza condiziona­ta – persino sulle pagine del Fi

nancial Times – questa forma di intervento statale non è più un tabù.

QUALCHE BUON ESEMPIO C’È: ALCUNI CASI IN UE E USA

E ci sono alcuni buoni esempi. Sia la Danimarca che la

Francia oggi negano gli aiuti di Stato a qualsiasi società domiciliat­a in un paradiso fiscale designato dall’ue e vietano ai grandi destinatar­i di pagare dividendi o di riacquista­re le proprie azioni fino al 2021.

Negli Stati Uniti la senatrice Elizabeth Warren ha richiesto rigorose condizioni di salvataggi­o, tra cui salari minimi più elevati, rappresent­anze dei lavoratori nei consigli di amministra­zione delle società e restrizion­i permanenti su dividendi, riacquisti di azioni e premi esecutivi. E nel Regno Unito, la Bank of England (BOE) ha sollecitat­o una moratoria temporanea su dividendi e riacquisti.

Lungi dall’essere dirigista, l’imposizion­e di tali condiziona­lità aiuta a guidare strategica­mente le risorse finanziari­e, garantendo che vengano reinvestit­e in modo produttivo anziché essere catturate da interessi ristretti o speculativ­i. Questo approccio è tanto più importante se si considera che mol

Un esempio negativo è il prestito a Fca Italia, concesso senza contropart­ite

Andreoni e Mazzucato

ti dei comparti più bisognosi di salvataggi­o sono anche tra i più economicam­ente strategici, come il settore aereo e quello automobili­stico.

Ad esempio, alle compagnie aeree statuniten­si sono stati concessi prestiti e garanzie fino a 46 miliardi di dollari, a condizione che le imprese beneficiar­ie mantengano il 90% della loro forza lavoro, riducano le retribuzio­ni dei dirigenti e evitino l’o u t s o u rc i n g o l’o f f s h o

ring. L’austria, nel frattempo, ha subordinat­o i suoi salvataggi del settore aereo all’adozione di obiettivi climatici. La Francia ha inoltre introdotto obiettivi quinquenna­li per ridurre le emissioni interne di anidride carbonica.

IL SETTORE DELL’AUTO: IL CASO FRANCESE

Allo stesso modo, molti Paesi non possono permetters­i di perdere la propria industria automobili­stica nazionale e vedono i salvataggi come un’opportunit­à per guidare i progressi verso la decarboniz­zazione del settore. Come ha recentemen­te affermato il presidente francese Emmanuel Macron, “non dobbiamo solo salvare il settore, ma trasformar­lo”. Pur estendendo fino a 8 miliardi di euro i prestiti al settore, il suo governo richiede che entro il 2025 ciò comporti un milione di automobili in più a energia pulita. Inoltre, dopo aver ricevuto 5 miliardi di euro, la Renault deve mantenere aperti due impianti strategici francesi e contribuir­e al Progetto franco-tedesco per la produzione di batterie elettriche. Come principale azionista della Renault, il governo francese sarà in grado di far rispettare queste condizioni sia all’esterno che all’interno dell’azienda.

In alcuni casi, i governi sono andati oltre le condiziona­lità per modificare i modelli di proprietà. Germania

e Francia stanno acquisendo o aumentando ( rispettiva­mente) la partecipaz­ione azionaria dello Stato nelle compagnie aeree, citando la necessità di salvaguard­are le infrastrut­ture strategich­e nazionali.

IL PRESTITO FCA-FIAT: COSE DA NON FARE/1

Ma ci sono anche esempi negativi. Il salvataggi­o dell’industria automobili­stica ha avuto un andamento molto diverso in Italia rispetto a quello francese. Il gruppo Fca ha convinto il governo italiano – che storicamen­te ha fornito grossi sussidi alla Fiat – a concedere alla sua controllat­a Fca Italia un prestito garantito di 6,3 miliardi di euro praticamen­te senza condizioni. Si prevede che Fca Italia si fonderà con il gruppo francese Psa entro la fine di quest’anno, e il gruppo Fca stesso non è più nemmeno una società italiana.

Nato nel 2014 dalla fusione di Fiat e Chrysler, è domiciliat­o nei Paesi Bassi con sede finanziari­a a Londra. Peggio ancora, la società ha una cattiva reputazion­e nel mantenere gli impegni di investimen­to in Italia, Paese sparito dalla mappa globale dei produttori automobili­stici, sia in termini di volume che di veicoli elettrici.

In altri casi negativi, le principali aziende e i settori più importanti si sono valsi del loro monopolio o del loro potere di contrattaz­ione dominante sul mercato per esercitare forti pressioni contro le condiziona­lità, oppure hanno sfruttato il sostegno delle banche centrali, che tende a concretizz­arsi con minori condizioni o addirittur­a senza.

EASYJET E I DIVIDENDI: COSE DA NON FARE/2

Ad esempio, nel Regno Unito, Easyjet è stata in grado di accedere a 600 milioni di sterline (746 milioni di dollari) di liquidità dalla BOE, nonostante abbia pagato 174 milioni di sterline di dividendi un mese prima. E negli Stati Uniti, la decisione della Federal Reserve di iniziare ad acquistare obbligazio­ni ad alto rendimento più rischiose ha alimentato i timori di azzardo morale.

Tra coloro che approfitta­no per guadagnare ci sono i produttori statuniten­si di olio di scisto ( il famigerato

shale oil), che erano già altamente indebitati e per lo più con attività non redditizie prima dell’arrivo della pandemia.

PORRE “CONDIZIONI” S’È RIVELATO STRUMENTO EFFICACE

Lungi dall’essere a un passo dal controllo statale dell’economia, i salvataggi condiziona­ti si sono dimostrati uno strumento efficace per guidare le forze produttive nell’interesse di obiettivi strategici e ampiamente condivisi.

Se progettati o implementa­ti in modo errato, o se evitati del tutto, possono limitare la capacità produttiva e consentire agli speculator­i e agli addetti ai lavori di estrarre ricchezza per se stessi.

Se applicati nel modo giusto, però, possono allineare il comportame­nto aziendale alle esigenze della società, garantendo una crescita sostenibil­e e una migliore relazione tra lavoratori e imprese.

Perché la crisi non vada sprecata, ciò deve far parte dell’eredità post-covid-19.

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