Il Fatto Quotidiano

Effetto virus “Io, guarita ma in tilt: non dormo, sono uno ‘zombi’ e la morte mi ossessiona”

- SELVAGGIA LUCARELLI Inviate le vostre lettere a: il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’erasmo,2. selvaggial­ucarelli@gmail.com

“Aiuto, il cervello non gira più: finita una malattia, inizia l’altra”

Cara Selvaggia, ogni giorno il numero dei guariti continua a salire, e grazie a Dio. Si è detto che, per necessità o convenienz­a, non ci sia stata alcuna distinzion­e tra guariti e dimessi, perché se esci da quella stanza della terapia intensiva, da quella camera d’ospedale, non è detto che tu poi sia davvero libero dal virus; ma non è questo il motivo per cui ti scrivo. Io sono una “guarita-guarita”, tecnicamen­te. Il doppio tampone di controllo ha dato esito negativo più di un mese fa, dopo più di 30 giorni di Covid-19. Curato a casa, vorrei dirti, ma la verità è che più che la medicina mi ha guarito la provvidenz­a o la fortuna. Nessun tampone, nessun intervento dell’ats, nessuna diagnosi. Un medico di base disarmato che ha fatto quello che poteva, cioè poco. Mi avrà fatto guarire la tachipirin­a? O forse qualche antibiotic­o generico, di quelli che vanno bene anche per il mal di gola? Non lo so, non credo, ma sta di fatto che, ufficialme­nte, sono una guarita. Nel senso che non ho più il virus. Ma io non sto per niente bene, Selvaggia. A me tremano ancora le ossa, la sera mi fanno male. Alla sera arrivo stanca, distrutta come se avessi scalato una montagna quando magari sono solo stata in casa a lavorare al pc. Quando mi alzo mi manca il fiato, ho una faccia che sembro uscita da un incontro di pugilato. Ma non è niente a confronto di ciò che patisco di notte, dentro la mia testa. Ho cominciato a soffrire di insonnia per la prima volta nella vita. Dormo poco e male, certe notti per nulla. Non dormivo nemmeno nei giorni più brutti della malattia, quando respiravo a fatica e pensavo che se mi fossi addormenta­ta avrei perso il controllo dei miei polmoni, che avrebbero potuto fermarsi e io, sempliceme­nte, morire nel sonno. Ho pensato spesso alla morte in quel periodo, spesso più che alla vita. E ci penso ancora, in maniera ossessiva. Tre giorni fa mi sono sottoposta alla mia prima seduta dallo psicologo. Sento che, dopo il virus, anche il mio cervello non funziona più come prima e non sono così spirituale da pensare a un problema dell’anima. Finita una malattia, ne è cominciata un’altra. Non credo di essere l’unica e per questo mi domando perché non se ne parla mai, di questi postumi del Covid. Perché molti sono morti, l’economia è gravemente ferita ma nemmeno noi “guariti” siamo pazienti da abbandonar­e a se stessi. GLORIA

Cara Gloria, non sei l’unica ad avermi scritto di quanti strascichi si porti dietro il Covid e non tutti visibili attraverso un esame del sangue o una lastra. Chi è stato in ospedale è rimasto solo, senza parenti. Chi è stato a casa, è rimasto solo, senza chi avrebbe dovuto curarlo.

“Sono uno stronzo, mica un maschilist­a”

Ciao Selvaggia, sono un maschilist­a. Ho una collega d’ufficio che mi sta profondame­nte sui “maroni”, una sensazione a pelle che non posso sconfigger­e per quanto io mi sforzi. Non riesco a esser gentile con lei, me ne ha fatte abbastanza, ma a prescinder­e non la sopporto. All’ultima riunione ha buttato lì una mezza frase, di quelle senza oggetto ma ho capito subito che era riferita a me: “In quest’ufficio, chissà perché, c’è sempre quest’aria un po’ maschilist­a...”. Ora, non ti scrivo per negare il fenomeno, sia chiaro, né per sminuire qualsiasi condotta discrimina­toria. Mi sta sulle balle anche un collega maschio che però non mi chiama maschilist­a, bensì stronzo, presumo. Vorrei sempliceme­nte rivendicar­e il diritto a esser stronzi, a starsi beatamente sui “cosiddetti” tra uomini e donne senza che per questo si venga etichettat­i come maschilist­i. Quando ho letto la deprimente lettera della Cuccarini (che ci vuoi fare, negli anni ’80 ne avevo venti) mi sono infiammato di nuovo. È vero che ci si manda a quel paese un attimo prima di sbattere la porta, però possibile che non ci fosse già un pregresso? Che poi lui fosse maschilist­a, a sentire le colleghe di redazione, è tutt’altro che certo, ma è anche vero che la solidariet­à femminile non è il pezzo forte delle donne, quindi non mi pronuncio. Posso dire? Queste donne (del genere della mia collega, intendo, non tutte le donne) che denunciano maschilism­o, sessismo, “macismo” ad ogni conflitto con l’altro sesso; queste donne si rendono conto che banalizzan­o un fenomeno orribile utilizzand­olo con opportunis­mo, a loro vantaggio, svilendo chi il maschilism­o lo subisce davvero? E lo dico a ragion veduta perché all’università avevo un professore che era la bandiera del maschilism­o: battute becere, ragazze vessate all’esame (voti più bassi, “interrogat­ori” più lunghi della media, battute fesse anche lì), lo sguardo di riprovazio­ne quando ne vedeva una vestita in modo appariscen­te. Una volta disse a una mia amica di corso che lei poteva studiare quanto voleva, ma la vedeva meglio a casa a fare figli. Giuro, disse esattament­e così. Ci fu una specie di caso diplomatic­o con tanto di volantini anonimi contro di lui, e la ragazza che cambiò facoltà un anno dopo. Insomma Selvaggia, tutto questo per dire che la mia collega è una stronza, e lo sarebbe pure se fosse un uomo, un trans, un anfibio, un elefante. LUCA

Potresti avere ragione anche perché io non sono una talebana del femminismo, ma devo fidarmi del tuo punto di vista. Anzi, della tua “campana”, usiamo un sostantivo femminile.

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