BIELORUSSIA, SASHA ARRESTA TUTTI
La guerra si fa con gli stivali ai piedi, ma le rivoluzioni cominciano con le ciabatte in mano. Quelle che hanno sventolato i bielorussi durante le proteste di piazza contro “l’ultimo dittatore d’europa”, Aleksandr Lukashenko, caudillo slavo al potere dal ’94, candidato per la 6ª volta, a 65 anni, alle elezioni presidenziali che si terranno il 9 agosto prossimo. Quando le pantofole dei suoi cittadini si sono levate verso le nuvole sopra Minsk, manganelli, blindati e polizia sono giunti veloci per arrestare e trascinare in cella centinaia di civili e giornalisti, anche se erano in diretta. Non solo nella Capitale: è accaduto a Bobruisk, Vitebsk, Brest, Mogilev. Appelli di liberazione lanciati da Reporter senza frontiere, Associazione dei giornalisti bielorussi (Baj), dell’ong Viasna e Unione europea, si sono susseguiti invano.
PER LA RABBIA della popolazione, a lungo incubata e ora raggrumata in canali collettivi di lotta, Minsk è nervosa e Lukashenko di più: “Ci sono burattinai che inventano notizie sporche su di me in Polonia e Russia, usano tecnologie moderne per interferire alle presidenziali, organizzare rivolte nel giorno delle elezioni”. Dopo le accuse rivolte perfino alla tradizionale sorella Mosca, Dimitry Peskov, portavoce di Putin, ha ribadito che la Russia “non interferisce nei processi elettorali, specie in quegli degli alleati”. Tutti gli uomini che minacciano l’onnipotenza dell’autocrate sono veloci alfieri digitali. L’oppositore Viktor Babariko, per 20 anni a capo della Belgazprombank, di proprietà della Gazprombank russa, è stato arrestato con l'accusa di furto e frode dopo essersi candidato. Lukashenko in persona si è pronunciato per condannarlo, dicendo di aver sventato “un piano su larga scala per destabilizzare il Paese, che avrebbe condotto la Bielorussia verso una Maidan”, la rivoluzione ucraina che nel 2014 portò alla fuga dell'allora presidente Yanukovich.
“Non importa chi vincerà il 9 agosto, al prossimo Capodanno avremo una nuova Costituzione”. Prima di finire in prigione, il banchiere Babariko ha caricato un video su Youtube proponendo un referendum per tornare alla Costituzione del ’94, dove c’era un termine di 2 mandati per ogni Presidente, riforma che la Russia introdurrà con il suo prossimo referendum. Il 18 giugno su Telegram Ihar Losik, un blogger la cui casa è stata poi perquisita dalla polizia, ha dato notizia dell’arresto di Babariko e una catena umana di solidarietà s’è dispiegata per un paio di chilometri nella strada centrale di Minsk, per chiederne la liberazione.
Sempre più muscolare per conservare il suo potere, il “padre della patria” i suoi avversari li ha arrestati tutti prima delle roventi presidenziali dicendo: “Non si fa così, mi chiamano scarafaggio con i baffi”. A definirlo un insetto è stato il popolare blogger Syarhey Tsikhanouski, arrestato il 29 maggio scorso perché “organizzatore di evento di massa non autorizzato e per disordine pubblico”. In manette, l’agitatore digitale ha deciso di far candidare sua moglie Svetlana Tsikhanouskaya al posto suo. Stessa sorte di Tsikhanouski per l’a m ic o Mikola Statkevitch, leader d’opposizione alle presidenziali 2010, anno delle ultime grandi proteste nella Capitale.
IL POTERE non sopporta le barzellette, Lukashenko le derisioni. Il diminutivo del nome del presidente, Aleksandr, e la percentuale reale che otterrebbe alle elezioni se non ci fossero repressioni, sono diventati lo slogan Sasha 3%, scandito dalle urla dei manifestanti, scritto su magliette e graffiti in città dai più giovani. Lukashenko, dopo aver detto che il Covid-19 era “solo una psicosi”, a quei muri e t-shirt ha sentito la necessità di rispondere, finendo per essere ribattezzato Psycho 3%. “Io sogno un Paese dove le persone posseggano la loro proprietà e possano esprimere la loro opinione liberamente”. È cominciata con un post sui social media la provocazione dell’ultimo sfidante, Valery Tsepkalo, exapparatchik , ovvero membro del sistema, diplomatico diventato imprenditore digitale dell’hi Tech Park, un pezzo di Minsk che sogna di diventare la Silicon Valley bielorussa.
Tra qualche settimana apriranno le urne, sempre meno vuote sono le piazze e sempre più piene sono le celle di Minsk. A Lukashenko rimane un solo rivale ancora in libertà: un’affamata, arrabbiata nazione che governa da 26 anni a colpi di calci, contraddizioni e spensierata ferocia. Rimanendo su un filo sempre più sottile e teso tra Est e Ovest, Lukashenko questa volta rischia di perdere l’equilibrio. Se cadrà nel vuoto, sotto ci sarà quel Paese che dice di amare ad attenderlo.
In Russia e in Polonia inventano notizie sporche su di me per interferire nelle elezioni
A. Lukashenko
L’oppositore Viktor Babariko aveva proposto il limite dei due mandati presidenziali prima di finire in cella