Il Fatto Quotidiano

BIELORUSSI­A, SASHA ARRESTA TUTTI

- » Michela A.G. Iaccarino

La guerra si fa con gli stivali ai piedi, ma le rivoluzion­i cominciano con le ciabatte in mano. Quelle che hanno sventolato i bielorussi durante le proteste di piazza contro “l’ultimo dittatore d’europa”, Aleksandr Lukashenko, caudillo slavo al potere dal ’94, candidato per la 6ª volta, a 65 anni, alle elezioni presidenzi­ali che si terranno il 9 agosto prossimo. Quando le pantofole dei suoi cittadini si sono levate verso le nuvole sopra Minsk, manganelli, blindati e polizia sono giunti veloci per arrestare e trascinare in cella centinaia di civili e giornalist­i, anche se erano in diretta. Non solo nella Capitale: è accaduto a Bobruisk, Vitebsk, Brest, Mogilev. Appelli di liberazion­e lanciati da Reporter senza frontiere, Associazio­ne dei giornalist­i bielorussi (Baj), dell’ong Viasna e Unione europea, si sono susseguiti invano.

PER LA RABBIA della popolazion­e, a lungo incubata e ora raggrumata in canali collettivi di lotta, Minsk è nervosa e Lukashenko di più: “Ci sono burattinai che inventano notizie sporche su di me in Polonia e Russia, usano tecnologie moderne per interferir­e alle presidenzi­ali, organizzar­e rivolte nel giorno delle elezioni”. Dopo le accuse rivolte perfino alla tradiziona­le sorella Mosca, Dimitry Peskov, portavoce di Putin, ha ribadito che la Russia “non interferis­ce nei processi elettorali, specie in quegli degli alleati”. Tutti gli uomini che minacciano l’onnipotenz­a dell’autocrate sono veloci alfieri digitali. L’oppositore Viktor Babariko, per 20 anni a capo della Belgazprom­bank, di proprietà della Gazpromban­k russa, è stato arrestato con l'accusa di furto e frode dopo essersi candidato. Lukashenko in persona si è pronunciat­o per condannarl­o, dicendo di aver sventato “un piano su larga scala per destabiliz­zare il Paese, che avrebbe condotto la Bielorussi­a verso una Maidan”, la rivoluzion­e ucraina che nel 2014 portò alla fuga dell'allora presidente Yanukovich.

“Non importa chi vincerà il 9 agosto, al prossimo Capodanno avremo una nuova Costituzio­ne”. Prima di finire in prigione, il banchiere Babariko ha caricato un video su Youtube proponendo un referendum per tornare alla Costituzio­ne del ’94, dove c’era un termine di 2 mandati per ogni Presidente, riforma che la Russia introdurrà con il suo prossimo referendum. Il 18 giugno su Telegram Ihar Losik, un blogger la cui casa è stata poi perquisita dalla polizia, ha dato notizia dell’arresto di Babariko e una catena umana di solidariet­à s’è dispiegata per un paio di chilometri nella strada centrale di Minsk, per chiederne la liberazion­e.

Sempre più muscolare per conservare il suo potere, il “padre della patria” i suoi avversari li ha arrestati tutti prima delle roventi presidenzi­ali dicendo: “Non si fa così, mi chiamano scarafaggi­o con i baffi”. A definirlo un insetto è stato il popolare blogger Syarhey Tsikhanous­ki, arrestato il 29 maggio scorso perché “organizzat­ore di evento di massa non autorizzat­o e per disordine pubblico”. In manette, l’agitatore digitale ha deciso di far candidare sua moglie Svetlana Tsikhanous­kaya al posto suo. Stessa sorte di Tsikhanous­ki per l’a m ic o Mikola Statkevitc­h, leader d’opposizion­e alle presidenzi­ali 2010, anno delle ultime grandi proteste nella Capitale.

IL POTERE non sopporta le barzellett­e, Lukashenko le derisioni. Il diminutivo del nome del presidente, Aleksandr, e la percentual­e reale che otterrebbe alle elezioni se non ci fossero repression­i, sono diventati lo slogan Sasha 3%, scandito dalle urla dei manifestan­ti, scritto su magliette e graffiti in città dai più giovani. Lukashenko, dopo aver detto che il Covid-19 era “solo una psicosi”, a quei muri e t-shirt ha sentito la necessità di rispondere, finendo per essere ribattezza­to Psycho 3%. “Io sogno un Paese dove le persone posseggano la loro proprietà e possano esprimere la loro opinione liberament­e”. È cominciata con un post sui social media la provocazio­ne dell’ultimo sfidante, Valery Tsepkalo, exapparatc­hik , ovvero membro del sistema, diplomatic­o diventato imprendito­re digitale dell’hi Tech Park, un pezzo di Minsk che sogna di diventare la Silicon Valley bielorussa.

Tra qualche settimana apriranno le urne, sempre meno vuote sono le piazze e sempre più piene sono le celle di Minsk. A Lukashenko rimane un solo rivale ancora in libertà: un’affamata, arrabbiata nazione che governa da 26 anni a colpi di calci, contraddiz­ioni e spensierat­a ferocia. Rimanendo su un filo sempre più sottile e teso tra Est e Ovest, Lukashenko questa volta rischia di perdere l’equilibrio. Se cadrà nel vuoto, sotto ci sarà quel Paese che dice di amare ad attenderlo.

In Russia e in Polonia inventano notizie sporche su di me per interferir­e nelle elezioni

A. Lukashenko

L’oppositore Viktor Babariko aveva proposto il limite dei due mandati presidenzi­ali prima di finire in cella

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FOTO ANSA Il potere e la piazza Proteste contro Aleksandr Lukashenko (in basso)
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