Il Fatto Quotidiano

Ritorno in libreria Com’è triste il potere a Milano: Stajano aveva anticipato tutto

- FURIO COLOMBO

Corrado Stajano ha ripubblica­to un libro-diario su Milano scritto dieci anni fa, La Città degli untori, edito dal Saggiatore. Sul momento, immergendo­vi nella lettura, non ci pensate. Fino a quando vi risveglia dall’ansia e dalla tensione di quella lettura, una nota che l’autore ha posto alla fine del volume, come un “bugiardino” in una confezione farmaceuti­ca... Vi avverte che abbiamo attraversa­to una Milano fantasma, raccontata con angoscioso realismo secondo una storia che non è quella delle vere sequenze temporali, ma è un misterioso museo delle cere in cui si muore di peste e di fascismo, si fa resistenza nei tribunali e in montagna, si intravedon­o figure misteriose, chi porta esplosivo e chi porta armi o l’auto per la fuga, compaiono prelati che credono, ma non Dio, una procession­e di pensieri scomposti dalla febbre di vicende impossibil­i (banche che esplodono, anarchici che volano, ballerini portati in prigioni lontane, mentre gli assassini sono altrove e hanno da fare, anche in affari di Stato). C’è un peso legato a questi eventi, che distorce la scena e ne accresce l’angoscia: è il riferiment­o e le citazioni accurate alla manzoniana “colonna infame”, incluse le direttive per le modalità di punizione dei colpevoli, detti “gli untori”, lungo il percorso del patibolo. Quella colonna non smette di essere infame e di spingere chi la rivede a pensare unamilano pericolosa e infida, dove è sempre in agguato un peggio proporzion­ato alla grandezza, alla forza, alla ricchezza. Il racconto cauto e severo di Stajano sulla sua città è scritto da qualcuno che non vuole dimenticar­e e non vuole far dimenticar­e, e indica in modo risoluto e con un vero e proprio progetto morale, ciò è accaduto davvero fra noi e con noi, presenti, testimoni, e non sempre indignati, non sempre coscienti di ciò che stava accadendo. Eppure gli autori (anche se da troppo tempo sembrano omessi o dimenticat­i) sono elencati tutti, con quel che resta delle prove. È come se Stajano, rovesciand­o il linguaggio di Berlusconi, dicesse: uccidere il giudice Galli, fatto; aprire la stagione delle stragi con falso colpevole da buttare in scena, fatto; far volare dalla finestra Pinelli, presunto associato anarchico dei presunti anarchici colpevoli, fatto; inizio di lunga stagione di sangue con personaggi oscuri alle spalle (P2) ed esecutori protetti, fatto. Mentre il libro esce, i giornali ci danno la storia del suo assassino, Sergio Segio, libero e ospite gradito delle lezioni di terrorismo, e della lettera appassiona­ta e dolente della figlia Alessandra, che si sente umiliata e offesa dal festival dei clamorosi delitti con e senza autori, che è ormai diventati argomento di talk show. Ancora una volta Berlusconi direbbe: fatto. E il libro di Stajano va tenuto bene in vista, pronto alla consultazi­one e alla citazione, proprio perchè è parte storia e parte profezia, parte rivisitazi­one di orrori che potevano sembrarci antichi, parte di annuncio della stagione mai finita delle stragi. Compresi i migranti che muoiono in mare, proprio adesso. È un libro confermato dal tempo, e anticipato­re del tempo.

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