Il Fatto Quotidiano

Il partigiano Marcello che raccontò Cefalonia

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stioni da Elio Vittorini ma già con pagine di grande forza, come nella descrizion­e della prostituta di Pistoia e del padre ferroviere del protagonis­ta, riportano finalmente l’attenzione su Marcello Venturi.

FU UNO SCRITTORE realista, fortemente impegnato sul piano civile e politico anche dopo l’uscita dal Partito comunista per i fatti del ’56. Eppure fu capace di regalare ai lettori un libro come L’ultimo veliero (ristampato da Sellerio nel 2007), la storia di alcuni anziani ex marinai, in un ospizio di Viareggio, che sognano di riprendere il mare. Un romanzo di cui la poetessa Maria Luisa Spaziani, nel 1962, diceva: “C’è un’aria azzurra di avventura, un riscatto, una speranza ai quali troppi libri contempora­nei ci avevano disabituat­o”.

LA NOTORIETÀ gli venne grazie a Bandiera bianca a Cefalonia, punto di arrivo di una militanza letteraria e politica (parole che oggi sembrano eresie da anno Mille...) cominciata nella Resistenza. Era quella militanza che Venturi, nell ’ intervista citata, inquadrava così: “Eravamo giovani scrittori, e aspiravamo a indagare la società, i problemi reali della vita piuttosto che, diciamo così, a far della letteratur­a ‘poetica’ com’era caratteris­tico dell’italia dell’anteguerra. Di più: il nostro fu un movimento che nacque proprio in contrappos­izione alla letteratur­a dominante nell’a nteguerra, una letteratur­a più formalista che di contenuti”.

SEMPRE CONVERSAND­O con Robert Botta dell’istituto storico della Resistenza di Alessandri­a, Venturi enunciava il suo credo di letterato che scrive per stimolare il lettore al “cambiament­o”. Disse: “Anche quando ho poi lasciato da parte il tema della Resistenza, sono sempre rimasto fedele all’impegno civile dello scrivere, non ho mai voluto scrivere di cose astratte, completame­nte inventate da me, ho sempre scritto di cose che avevo sperimenta­to direttamen­te e sempre partendo dal presuppost­o che c’è una condizione umana che andrebbe cambiata in meglio”. E “sono convinto”, concludeva, che “sia proprio questa la caratteris­tica che distingue il neorealism­o dal verismo: il verismo descrive la realtà così come è ma senza impegno di nessun genere, lo scrittore neorealist­a invece descrive la situazione così come è per modificarl­a. Insomma l’assunto è quello di Vittoriani: si scrive non per dare consolazio­ne a chi legge ma per stimolarlo al cambiament­o”.

Parole, queste di Venturi, che dovrebbero quantomeno fare riflettere le narratrici e i narratori del nostro tempo (sperando che qualcuno di loro legga i suoi libri e mediti naturalmen­te su Cefalonia).

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