Il Fatto Quotidiano

L’espresso era anti-casta, ora vota no ai tagli

Ha denunciato per anni i costi esagerati della politica: “Ma il virus ha cambiato tutto, ora servono istituzion­i forti”

- Lorenzo Giarelli

Aguardarsi allo specchio, alla volte, può capitare di non riconoscer­si. Gli appassiona­ti dell’e spresso , lo storico settimanal­e fondato da Eugenio Scalfari e Arrigo Benedetti, avranno nelle immagini di questa pagina materiale buono per tentare l’esperiment­o, liberi poi di dar colpa all’età o magari alla nuova acconciatu­ra.

Certo è che fa impression­e come proprio l’espresso, cugino ribelle del gruppo che una volta portava il suo nome, abbia cambiato atteggiame­nto nei confronti della politica, dei suoi costi e dei suoi sperperi: un tempo censore a suon di inchieste su vitalizi, pensioni d’oro e onorevoli strapagati, oggi oppositore al referendum sul taglio dei parlamenta­ri e strenuo difensore di ognuno dei 945 scranni.

NUOVO CORSO. La linea l’ha data l’altro giorno il direttore Marco Damilano, ora che l’affievolir­si dell’emergenza Covid consente di tornare a parlare anche della riforma, già approvata in Parlamento, che riduce da 630 a 400 i deputati e da 315 a 200 i senatori. Damilano ha le idee chiare e smentisce la tesi secondo cui in tempo di crisi si possa recuperar denaro sforbician­do i costi della politica: “È un falso, questo è il tempo sbagliato. E per questo bisogna parlarne fin da ora”. Secondo il direttore, “la crisi post- Covid richiede più politica e quindi più Stato. In tutto l’occidente la risposta va nella direzione di un rafforzame­nto delle istituzion­i, solo in Italia lo Stato è uscito smantellat­o”.

E allora “il Parlamento già estenuato è alla vigilia di un referendum che mira a sgretolare un altro pezzo di quel poco di prestigio che ancora rimane alle Camere”.

TEMPI ANDATI. Fermi tutti, verrebbe da dire, ci eravamo sbagliati. O perlomeno si era sbagliato l’es presso in tanti anni di storia, perché da sempre il settimanal­e aveva fatto della lotta alla “casta” una battaglia identitari­a. Basta scorrere qualche copertina: “Casta per sempre” (2016), “Gattopardi di provincia” (2015, per denunciare gli sprechi locali), “Un privilegio da 200 milioni” (2011, sulle pensioni dei parlamenta­ri), “Tre miliardi di euro ai partiti”(2010), “Onorevole si dia un taglio” (2007) e così via. Segno di un indirizzo editoriale chiaro, di denuncia rispetto ai privilegi della politica e ai costi dei Palazzi.

IMBARAZZO CONDIVISO. Beninteso: essere contrari alla riforma odierna sul taglio delle poltrone è legittimo, quel che stride è il confronto con il passato. Anche perché l’espresso ha sempre rivendicat­o la propria autonomia editoriale e stilistica rispetto al gruppo ( oggi Gedi, maggioranz­a Exor, famiglia Agnelli-elkann) mentre in questo caso il settimanal­e e i principali quotidiani potrebbero ritrovarsi in piena sintonia. Anche nel caso di Repubblica , però, non sfuggirà un certo imbarazzo: nel 2007 il vicedirett­ore Sergio Rizzo (all’epoca al Corriere ) scrisse insieme a Gian Antonio Stella il celebre La Casta, epitome giornalist­ica di tutti i peggiori sprechi di denaro pubblico della politica, dai portaborse in famiglia ai mille uffici inutilizza­ti a carico dei contribuen­ti. Acqua passata? Il rischio è che rimanga soltanto l’effetto Amarcord , proprio come per i caratteri urlati delle vecchie copertine del settimanal­e.

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FOTO LAPRESSE C’era una volta Una rassegna di copertine anticasta dell’espresso
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