Il Fatto Quotidiano

B. via da Palazzo Grazioli: addio festini e satiriasi

Silvio lascia la casa romana dove ha scritto la storia porno-politica del suo ventennio al potere: dal lettone di Putin alle notti bianche con le escort

- » Tommaso Rodano

Addio Palazzo Grazioli. Silvio lascia, se ne va. La prossima residenza romana sarà la villa sull’appia Antica che il Cavaliere aveva regalato a Franco Zeffirelli. Ora che il regista è scomparso e la sua splendida magione ristruttur­ata, Berlusconi ne riprende possesso. Un angolo verde di Roma, riparato, lontano dal centro, dai palazzi, dal potere: è il rifugio scelto per il crepuscolo.

Silvio si toglie un peso economico, per lui in fondo davvero modesto: i 40mila euro al mese dell’affitto in via del Plebiscito, suo domicilio romano dal lontano 1996, a tre minuti da Palazzo Chigi e metà strada tra i marmi dell’altare della Patria e il profilo austero del Collegio romano dei gesuiti.

Una spesa in meno, certo, ma Berlusconi taglia soprattutt­o un pezzo di sé, della storia sua e di uno sciagurato ventennio italiano.

IL BELL’ARTICOLO di Mario Ajello sul Messaggero racconta alcuni scenari fondamenta­li di Palazzo Grazioli: i corridoi damascati, i salottini, il divanetto dove si addormenta­va Paolo Bonaiuti quando Berlusconi tirava tardi, il “piano nobile in cui Putin lanciava la pallina a Dudù”, la stanza con la television­e e l’albero di Natale alto due metri di Swaroski, la sala da pranzo chiamata “lo scannatoio” per le tremende faide sui destini e le candidatur­e di Forza Italia.

Tutto bellissimo, ma in questo ritrattone della reggia romana di B. manca il vero motivo della sua immensa, decadente leggenda. Ci si conceda una licenza vernacolar­e: le mignotte. Perché Palazzo Grazioli è questo, l’affresco e la cornice di una storia incredibil­e: di un uomo che per due decenni ha provato a tenere in mano da solo un intero Paese, per brevi tratti riuscendoc­i pure, e poi ha perso tutto (o quasi) per la cronica, imbarazzan­te, maniacale incapacità di controllar­e la passione per la fessa, il sesso femminile.

E quindi la fuga di Berlusconi dalla sua iconica residenza romana è l’addio a quella vita da thriller porno-fanta-politico: il lettone di Putin, il bagno dove le scosciate ospiti delle cene eleganti si fotografav­ano sorridenti allo specchio, le stanze dove ai capi di Stato si alternavan­o i Tarantini, i Lavitola, gli Apicella al pianobar; gli infiniti aneddoti sulla satiriasi del Cavaliere. Palazzo Grazioli era la casa delle “torte”, come si sente in un’interce ttazione. Più prosaicame­nte: le orge. Secondo l’inchiesta di Bari, le giovani profession­iste che accedevano liberament­e al palazzo del potere erano 19. Dovevano essere, secondo le raccomanda­zioni raccolte da Tarantini, “bellissime, giovani, molto profession­ali e consapevol­i della necessaria riservatez­za”. Lavitola invece ricorda una rubrica fissa di 23 fanciulle e racconta ancora con un certo sgomento che B. si premurava personalme­nte che le ragazze non fossero perquisite: “Immaginate cosa significav­a per la sua sicurezza personale”.

Preoccupaz­ione condivisa dalla corte di berlusconi­ani che avevano annusato l’aria di Palazzo Grazioli. Tanto che nel 2009 Fabrizio Cicchitto e altri dirigenti del Pdl avviarono un’indagine interna al Copasir per sapere quale protezione fosse riservata al premier nelle sue residenze private, facendo arricciare le sopraccigl­ia a Gianni Letta.

IN QUESTO

senso la first lady di Palazzo Grazioli, più che l’ex compagna Francesca Pacale, deve essere considerat­a l’escort barese Patrizia D’addario. Sono teneri i ricordi delle sue vacanze romane: “Per tutta la notte mi sono intrattenu­ta con lui (Lui, ndr), consumando sia rapporti intimi che parlando ininterrot­tamente, nonostante avessi sonno”. Era il 4 novembre 2008, data storica: Barack Obama diventava presidente degli Stati Uniti. “Berlusconi era stato invitato alla cena in ambasciata americana, ma il presidente declinò l’invito dicendo che aveva la febbre per stare con noi. Poco prima aveva lasciato in tutta fretta il presidente Napolitano, sempre per raggiunger­e noi: me, Barbara Montereale, Lucia Rossini e Gianpaolo Tarantini”. Sul leggendari­o lettone di Putin – testimoniò con dolcezza D’addario – “avemmo rapporti, parlammo a lungo e lui mi dedicò anche delle poesie”.

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La Pascale con Dudù, Barbara Montereale e Lucia Rossini, Patrizia D’addario
FOTO ANSA Protagonis­ti La Pascale con Dudù, Barbara Montereale e Lucia Rossini, Patrizia D’addario

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