Vizi, tic e furbate degli aspiranti scrittori (troppi)
Errori e scarse letture dei “frustrati” che affollano i corsi creativi letterari
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È la svolta LGBT
La scrittura non si insegna di Vanni Santoni, edito da minimum fax, è un pamphlet “di incomparabile bellezza”. Ecco no, incipit da rifare. C’è un intero capitolo dedicato ai cliché e “di incomparabile bellezza” è tanto brutto da dover essere cestinato. Come altre espressioni abusatissime quali “si sentì gelare il sangue” o “era teso come una corda di violino” (non sarà che pure il nostro “espressioni abusatissime” sia in effetti espressione abusatissima?).
SEMPRE ATTINGENDO dal la piccola antologia di formulette stracotte che dire di “acre odore”, “attesa snervante”, “come un fiume in piena”, “biancore spettrale”, “con la morte nel cuore”, “silenzio irreale”? Sintomi di cattiva scrittura da barrare con la penna rossa. Se poi mettiamo in circolo il “grigio regno del generico”(in un romanzo che si rispetti non esistono semplicemente un hotel o una nave, ma dettagli unici propri di quell’ hotel o di quella nave), allora toccherebbe riporre la vocazione letteraria.
Santoni – già editor della collana di narrativa Tunué – di “legioni di aspiranti frustrati” ne ha incontrati tanti nei suoi corsi di scrittura creativa. Il suo non è un prontuario di trucchi del mestiere perché per il 42enne scrittore toscano può essere insegnata solo “la mentalità dello scrittore”. In altri termini: “Non si può insegnare a scrivere, ma forse si può insegnare a pensare come uno scrittore”.
Leggere fino a perdere la vista e scrivere tutti i giorni sono i due consigli fondamentali. Tutto pacifico? Neanche un po’. Una percentuale molto alta di chi vuole scrivere, spiega
Santoni, non ha letto e non legge abbastanza.
A illustrare una lista o più liste di romanzi imprescindibili ecco che i corsisti annaspano, quasi increduli che anche per loro, al pari degli gli atleti, esista una “dieta ”. E pure di quelle toste, a ba sedi corpi contundenti come L’ arcobaleno della gravità di Pynchon, Under world di Delillo,
2666 di Bolano, Infinite Jest di Foster Wallace che valgono, a mo’ dei neonati battuti per allargare i polmoni, come i primi schiaffi sul culo dell’aspirante scrittore.
DEL RESTO, si domanda retoricamente Santoni, “se uno non ha letto almeno questa roba cosa gli salta mai in mente di voler scrivere un romanzo?”. Provare per credere, scommette l’autore di I
fratelli Michelangelo. A leggere per davvero e integralmente i titoli da lui citati (ricordarsi che la letteratura richiede tempo e fatica) la prospettiva di licenziare un romanzo buono si fa concreta. Se è vero che “l’ispirazione è per i dilettanti”, altra regola aurea è la disciplina. Per disciplina si intende scrivere tutti i giorni, con regolarità. Magari seguire l’esempio di Hemingway “che ogni giorno andava a letto, oltre che sbronzo, senza aver scritto tutto ciò che gli sarebbe venuto da scrivere, ma fermandosi un po’ prima per avere già un po’ di roba in testa per cominciare di slancio il giorno dopo”.
In fase di revisione seguire l’esempio di Flaubert: rileggersi ad alta voce.
“Se c’è un refuso alla prima pagina, scarto il manoscritto” gli disse un suo amico editor e sulle prime Santoni lo considerò uno stronzo, salvo poi dargli ragione perché effettivamente rintracciare dei refusi significa che l’autore non ha letto e riletto con la dovuta attenzione il suo testo. Un orecchio va tirato allo stesso Santoni che attribuisce Horcynus
Orca a un certo Antonio D’arrigo. Ops, a pag. 38 refuso in fabula. Naturalmente è Stefano D’arrigo.
UN TABÙ DA ABBATTERE è l’ansia della pubblicazione, che per tanti sembra il punto di arrivo e che al contrario “segna l’inizio della vita di un libro”. A qualsiasi aspirante sarà capitato, reduce da una ricognizione in libreria, di domandarsi: “Perché tizio e caio sì e io no?”.
Ma Santoni è implacabile quando invita l’aspirante autore a non confrontarsi con i peggiori del catalogo, ma a rispondere alla temibile domanda: “Ti ritieni davvero migliore di Pynchon o Roth? Oates o Vollmann? Oz o Knausgard? No? Allora temo che tu non stia subendo nessuna ingiustizia”.
Formule stracotte: ‘Acre odore, morte nel cuore...’