Il Fatto Quotidiano

Maroni, Mogherini e gli altri: la second life degli ex politici

- Lorenzo Giarelli

L’ultimo a indicare la via è stato Roberto Maroni, ex presidente della Lombardia che nel 2018 rinunciò a ricandidar­si e che ora trova fortuna in consigli d’amministra­zione, banche, studi legali.

L’ultimo a indicare la via è stato Roberto Mar on i , ex presidente della Regione Lombardia, leghista per una vita, che nel 2018 rinunciò a ricandidar­si a governator­e – era l’epoca in cui a destra ci si sfregava le mani in vista delle elezioni politiche – e che adesso trova fortuna in consigli d’amministra­zione, banche, studi legali. È notizia recente il suo arrivo nel cda del Gruppo San Donato, uno dei maggiori gruppi della sanità privata italiana, dopo essere già entrato nel board dello studio di avvocati Gatti Pavesi Bianchi ed esser diventato senior advisor in Mediobanca, oltreché presidente del consiglio d’amministra­zione di SGB Humagnest Holding, specializz­ato in consulenza alle imprese. Niente male, ma la seconda vita – quella fuori dalle istituzion­i – è spesso lastricata di sorrisi per parecchi ex parlamenta­ri ed ex ministri, magari usciti dal giro e in attesa di tempi migliori per riproporsi in politica.

Per informazio­ni chiedere ad alcuni reduci del governo gialloverd­e o a qualche ex volto noto dell’ultima legislatur­a. Federica Mogherini, per esempio, ha concluso l’anno scorso il mandato da Alto Rappresent­ante per gli Affari esteri dell’unione europea (ci perdoni se banalizzia­mo: una sorta di ministero degli Esteri della Ue) ma non ha corso il rischio di annoiarsi: a maggio di quest’anno è stata scelta per diventare Rettore del College of Europe, incarico che diventerà effettivo da settembre. Non si tratta di un istituto qualunque, perché il College – che ha sede a Bruges e a Varsavia – è finanziato direttamen­te dall’unione e, oltre a offrire master in Studi europei, è un granaio di futuri leader e funzionari. Peraltro, la scelta ha provocato parecchi malumori, dato che il consiglio amministra­tivo guidato dall’ex presidente del Consiglio europeo, Herman van Rompuy, ha accolto l’indicazion­e del suo nome dopo aver scartato illustri pretendent­i che avevano partecipat­o al bando, tanto che alcuni professori del College si sono lamentati del presunto favoritism­o (“Inizierà il suo mandato con una nuvola sopra la testa”, ha scritto Jon Wort).

Erede dell’epopea renziana è anche Ernesto Carbone, ex deputato che salutò con un “Ciaone” su Twitter il mancato raggiungim­ento del quorum al referendum sulle trivelle. Era il 2016 e il Giglio magico sembrava dover durare vent’ anni. Oggi, dopo aver fallito la rielezione in Parlamento nel 2018, Carbone ha dovuto attendere l’ultimo giro di nomine pubbliche per avere soddisfazi­one, finendo nel consiglio d’amministra­zione di Terna, una società di Cassa Depositi e Prestiti che gestisce la rete elettrica nazionale.

Più bucolica la destinazio­ne di Enzo Moavero Milanesi, ministro degli Esteri dell’era Salvini-di Maio, la cui esperienza politica è – al momento – tramontata con la surreale estate del Papeete. Se non altro, Moavero avrà di che occuparsi: a gennaio è diventato presidente di Filiera Italia, un insieme di aziende e associazio­ni del settore agroalimen­tare che promuove il Made in Italy e le coltivazio­ni sostenibil­i.

Era ministro gialloverd­e anche Alberto Bonisoli, ex titolare della Cultura (prima e dopo di lui, Dario Franceschi­ni). Chiuse le porte del governo, è però sempre dalla politica che Bonisoli ha trovato una missione, perché alla fine del 2019 la ministra della Pubblica amministra­zione Fabiana Dadone (anche lei M5S) lo ha indicato come presidente di Formez PA, una associazio­ne che si definisce “centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernam­ento delle pubbliche amministra­zioni”. Auguri.

È invece tornato a Milano il suo ex collegamar­co Bussetti, all’epoca voluto dalla Lega come ministro dell’istruzione: dal settembre scorso è presidente dell’ufficio Scolastico del territorio, quel che è più noto come Provvedito­rato. Ritorno al passato che ha in comune con Cé

cile Kyenge, ministra dell’integrazio­ne ai tempi del governo Letta ed eurodeputa­ta fino al maggio del 2019. Lo scorso anno, fallita lo ricandidat­ura, si è rimessa il camice (è medico chirurgo specializz­ata in oculistica) tornando a Padova per far parte delle Unità speciali di assistenza create per il Covid-19.

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Maroni, Mogherini, Ernesto Carbone e Moavero Milanesi
FOTO ANSA/LAPRESSE Dalla Sanità all’alimentare Maroni, Mogherini, Ernesto Carbone e Moavero Milanesi
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