“Con 2020 Speedball il presente l’avevo ‘suonato’ 25 anni fa”
Nuova veste allo storico album dei Timoria: “A luglio torno live”
OMAR PEDRINI
È nato a Brescia nel 1967; nei primi anni Novanta arriva al successo con i Timoria, lui alla chitarra e Francesco Renga alla voce: “Viaggio senza vento” raggiunge il disco d'oro, e così “2020 Speedball”; nel 1998 Francesco Renga decide di lasciare il gruppo e i Timoria proseguono con altri successi come “El Topo Grand Hotel”. Pedrini ha poi continuato da solista
ITimoria sono stati tra i protagonisti di primo piano del rock italiano anni 90, con due capolavori, V iagg io senza vento ( 1993) e 2 02 0 Speedball (1995). Quest’ultimo album compie ora 25 anni e per l’occasione viene ristampato in doppio cd, con l’aggiunta di un intero album dal vivo. Rispetto ai precedenti lavori è un disco dalle sonorità più dure, vicine all’hard rock e al metal.
Ne abbiamo parlato con Omar Pedrini, chitarrista eclettico e fondatore della band bresciana, principale autore delle musiche e dei testi.
Che effetto fa tornare a parlare dei Timoria?
Un ottimo effetto, perché mi aiuta a ricordare le mie radici, che non ho mai rinnegato. Mi fa piacere sapere che un paio dei miei dischi sono rimasti nella storia della musica e che da quei due album, primi “d’oro” dell’alternative rock italiano, è nato un movimento, com’è successo col grunge a Seattle: Senza vento, primo brano hard rock lanciato dai network italiani, ha in un certo senso aperto la strada a tutti gli altri. Dopo i Litfiba i Timoria sono stati tra le band di maggiore successo in Italia. È soddisfatto di quello che è stato fatto o qualcosa non è andato come si aspettava?
Da quando Maroccolo lasciò i Litfiba, per produrre il primo disco dei Timoria, Colori che esplodono, i Litfiba presero una strada più rock pop. Il nostro stile invece era quello “alternative rock”. Però ai Litfiba dobbiamo molto, perché aprivamo i loro concerti e quindi a loro esprimo gratitudine. Sono molto soddisfatto: noi arrivammo a suonare nelle arene, dedicate alle grandi rock band, come il Palalido di Milano. Invece il nostro rammarico più grande è che il nostro manager per problemi di salute andò in Inghilterra, ci trascurò e il nostro salto europeo fu vanificato, perché con dischi come 2020 Speedball , che aveva sonorità internazionali, avremmo meritato una finestra europea. Parliamo ora di 2020 Speedball. Quali sono i temi affrontati nell’album e che differenza c’è rispetto a Viaggio senza vento?
Se Viaggio senza vento era un disco dalla matrice rock-prog, in 2020 Speedball le sonorità si sono indurite. La nostra base ritmica era formata da metallari sfegatati, che ascoltavano Metallica, Slayer, Pantera e Faith No More. Io stesso adoravo gli Helmet e altre band americane che giocavano con i ritmi e i tempi dispari. Quando scrissi 2020 Speedball, avevo tra i 26 e i 27 anni e frequentavo Scienze politiche a Milano, dove studiai un testo, State of the World , che faceva riflettere sullo stato del mondo e sulla nostra generazione (che io chiamai generazione senza vento), la prima a ereditare un pianeta peggiore di quello dei nostri padri. Mi sono chiesto come sarebbe stato il mondo quando mio figlio avrebbe avuto la mia età: lui avrebbe compiuto 27 anni nel 2020, quindi ho scelto quest ’anno, dal nome eufonico e ho iniziato a scrivere l’album. Ne è scaturita una riflessione, in un certo senso profetica, sul futuro, su una Terra invivibile, l’aria irrespirabile, l’acqua inquinata ( Europa 3), sulle macchine e i computer che dominano la nostra vita, sul sesso virtuale ( 2020). Il mio mondo è invece quello di vini, terra e anarchia di Luigi Veronelli, mio maestro anarchico. Non solo i testi, ma anche i suoni di quel disco sono attualissimi. Poi 2020 Speedballè un album autoprodotto, il disco della nostra indipendenza, autarchia e anarchia.
A cosa si deve la scelta di un titolo come 2020 SpeedBall?
Speedball è la droga del futuro, la più pericolosa, un mix di eroina e cocaina. All ’ epoca, dopo il successo di Viaggio senza vento, le droghe entrarono prepotentemente nella vita dei Timoria. Per noi lo speedball era anche una metafora, per dire che in futuro la droga l’avrebbero iniettata nella testa della gente attraverso i computer.
Quali artisti hanno ereditato lo spirito dei Timoria, l’attitudine a contaminare e sperimentare in libertà, senza barriere mentali e musicali?
L’ultimo gruppo che mi ha ricordato lo stile dei Timoria sono stati i Negramaro, però sono dei Timoria senza la follia, più “sani”. Mi piacciono molto gli artisti “indie”, come Zen Circus, Ministri, Coma Cose, Punkreas e in genere quelli che contaminano la musica con altre forme d’arte. A Brescia Music Art ho portato “cantanti letterati”, artisti con uno spirito letterario.
Progetti?
A luglio riprenderò la mia attività: c’è il secondo Omar, che ama il cinema e il teatro, il “professor rock”, come mi chiamano i miei allievi alla “Cattolica” di Milano. Mi rimetterò in moto, perché sono un “cane sciolto” (titolo anche della mia biografia), un anarchico: non ho manager o agenzie, ma ho la libertà di chiamare i miei tecnici e musicisti, per potermi muovere da solo.
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È la droga del futuro, e dopo il primo successo gli stupefacenti erano entrati nella nostra vita