Conte: “Nessun condono”. LEU e Pd per le gare
Decreto Semplificazioni Dopo il no di Costa e dei partiti salta la norma I dem e la sinistra contro la sospensione dei bandi La scontro Il premier: “Reati e illeciti restano, non è una sanatoria”. 5Stelle e renziani insistono: “Modello Genova”
La sintesi la regala sconsolato uno dei negoziatori: “Sul decreto Semplificazioni le opinioni sono, diciamo, differenti...”. Il primo vertice di maggioranza sul decreto che dovrebbe rispondere alla neonata voglia di “sb uroc rati zzare ” gli appalti non basta a far trovare la quadra ai giallorosa. E così si riducono anche le speranze di Giuseppe Conte di portarlo in Consiglio dei ministri domani. Diverse le cose, per così dire, divisive. In primis c’è il condono contenuto nel testo denunciato ieri dai Verdi e contro cui si è scagliato il ministro dell’ambiente Sergio Costa, deciso a non mollare, anche grazie a un ampio fronte bipartisan, che in serata spinge il premier a stralciare la norma. Altro nodo riguarda la sospensione di fatto delle gare in tutto il settore degli appalti pubblici almeno per un anno e senza limiti di importo, insieme ai super poteri alle stazioni appaltanti: norme dirompenti che non piacciono al Pd, ma neanche a Liberi e Uguali e che, per la verità, vede perplessi diversi parlamentari 5Stelle (lo stato maggiore è invece convintamente per la deregolamentazione). E fin qui parliamo solo dei capitoli più spinosi. Così il vertice “allargat o” a Palazzo Chigi, in corso mentre andiamo in stampa, pare destinato ad aggiornarsi.
SUL CONDONO
lo scontro inizia prima dell’assise. Già martedì sera, scoperta la norma nella bozza predisposta a Palazzo Chigi dallo staff di Conte, Costa è andato su tutte le furie e ha fatto presente al capo delegazione dei 5Stelle, Alfonso Bonafede, tutte le perplessità su un testo problematico che sarebbe stato meglio non arrivasse in Consiglio dei ministri così. Il premier lo difende, ma si trova di fronte al no dell’intera maggioranza e per questo decide di accantonare. Ma cosa diceva il testo? In sostanza prevedeva una sanatoria per gli immobili edificati abusivamente che risulteranno conformi ai piani regolatori alla data di presentazione della domanda. Insomma, se cambia il piano regolatore gli edifici abusivi non vanno più abbattuti e ci si può mettere in regola con una multa. Una norma analoga, inserita in una legge regionale siciliana del 2016, è stata bocciata nel 2017 dalla Consulta perché ritenuta “un surrettizio condono edilizio”. Il premier difende il testo, ricorda ai capidelegazione che “non fa salvi reati e illeciti amministrativi, ma evita solo che si abbattano edifici che potrebbero essere ricostruiti uguali nello stesso posto visto che ora sono considerati regolari. Così evitiamo uno spreco di tempo e comunque riguarderà solo i casi in essere alla data del decreto”. La maggioranza però è inamovibile. Pd e 5Stelle la bocciano. Loredana De Petris (LEU) la definisce “inaccettabile”. Costa si rifiuta di inviare proposte di modifica per non metterci la faccia. Il dossier, in teoria affidato alla ministra della Pa, Fabiana Dadone, alla fine viene archiviato. Curiosamente, dal testo saltano le assunzioni nella Pubblica amministrazione.
Lo scontro però, come detto, è anche sul cuore della bozza di Palazzo Chigi. Il testo elimina le gare sotto i 5 milioni di euro ( la cosiddetta “soglia europea”), sostituendole con procedure negoziate con almeno cinque aziende. Procedure che restano in realtà anche sopra questa soglia ma regolate dal Codice degli appalti. Ora sono previste in casi eccezionali, mentre il testo le trasforma in ordinarie (chi vuole fare le gare deve motivarlo). Per le opere “prioritarie” (quali le deciderà Palazzo Chigi) le stazioni appaltanti avranno poi poteri in deroga alla legge (eccetto quella penale e le norme antimafia): è il “modello Genova” usato per ricostruire il Morandi e che i ver
tici dei 5Stelle e i renziani di Italia Viva, che vorrebbero estendere urbi et orbi attraverso i commissari straordinari. Il Pd invece, è contrario a sospendere le gare sopra i 5 milioni: l’ipotesi, al massimo, è di fissare un ulteriore tetto a 20 milioni, in questo modo le gare non si farebbero sul 95% degli appalti pubblici, ma resterebbero per i grandi progetti. Contrario anche LEU secondo cui le procedure accelerate sono già possibili con le norme attuali. Dubbi anche sull’idea di non far valere la colpa grave ai fini della responsabilità erariale per le azioni dei dirigenti (ma non per le omissioni). Norma contro cui si è scagliato il presidente della Corte dei conti, Angelo Buscema.