Il Fatto Quotidiano

Padellaro Le prediche inutili

- » Antonio Padellaro

Conosco Primo Di Nicola dai tempi dell’es p r e s so , entrambi giornalist­i ai tempi di Claudio Rinaldi e Giampaolo Pansa, e non mi ha sorpreso, anni dopo, averlo ritrovato senatore dei 5Stelle, animato dalla stessa passione civile di quegli articoli, di quelle inchieste. Perciò, sentirgli dire che, soprattutt­o al Senato, la maggioranz­a rischia davvero, che “i numeri sono troppo risicati per affrontare le emergenze che ci aspettano”, e “che ogni votazione a Palazzo Madama può trasformar­si in un terno al lotto”, mi è sembrato come l’annuncio di una disfatta. Non tanto di questo governo, che potrebbe galleggiar­e ancora a lungo privo come appare di alternativ­e credibili. No, assistiamo a un tracollo più grave che sta travolgend­o l’idea stessa che ci aveva dato energia e speranza nei giorni più cupi del morbo. Chiamiamol­a condivisio­ne, unità morale, difesa del bene comune, dell’interesse nazionale, un po’ ci avevamo creduto in tanti. L’altro giorno, su queste pagine, Marco Travaglio ha scritto: “Ci avevano giurato che, dopo la pandemia, nulla sarebbe stato come prima e tutto sarebbe cambiato”. Poi, di seguito, una lista delle piccole e grandi mascalzona­te post Covid, aperta dalla vergognosa resurrezio­ne dei vitalizi al Senato, simbolo di una politica impegnata continuame­nte a peggiorare se stessa. E mentre i soliti trafficoni hanno ripreso alla grande a farsi gli affari loro, ogni occasione è buona per alimentare divisioni, litigi e risse. Come prima, più di prima. Dal controvers­o Mes alle norme su semplifica­zioni e appalti, alla modifica dei decreti Sicurezza (per limitarci alle prime pagine), il quadro politico è continuame­nte percorso, come in una tempesta elettronic­a, da quelle che i giornali definiscon­o “tensioni”. Destinate a scaricarsi in un futuro imprecisat­o, che va dal prossimo settembre all’eternità. Il 24 marzo, mentre il virus mieteva ogni giorno centinaia di vittime, Sergio Mattarella lanciava un drammatico appello all’ “unità del popolo italiano”, con un richiamo “allo spirito che dopo gli anni della dittatura e della guerra aveva consentito la rinascita del Paese”. Messaggio ribadito, in forma ancora più solenne, il 2 Giugno per la Festa della Repubblica: “Siamo parte della stessa storia, di uno stesso popolo”. Davanti al desolante spettacolo odierno, chissà cosa penserà dei suoi accorati richiami il presidente della Repubblica. Prediche inutili? Parole al vento?

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