Il Fatto Quotidiano

Robecchi Le Brigate Voltaire

- ALESSANDRO ROBECCHI

Scrivetela su un foglietto e tenetela nel taschino della giacca, o in uno scomparto della borsa, nello zaino, in una tasca dei jeans. Poi tiratela fuori alla bisogna e leggetela ad alta voce: “Non sono d’accordo con quello che dici ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”, firmato Voltaire. Fico, eh? Diciamolo, bella frase: fa colto, spaccia chi la pronuncia per persona di buone letture, anche se è convinto che Voltaire sia un difensore del Paris Saint Germain e non un filosofo letterato del Diciottesi­mo secolo. Siamo, insomma, davanti a una citazione liofilizza­ta, facile da ricordare, perfetta e pronta all’uso ogni volta che qualcuno fischia Salvini nelle piazze italiane (succede spesso). Meno male che Voltaire è morto (nel 1778, quasi due secoli e mezzo fa), altrimenti Salvini dovrebbe girargli qualche prebenda (magari non tutti i famosi 49 milioni, ma una percentual­e sì).

Avviso doveroso: non si vuole qui parlare – che noia – del mangiatore compulsivo di ciliegie, dell’uomo- selfie (anche ai funerali), insomma, del più cinico e risibile arruffapop­olo in circolazio­ne, bensì di quella sindrome ultra-tafazzista dei presunti avversari che lo difendono sventoland­o una frase di Voltaire per sembrare ragionevol­i emoderati. La quale frase, tenetevi forte, non è per niente di Voltaire, ma viene da un saggio del 1906 la cui autrice, Evelyn Beatrice Hall, si è più volte scusata per averla attribuita al filosofo, uno sgarbo sempiterno al vecchio parruccone Voltaire il quale è più o meno passato alla storia per una frase che non ha detto e nemmeno pensato, ma che viene usata regolarmen­te per difendere l’indifendib­ile e segnatamen­te per bacchettar­e chiunque contesti Salvini.

Le “Brigate Voltaire”, insomma, non dormono mai: se si fischia qualcuno ( purché di destra), ecco alzarsi puntualiss­imo il pipicchiot­to voltairian­o sedicente di sinistra che la ricorda tra virgolette. Ultimo, dopo la cacciata di Salvini da Mondragone, l’irresistib­ile Roberto Giachetti, che ci ha fatto la grazia di non citare direttamen­te l’aforisma farlocco del grande letterato, ma ne esprime con parole sue il concetto: “Non esiste al mondo che in un paese democratic­o a un esponente politico (per di più il segretario del maggiore partito italiano) venga impedito di fare un’iniziativa politica”. Gioco, partita, incontro: ci aspettiamo a stretto giro un digiuno giachettia­no, uno sciopero della fame dei suoi.

Che poi, quella di Salvini amondragon­e non era “un’iniziativa politica”, era una provocazio­ne bella e buona. Andare a parlare in un posto segnato da un’emergenza sanitaria pericolosa, incendiato da una situazione esplosiva, con una comunità di stranieri ( bulgari questa volta) sfruttati all’ inverosimi­le ed eversivame­nte additati come untori non è un’iniziativa politica, è correre verso l’incendio portando taniche di benzina (ci stupisce l’autorizzaz­ione del Viminale, semmai). Se invece si volesse fare a Mondragone un’iniziativa politica seria, si potrebbe andare a chiedere di vedere i contratti di lavoro dei famosi bulgari, i loro contratti d’affitto, le posizioni Inps e Inail, e magari pure incrociare i dati per capire se quelli che fanno lavorare i braccianti bulgari nei campi a un euro e mezzo l’ora non siano per caso gli stessi che gli affittano un posto letto a prezzi da Costiera amalfitana. Ecco, quella sì, sarebbe un’iniziativa politica. Purtroppo non la farà Voltaire, che è morto, e nemmeno Giachetti, che è vivo e lotta insieme a lui (a Salvini, non a Voltaire).

IL LEGHISTA A MONDRAGONE ERA COME CORRERE VERSO L’INCENDIO CON IN MANO LA BENZINA

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