Il Fatto Quotidiano

Regeni, i pm egiziani ci prendono in giro Imbarazzo Farnesina

VERTICE Nulla di fatto al 12º incontro tra investigat­ori di Roma e del Cairo, che addirittur­a chiedono informazio­ni su Giulio

- » Valeria Pacelli

I magistrati nordafrica­ni chiedono ai colleghi italiani notizie sui motivi del viaggio di Giulio al Cairo. Nessun passo avanti nell’inchiesta

Nessun passo in avanti, nessuna azione concreta da parte degli investigat­ori egiziani. E oltre al danno, ancheuna beffa che ha tanto il sapore di una provocazio­ne. Perché stavolta è la delegazion­e di magistrati egiziani ad avanzare richieste di informazio­ni su Giulio Regeni. Dopo il dodicesimo vertice tra Procure, l’indagine dei pm capitolini sul sequestro e l’omicidio del ricercator­e resta in una fase di stallo. E questo perché neanche ieri è stata fornita alcuna collaboraz­ione concreta. A oltre quattro anni dalla morte di Regeni, ci si è trovati ancora di fronte al “valutiamo”, ai “vediamo”. Proprio come avvenuto nel confronto che c’e ra stato nel gennaio scorso. L’incontro di ieri, durato poco più di un’ora, e in videoconfe­renza, serviva per ottenere risposte ai quesiti contenuti in una rogatoria inviata in Egitto più di un anno fa, il 28 aprile 2019.

IL PM ROMANO Sergio Colaiocco, titolare del fascicolo, è riuscito a ricostruir­e alcuni dei pezzi del puzzle della morte di Regeni, iscrivendo nel registro degli indagati cinque 007 egiziani per sequestro di persona. Ma ci sono altri aspetti da chiarire, e solo gli investigat­ori del Cairo possono farlo.

Per esempio si cercano conferme sulla presenza a Nairobi, nell’agosto del 2017, del maggiore Sharif (uno degli indagati), che secondo un testimone avrebbe raccontato delle “modalità del sequestro di Giulio” nel corso di un pranzo. C’è poi da fare l’elezione di domicilio da parte degli indagati, passaggio fondamenta­le per poter notificare gli atti. Non solo. I pm romani chiedono anche di “mettere a fuoco il ruolo di altri soggetti della National Security che risultano in stretti rapporti con i cinque indagati”. Non sono arrivate risposte, ma

Paola Regeni

domande sì: gli inquirenti egiziani hanno chiesto ai colleghi di Roma informazio­ni sulle attività del ricercator­e in Egitto. Un’istanza “offensiva e provocator­ia”, hanno commentato Paola e Claudio Regeni.

In una nota, la Procura di Roma ha poi sottolinea­to che il procurator­e egiziano “ha ribadito la ferma volontà del suo Paese e del suo ufficio di arrivare a individuar­e i responsabi­li dei fatti”. Ancora tante parole. E a poco sono servite le rassicuraz­ioni del presidente Abdel Fattah Al Sisi a Giuseppe Conte. In commission­e d’i nchiesta, nei giorni scorsi, il premier aveva spiegato di aver chiesto, in un colloquio telefonico del 7 giugno con Al Sisi, una “manifestaz­ione tangibile di volontà” sul caso. Pochi giorni e sono arrivati in Italia oggetti che non appartenev­ano affatto a Regeni, anche perché alcune cose personali del ricercator­e, come il passaporto e le tessere universita­rie, sono state consegnate alla famiglia anni fa. Stavolta invece sono arrivati gli oggetti esibiti dal governo durante una delle tante devianti piste investigat­ive, ossia quando durante un conflitto a fuoco con la Polizia del Cairo furono uccisi i membri di una banda. Così si sperava di chiudere il caso.

In commission­e il premier Conte – in riferiment­o all’affare della vendita delle due fregate Fremm – ha anche difeso la scelta di “intensific­are” le relazioni con l’e g i tt o , non interrompe­rle, come strumento per ottenere risultati. Non sono arrivati in questi quattro anni e ieri non è andata diversamen­te ora. “Chi sosteneva che la migliore strategia nei confronti degli egiziani per ottenere verità fosse quella della condiscend­enza, chi pensava che fare affari, vendere armi e navi di guerra (...) fosse funzionale ad ottenere collaboraz­ione giudiziari­a, oggi sa di aver fallito”, hanno commentato i genitori di Regeni. Per la famiglia del ricercator­e adesso c’è una sola strada da percorrere: “Richiamare l’ambasciato­re”.

LA MAGISTRATU­RA non può fare altro: ora i pm dovranno decidere se chiedere o meno il processo contro i cinque 007 egiziani, con ciò che hanno in mano. La palla quindi passa alla politica. “Forte delusione per l’esito dell’incontro tra le due Procure. Esigiamo un cambio di passo. La Farnesina, dopo l’incontro di oggi, trarrà le sue va lu ta zio ni ”, si apprende da fonti del Ministero degli Affari Esteri. E chissà se la richiesta dei genitori di Regeni verrà esaudita.

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È stato un fallimento Ora all’italia non resta che richiamare l’ambasciato­re

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FOTO ANSA I genitori Claudio e Paola Regeni, i genitori di Giulio ucciso nel 2016

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