La dieci fatiche di Tinny: più serie, meno soldi
A Mazzini l’andreatta disponeva di 200 milioni di euro all’anno, sulla piattaforma li avrà in un triennio. E dovrà produrre molti italiani
Imaligni retrodatano la nomina al 1° maggio, quando Boris ritorna su Netflix. Della fuoriserie di Ciarrapico, Torre e Vendruscolo, si sbizzarriscono a trovare la citazione più consona: “Ricorda, in Italia vale la regola delle tre ‘G’: la Giusta telefonata, al Giusto momento, alla Giusta persona!” oppure “Occhi del cuore 3… perché a noi la qualità c’ha rotto er cazzo! Perché un’altra televisione diversa è impossibile!”. Eppure, E le on ora Andreatta, detta Tinny, ci ha provato: un colpo alla rassicurazione, da Don Matteo ache Dio ci aiuti, e uno all’internazionalizzazione, da L’amica geniale a Il nome della rosa. In mezzo, le sfide autarchiche, da Rocco Schiavonea La linea verticale. Cinquan tacinque anni, venticinque in Rai, dal 2012 al vertice di Rai Fiction, dove ha fatto il bello e il cattivo tempo, pardon, p rime-time: Il Commissario Montalbano, I Bastardi di Pizzofalcone, Imma Tataranni, Il commissario Maltese . Apanora ma non è bastato per concederle l’onore delle armi o, almeno, del nome: “La figlia di Andreatta lascia la Rai pernetflix”. Sui social l’aria che tira non è più fresca: il 22 giugno l’investitura a vicepresidente delle serie originali italiane per la piattaforma streaming resuscita lo scudo crociato, con il logo Netflix al posto di Libertas. Cherchez papà, Beniamino: economista, politico, più volte ministro, artefice dell’ulivo, morto il 26 marzo del 2007. Il destino, invero, non è nel cognome: quando succede a Fabrizio Del Noce alla guida della serialità è ancora Eleonora, quando se ne va è diventata Tinny anche per il Servizio pubblico. Al nomignolo si ascrivono origini esotiche ma familiari: l’eroina, principessa esile e assertiva, di una pièce del premio Nobel Rabindranath Tagore, che i futuri papà Nino e mamma Giana vedono nel 1961 in India. Nessuna certezza, fuorché: piccole donne crescono. Amazzini poteva disporre di duecento milioni di euro l’anno, con Netflix li avrà in un triennio, di cui un terzo già archiviato: entro il 2022 le serie italiane dovranno levitare a dieci in dodici mesi, e toccherà a lei. Archiviata la fase start-up senza lode e con qualche infamia, il servizio streaming deve decidere che fare da grande: basta succhiare la ruota a libri e film (Suburra , Summertime ), basta esperimenti più o meno azzardati ( Luna nera, Curon), a Tinny, che riporterà al capo degli scripted di Europa, Medio Oriente e Africa Kelly Luegenbiehl, si chiedono ordine e metodo. I detrattori derubricano l’incarico a convenienza politica, logiche consortili e avalli ministeriali (Dario Franceschini), gli estimatori, come lo sceneggiatore e presidente di 100autori Stefano Sardo, rivendicano a Netflix “una scelta non conservativa, radicale e molto stimolante”. Se il patto di non concorrenza gli avrebbe sbarrato la strada intrapresa da Tinny, l’ad Fabrizio Salini ha preso ad interim la direzione di Rai Fiction, ma verosimilmente dopo il giro alla società di Reed Hastings Tinny ricambierà il favore: avrà di tutto, di più, come mamma Rai pretende e come Renzi le ventilò nel 2015.
Nel frattempo, si potrà godere una vita da senza tetto, quello dei 240mila euro lordi all’anno per i dirigenti all’ombra del cavallo di Messina. Inserita da Hollywood Reporter nel 2018 tra le 25 donne più influenti dello showbizglobale, vanta esordi cinefili. Appena laureata, all’academy di Vania e Manfredi Traxler, nei primi anni Novanta, impara il mestiere, ovvero – ricorda Vania – “a essere pronta a tutto: fare un inchino perfetto come lavare i piatti”. Da luglio al Villino Rattazzi di via Boncompagni l’ennesima sfida, e che non sia déjà-vu o già scritta, come insinua il ghostwriter @Il_negro_ su Twitter: “Pe’ lo Sceneggiatorone sarà n’estate difficilissima. Je toccherà cambia’i titoli a tutti i concept rimbalzati da Tinny in ’sti dieci anni pe prova’ a vendeli su #Netflix”.