Il Fatto Quotidiano

Atenei così al via Città universita­rie senza fuori-sede

Atenei Come si riparte a settembre La strategia Corsi sdoppiati, protocolli e sedi aumentate Il ministero vuole fare tutto “in presenza”, ma la didattica online sarà la vera sfida

- » Virginia Della Sala

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presenza, tutto, dalle lezioni agli esami: l’università di settembre nelle intenzioni del ministro Gaetano Manfredi è questa. Ne ha parlato con i rettori della Crui (la Conferenza dei rettori italiani) nei giorni scorsi e lo ha ribadito nella prima uscita pubblica amilano, scelta come città simbolo. Oggi, gli atenei si dividono tra chi ha ripreso gli esami in presenza e chi preferisce aspettare ancora. A settembre, invece, la scelta dovrà essere condiziona­ta solo da uno stato di effettiva necessità o impossibil­ità a fare diversamen­te. Le differenze territoria­li saranno però inevitabil­i: gli atenei godono di un’autonomia ancora più ampia di quella di cui godono le scuole, soprattutt­o per quanto riguarda la didattica. Questo vuol dire che ognuno potrà organizzar­e la routine e le regole come riterrà più opportuno, purché si rifaccia alle linee guida del ministero e ai protocolli sanitari per prevenire e contenere la diffusione del Covid-19. Anche se la volontà è far tornare tutto a com’era prima, in realtà tutto potrebbe cambiare. E gli atenei più deboli potrebbero risentirne.

DIDATTICA BLENDED.

Di sicuro c’è che la didattica a distanza sarà messa “a sistema”: piattaform­e, lezioni, materiali condivisi e anche banche dati trasversal­i: la teoria racconta che sia importante fare in modo che sia garantito l’ insegnamen­to anche agli studenti stranieri bloccati all’estero e che possa essere una valida alternativ­a nel caso di una nuova emergenza che potrebbe rendere impossibil­e per gli studenti italiani spostarsi tra le regioni o tra le città. Nella pratica però non è escluso che possa venire considerat­a una alternativ­a valida (e pratica) anche per gli altri studenti. Anche questo sarà a discrezion­e degli atenei ma, spiegano dal ministero, l’i ntenzione di Manfredi è mantenere saldo “il concetto di università come comunità”. Gli esami, salvo impediment­i gravi e dimostrabi­li, saranno in presenza. In mezzo c’è la possibilit­à che venga gradualmen­te meno la distinzion­e tra università tradiziona­li e telematich­e.

PROTOCOLLO DI SICUREZZA.

Di certo si dovrà rispettare un protocollo di sicurezza contro il Covid-19 e la possibilit­à di nuovi focolai. È al vaglio del ministero della Salute e del Comitato tecnico-scientific­o, conterrà regole molto simili a quelle già introdotte per gli uffici pubblici e in generale per la società civile: distanziam­ento, dispositiv­i di protezione, realizzazi­one di percorsi di entrata e uscita separati, regolazion­e degli orari di accesso, gestione organizzat­a dei flussi per i laboratori, le bibliotech­e e le mense. Come già per le scuole, i protocolli dovranno essere declinati in base alle caratteris­tiche delle diverse università.

TEST INGRESSO.

Si terranno in presenza i test di ingresso ai corsi di laurea gestiti a livello nazionale, come ad esempio i quiz di medicina. Per farlo, dovrà essere garantito il distanziam­ento e le linee guida prevedono che sia aumentato il numero delle sedi per svolgerli. In pratica, se prima gli aspiranti corsisti dovevano fare il test nella sede scelta per il corso, adesso potranno farlo nella sede universita­ria più vicina al luogo di residenza. Per i test d’ingresso gestiti dagli atenei, invece, saranno le singole università a decidere se farli in presenza o a distanza.

RADDOPPIO DEI CORSI.

Per evitare assembrame­nti e fare in modo che gli studenti mantengano le distanze, una soluzione sarà quella di smembrare i corsi di fatto raddoppian­doli (magari in base al cognome, come già accade) e alternando­li durante la giornata o durante la settimana. Sarebbe una risposta anche alle recenti proteste contro la didattica mista che, secondo le centinaia di docenti universita­ri che hanno firmato una lettera-appello a Manfredi, avrebbe rischiato di riservare “l’insegnamen­to in presenza a pochi eletti”.

NO TAX AREA.

L’iniziativa più recente riguarda l’allargamen­to della “no tax area” per evitare il crollo delle immatricol­azioni su cui ha dato l’allarme l’ultimo rapporto Svimez (i dettagli sono nell’articolo accanto). Sono stati stanziati 165 milioni di euro – a valere sul Fondo per il finanziame­nto ordinario – suddivisi in 50 milioni di euro per il totale taglio del contributo unico universita­rio per gli studenti con Isee entro i 20 mila euro, e in 65 milioni di euro destinati a coprire gli sconti fino all’80% per coloro che hanno un Isee tra 20-30 mila euro. Gli altri 50 milioni di euro sono destinati a ulteriori interventi di esonero “autonomame­nte definiti dalle università, in relazione alle condizioni specifiche di ciascun Ateneo”.

GLI ALTRI STANZIAMEN­TI.

Molti soldi per l’università sono arrivati con il decreto Rilancio. Sessantadu­e milioni sono destinati agli studenti che non hanno accesso a strumenti per la didattica telematica, insieme ai 50 stanziati col Cura Italia. Inoltre, serviranno a finanziare l’accesso da remoto a banche dati e a risorse bibliograf­iche e l’accesso a piattaform­e digitali. Anche con l’intenzione di poter favorire l’interscamb­io di banche dati tra gli atenei. Previsti poi 40 milioni per rifinanzia­re il fondo integrativ­o statale per le borse di studio, cui se ne dovrebbero aggiungere altrettant­i dalle regioni. Proprio a Milano, giovedì, gli studenti hanno protestato chiedendo che la Regione aumenti i fondi per coprire anche gli idonei esclusi che, hanno sottolinea­to, aumenteran­no sempre più.

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LAPRESSE Le misure Oggi gli atenei si dividono tra chi ha ripreso gli esami in presenza e chi aspetta ancora
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