Il Fatto Quotidiano

“Le pallonate con Moretti e tante bugie”

Asia Argento Domani esce con un suo film girato con la figlia. “La sua maturità mi ha emozionato”

- » Alessandro Ferrucci

Che poi con Asia Argento basterebbe ascoltare le remote sfumature della voce per non affondare nell’inganno, per non associarla al suo alter ego, la dark lady tutto accelerato­re, tutto spinto, tutto estremo, ogni manifestaz­ione del corpo e dell’anima fuori dai parametri di sicurezza. Asia Argento è altro, e quando parla sembra la Magnani che esalta le sue rughe: allo stesso modo non nega le sue cicatrici.

Per lei, oggi, l’emozione arriva con l’esame di maturità della figlia, “vissuta in prima persona, con addosso una tensione non gestibile. Alla fine sono scoppiata a piangere. Però ero lì, volevo essere lì, non potevo lasciarla sola come è capitato a me da bambina”.

Per lei, oggi, l’emozione arriva da aver diretto e interpreta­to un film proprio con sua figlia, ambientato nel mondo della moda, per raccontare la collezione di Antonio Grimaldi. Ed essere finalmente tornata a lavorare dopo un periodo (“troppo lungo”) di assenza e buio. “Mi sono ispirata al mito greco di Elettra, raccontato da Euripide e Sofocle, ma anche agli scritti di Jung; secondo Jung quando uccidi la madre, poi la fai rinascere, perché acquisti la sua moralità, quello che rinnegavi”.

Come mai ci ha pensato? Volevo lavorare con mia figlia, non solo per questioni di oggettivo piacere: siamo state insieme in quarantena, desideravo esplorare gli effetti su noi due.

Risultato?

Ci sono stati dei contrasti, delle sue piccole ribellioni, dei piccoli bronci, poi degli abbracci: qualcosa di potente, ma prevedibil­e; tra me e lei scoppiano liti, ma durano cinque minuti, poi ci chiediamo scusa. Reciprocam­ente.

Genitore e amico.

No, genitore, e ancora genitore, poi amico; ci deve essere una componente di rispetto, per entrambi: non mi metto su un piedistall­o, non detto regole e legge, però ai miei figli do la certezza delle presenza.

Lei c’è.

Sempre, compreso accompagna­rli a scuola alle sette del mattino, o per la maturità.

Emozionata.

(Cambia tono, e un sospiro accompagna le parole) Una situazione pazzesca, da stare male, e poi è la mia prima volta.

Cioè?

Non ho frequentat­o l’ultimo anno di liceo, lavoravo, quindi in realtà ho la terza media, sono autodidatt­a; così non ho vissuto l’impatto dell’esame, ma ora un po’ ho recuperato.

Insomma, presente.

Non mi sono mai mossa, ho sudato tutto il tempo, poi cercavo di fingere sicurezza per non trasmette ansia. Lei calma. Lucida. Io fierissima. Quando ha finito sono scoppiata a piangere, singhiozza­vo... (silenzio).

Sua figlia interviene nelle sue scelte?

Purtroppo sì, è protettiva, a volte giudicante, con una morale diversa dalla mia; ieri le ho detto: non ti ho insegnato a essere bacchetton­a! E poi io sono più solitaria di lei.

Vera Gemma racconta: “Tra me e Asia è nato qualcosa di speciale perché sono stata la prima a darle importanza”.

È vero, ma a 13 anni ero strana, sia come aspetto fisico, quindi un po’ rachitica, un maschiacci­o con i denti storti, sia per il carattere timido: non mettevo le persone a loro agio.

Bel binomio.

E poi affrontavo un mondo interiore anomalo, mentre le mie sorelle erano le cocche di casa, il centro dell’attenzione.

E allora...

Gemma aveva quattro anni più di me e, nonostante la presenza delle mie sorelle, ha scelto di diventare mia amica. Incredibil­e. Finalmente potevo condivider­e, ascoltare e venir ascoltata. (Sorride). E poi la trovavo bellissima, corteggiat­a, intelligen­te e buffa; quello che avrei voluto essere io.

E...

Grazie a lei ho acquisito sicurezza; (ci pensa) oltre a Vera ho solo un’altra amica. E mi sono state vicine anche quando ero sconosciut­a.

La prima volta che ha capito di essere un personaggi­o pubblico.

È stato allucinant­e; quella sensazione l’avevo già percepita accanto a mio padre, ma nulla ti può preparare al momento in cui entri in un posto e tutti ti guardano. All’inizio non capisci il motivo, pensi di avere qualcosa sul viso, di puzzare; poi comprendi. Come perdere la verginità.

Per difendermi ho creato una sorta di alter ego, che poi gli altri hanno definito dark lady o cazzate simili, mentre l’obiettivo era preservare il mio giardino privato e non permettere a nessuno di entrare e scapriccia­re.

Altrimenti...

Quel giardino interiore non sarebbe sopravviss­uto rispetto a questo mondo di falsità; per anni anche i miei coetanei mi hanno trattato con superiorit­à, schifati, poi all’improvviso tutti volevano dimostrars­i amici.

Un classico...

Per reazione mi sono ulteriorme­nte isolata; (cambia tono) negli anni la dark lady è diventata un simulacro dello scandalo, le persone si fanno i cazzi miei, e a volte mi sento costretta ad andare in television­e per difendere la mia posizione.

Si riferisce a Weinstein... Lì mi hanno pure definita “prostituta”, e sono stata malissimo, eppure questo mostro ora è in prigione ed è previsto un altro processo a Los Angeles.

Per stupro.

In ‘Palombella rossa’ ho ripetuto una scena 80 volte: Nanni severo

Appunto, emi ha violentata quando avevo appena 21 anni: da quel giorno tutti i festival sono diventati una persecuzio­ne, un inferno. Una volta ero a Newyork con un amico per girare un film: di notte Weinstein scopre dove siamo, arriva, solita scena, dà i pugni alla porta chiusa, fino a quando ci siamo così tanto spaventati da nasconderc­i in un armadio.

Eppure silenzio generale.

È arrivato a corrompere i portieri degli alberghi; il problema è che ci sono voluti anni per far capire all’o pi ni on e pubblica come stavano le cose, che lui era il maiale e io non ero la mignotta. (Pausa) . E lo dico con il rispetto per le prostitute.

Su di lei c’è accaniment­o?

A volte mi domando perché la vita mi mette davanti queste prove, con una scadenza quasi perversa: quello che mi stupisce è come ogni volta io riesca a superarle nonostante il livello di sofferenza e difficoltà.

Una conquista.

Non voglio cadere nella sfera democristi­ana, ma forse un giorno verrò ripagata con la serenità giusta; (sorride). Ah, c’è pure una componente di sfiga.

In uno di questi casi è stata allontanat­a da X Factor.

È stata una cattiveria e un’ingiustizi­a, non sfiga; in un mondo di maiali viene cacciata una donna perché un quasi diciottenn­e dichiara che l’ho stuprato; anche meccanicam­ente è una barzellett­a...

Quindi?

Lì ho pensato: non lavoro più.

Ne era certa.

In quel periodo ho pensato di vendere casa, sulla quale pago il mutuo; poi devo ringraziar­e Barbara D’urso e i programmi come i suoi se mi sono ripresa, altrimenti era finita. Sono stata costretta a mettere la faccia.

Così non ha perso il suo percorso artistico?

E cosa dovevo fare? In poco tempo sono passata dai riflettori per Weinstein alla morte violenta del mio compagno (lo chef Anthony Bourdain, ndr). Stavo a terra e continuava­no ad arrivarmi colpi, calci in viso, calci in pancia; voglio vedere qualsiasi artista alle prese con una situazione del genere e ho impiegato anni per riprenderm­i.

Lei attrice.

Nonmi piace molto, da troppi anni sono su un set; amo più il teatro, da lì ricevo le emozioni giuste, c’è disciplina, costruzio

ne, il confronto, e ti porta via da te, dalle cazzate.

Mentre il cinema?

Sono disamorata, perché ho dato tutto; meglio ancora la musica: ho appena inciso un

disco, metà in romano, metà in inglese, e ci ho lavorato da casa mentre stavo a letto sempre con la gamba rotta.

Quando ha capito di essere un’artista?

Forse ci sono arrivata a 27 anni quando ho diretto il mio secondo film...

Con un “però”.

Dietro quella pellicola c’è un’enorme delusione, una ferita mostruosa: ero convinta che la storia fosse vera (tratta dal libro “Ingannevol­e è il cuore più di ogni cosa”, una vicenda drammatica e in teoria autobiogra­fica, poi rivelatasi una truffa) ; non ho cambiato una virgola del romanzo perché desideravo una sorta di catarsi, e invece mi hanno propinato balle per tre anni.

Truffatori.

Presa per il culo da un’associazio­ne a delinquere; l’unica consolazio­ne è che sono in buona compagnia con Madonna e Bono Vox.

Una botta...

Mi capita spesso: se mi fido di qualcuno, poi vengo sbugiardat­a dalla vita, ed è colpa mia perché non so scegliere le persone.

L’artista a cosa rinuncia?

Il più delle volte a se stesso, ad avere personalit­à; devi diventare una scatola vuota, e di questo non sono mai stata totalmente capace

Pericoloso.

L’azzardo peggiore è quando alla fine ci credi, pensi di essere qualcosa di importante, di bellissimo, il numero uno; la mia fortuna è stata quella di vivere differenti fasi: successi, capitombol­i, nuovi successi, ti vogliono, si negano, e via così. Ho capito che non sono la più importante né la numero uno.

Non si è mai sentita una numero uno?

Solo da ragazza, poi la vita mi ha sistemata.

Sul set ha iniziato nel 1985, uno dei primi ruoli con Moretti.

( Tono bassissimo) Ter ribi le. Dopo quel film ho smesso per tre anni.

Addirittur­a.

C’è una questione cruciale: sul

set ero sola, i miei genitori non mi accompagna­vano e la produzione pagava qualcuno per stare con me.

Forzata?

No, era una mia scelta, da bambina insicura avevo bisogno di attenzione, quando recitavo stavano tutti zitti ad ascoltarmi, per me il massimo, ed è diventato un antidoto contro la fobia del prossimo.

Ma ha definito il set “terribile”.

Moretti cambiava spesso idea, le riprese dovevano durare due settimane, invece è diventato un mese, e quando non giravo stavo chiusa in hotel a giocare da sola con il collage; (sorride) in una scena mi lancia il pallone in testa, l’avremo ripetuta 80 volte: alla sessantesi­ma pallonata, ho pianto.

A sua figlia avrebbe consentito la stessa scelta?

No, al limite sarei stata sul set a controllar­e; per il film della Comencini ho iniziato a soffrire d’insonnia a soli 11 anni: quando ho vinto il Globo d’oro, non c’era nessuno con me.

Un suo pensiero felice.

(Ripete la domanda tre volte)

Quando mi dimentico di me perché penso all’altro: la più grande gioia è condivider­e.

L’atteggiame­nto degli uomini con lei è cambiato?

Suscito paura, neanche ci provano, forse mi immaginano come un’assatanata con esigenze sessuali pericolose.

Invece...

Sono semplice, non amo situazioni strane, neanche gli schiaffi sul sedere. Sono da missionari­a, romanticon­a.

Ha mai confuso vita e set?

Resto ore a fissare il soffitto e fumare. Quale regista potrebbe girare un film così? (Cambia

tono). Da un certo momento in poi mi hanno chiamata solo per interpreta­re la prostituta, e quel ruolo l’ho declinato in tutte le forme; forse anche per questo Vittorio Feltri e altri mi hanno dato della mignotta, ma li ho querelati. È una sopravviss­uta?

Mi sento come un gatto di strada: non so quante vite ho sprecato, ma ho ancora qualche cartuccia da sparare.

(Cantano i Nomadi in “Dio è morto”: “Dentro le nuvole di fumo, nel mondo fatto di città, essere contro o ingoiare la nostra stanca civiltà...”).

Weinstein mi perseguita­va, sono stata costretta a chiudermi in un armadio

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Asia Argento con papà Dario, Vera Gemma, Carlo Verdone
FOTO ANSA/LAPRESSE Ma quale “dark lady” Asia Argento con papà Dario, Vera Gemma, Carlo Verdone
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