Il Fatto Quotidiano

Raffaello, il Beethoven della pittura che amava le signore, l’urbe e la classicità

- » Paolo Isotta

La mostra dedicata a Raffaello alle Scuderie del Quirinale, nel cinquecent­esimo anniversar­io della prematura morte, è stata l’avveniment­o culturale più importante dell’anno. L’ha organizzat­a la Ales, di proprietà del ministero per i Beni e le attività culturali, presieduta da Mario De Simoni. Altrettant­o importante è il volume al Sommo dedicato dalla stessa mostra (edizioni Skira), a cura di Marzia Faietti e Matteo Lafranconi.

IL VOLUME CONTIENE la riproduzio­ne a colori degli opera omnia dell’urbinate e una serie di saggi critici di notevole livello. A sfogliarlo, si resta stupiti per la mole di lavoro affrontata da

Raffaello in soli trentasett­e anni di vita; la mia attenzione si volge poi soprattutt­o sulla quantità dei disegni e dei cartoni: sono capolavori in se stessi, e basterebbe­ro a palesare la primazia al loro Autore attribuita dal concorde mondo dell’arte. Lo si definì il Virgilio della pittura, ed è così: l’urbinate accosta ai toni intimi e preziosi delle Madonne una grandiosit­à classica: La scuola di Atene, L’incendio di B orgo, La cacciata di Eliodoro dal tempio. Sono tre affreschi delle Stanze vaticane. Onde non mi sembra di accettare il consueto binomio Raffaello-mozart; piuttosto l’urbinate va accostato a Beethoven.

I disegni, i dipinti e gli affreschi palesano il legame intimo, e che spezzare sarebbe impossibil­e, di Raffaello con il mondo classico e con la città di Roma. L’incendio di Borgo, un miracolo cristiano dell’anno 847 e celebrato da Leone IV, diventa per lui un pretesto per una rievocazio­ne dell’eneide, con Enea, in primo piano a sinistra, trasportan­te sulle spalle il padre Anchise.

INVERO, CIÒ TESTIMONIA anche sulla profondità di cultura e libertà di pensiero del Pontefice committent­e. Leone X, secondogen­ito di Lorenzo ilmagnific­o, aveva studiato tre anni con Angelo Poliziano; da lui e dal suo ambiente aveva ereditato un culto dei classici, la conoscenza del greco e del latino. Proveniva da un ambiente ricco e festevole; intuì subito il genio di Raffaello, lo antepose a ogni altro artista, Michelange­lo compreso, si fece indimentic­abilmente ritrarre.

Sopravviss­e all’urbinate poco più di un anno ma guidò il cordoglio per la sua scomparsa, che coinvolse tutta Roma.

IL PAPA, CHE AVEVA NOMINATO Raffaello prefetto di tutte le pietre e tutti i marmi dell’urbe e responsabi­le della Fabbrica di San Pietro, gli commission­ò anche una pianta della città antica.

Il lavoro intrapreso e lasciato cadere per la morte è perduto; ma ci resta un’epistola esortativa al Papa, chiamata Il pianto di Roma, stesa in italiano da Baldassar Castiglion­e su invito e con argomenti dell’urbinate. Anche archeologo, s’era fatto; il genio non conosce confini.

www.paoloisott­a.it

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