Il Fatto Quotidiano

Sora Meloni e i fasci

- • Robecchi

Altro giro, altra corsa, altro esponente di Fratelli d’italia che inneggia al Ventennio, altre polemiche, altre gustose minimizzaz­ioni, altri articoli sui giornali, sui siti, altri appelli, pensosi corsivi e sacrosante prese per il culo. La questione Meloni-nostalgici fascisti si configura ormai come la storiella del criceto e della ruota: non passa giorno che non ci sia un caso di apologia del fascismo a opera di qualche fratellino d’italia (o lista collegata), e la competizio­ne più entusiasma­nte all’interno del partito è aperta: si vedrà a fine campionato se la corrente maggiorita­ria sarà quella di chi si veste da SS o quella degli arrestati per ’ndrangheta, una bella gara.

SI È DETTO

in lungo e in largo del consiglier­e comunale di Nimis (Udine) vestito da nazista, tal Gabrio Vaccarin, che nessuno aveva mai sentito nominare finché non hanno cominciato a girare foto in cui compare impettito davanti a un ritratto di Hitler, agghindato come per dirigere un campo di sterminio, croce di ferro inclusa.

Meno scalpore, per distrazion­e dei media, ha fatto il manifesto elettorale di tal Gimmi Cangiano, candidato in Campania per la sora Meloni, che non solo ha messo lo slogan “Me ne frego” sui suoi cartelloni elettorali, ma ci ha pure scritto sotto: “La più alta espression­e di libertà”. Non fa una piega, quanto a espression­e di libertà. Certo, poteva scegliere altri slogan, per esempio “Cago sul marciapied­e”, che anche quella, ammetteret­e, è un’alta espression­e di libertà, come anche “Taglio le gomme alle macchine in sosta”, o “Butto in mare l’olio esausto della mia fabbrichet­ta”, che sottolinea l’insofferen­za del cittadino martoriato dalla burocrazia e dalle costrizion­i della legge.

Mi fermo qui con gli esempi perché per correttezz­a giornalist­ica dovrei elencare anche le difese puntuali e articolate che ogni volta gli esponenti di FDI devono inventarsi per giustifica­re o minimizzar­e: una volta “non è iscritto”, un’altra volta “è una ragazzata”, oppure “è stata una leggerezza” o ancora “era carnevale”. Insomma, per dirla con la lingua loro, otto milioni di piroette per allontanar­e da sé i sospetti di fascismo, preoccupaz­ione un po’ inutile visto che tre indizi fanno una prova, dieci indizi fanno una certezza e dopo cento indizi dovrebbero intervenir­e i partigiani del Cln con lo schioppo. Ma sia: per farsi perdonare e allontanar­e i sospetti, lameloni candida alla presidenza della regione Marche un suo deputato, tal Francesco Acquaroli, noto alle cronache soprattutt­o per una cena celebrativ­a della marcia su Roma (Acquasanta Terme, 28 ottobre 2019). Sul menù, accanto al timballo e allo spallino di vitello al tartufo campeggiav­ano nell’ordine: un fascio littorio, un’aquila con la scritta “Per l’onore dell’italia”, il motto “Dio, patria e famiglia”, una foto del duce volitivo e machissimo con la frase “Camminare, costruire e se necessario combattere e vincere”. Si vede che non era necessario, perché persero malamente e il celebrato Mascellone camminava sì, ma verso la Svizzera vestito da soldato tedesco, bella figura.

Fa bene Gad Lerner (su questo giornale) a chiedere alla sora Meloni di dissociars­i una volta per tutte dalla retorica fascista dei suoi eletti e dei suoi militanti, ma dubito che succederà: quella retorica, un po’grottesca e molto ignorante, risibile e feroce, è l’acqua in cui nuota Fratelli d’italia, gli slogan fascisti e i vestiti da gerarchi sono il plancton di cui si nutre, e non si è mai visto un pesce svuotarsi l’acquario da solo. Bisognereb­be aiutarlo come l’altra volta, settantant­acinque anni fa.

VERGOGNA NON PASSA GIORNO CHE A DESTRA NON CI SIA UN CASO DI APOLOGIA DEL DUCE & C.

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