• Ranieri
Gli hater pro Gori
Adesso diranno che stiamo difendendo il principale, ma pazienza: c’è un limite all’analfabetismo (o alla malafede). Travaglio ha titolato il suo editoriale “Giorgio Covid”, per dire di Gori la pertinace tendenza alle esternazioni e alle misure confusionarie a tema pandemia, e su Twitter – quel simposio di menti sopraffine che ogni giorno da casa spiegano gratis a un direttore come si dirige un giornale – ha tenuto banco per ore un’accesa campagna di sdegno.
SOLIDARIETÀ ALL’OFFESO,
biasimo dell’immondo autore (peraltro variamente invitato a chiudere bottega, contagiarsi, morire o, peggio, recarsi a Bergamo per conferire con Gori): pareva che Travaglio l’avesse seviziato e dato in pasto ai cani ( stavamo per dire “sciolto nell’acido”, ma mica siamo matti, abbiamo interiorizzato la censura). Ci pare di aver capito, sotto la gragnuola di “vergogna!”, che Travaglio voleva augurare la Covid a Gori. Secondo altri, il gioco di parole offende i morti di Bergamo, che invece il sindaco ha onorato col suo “Bergamo non si ferma!”, stranamente in consonanza coi vivi di Confindustria, mentre in città e nelle fabbriche le persone cadevano come mosche.
A capeggiare l’esecuzione, con la loro poderosa macchina del linciaggio sul nulla, i pezzi grossi del piccolo partito di Renzi, quello che coi morti di Bergamo (e Brescia) ha una tale consuetudine che loro hanno scelto lui perché ingiungesse a Conte di riaprire tutto durante il picco (ancora in strabiliante sintonia con Confindustria!) perché il paradiso è bellissimo.
Non c’è stato chi non ne ha approfittato per regolare conti propri con Travaglio, rendendolo trend
topic dell’ infamia: italovivi (si fa per dire) dal dente comprensibilmente avvelenato; politichetti sensibili ( quando tocca a loro; quando invece c’è da mettere alla gogna qualcuno sono spietati sguinzagliatori di hater a comando); inferiori goriani in piena sindrome fantozziana; “liberali” colleghi giornalisti, suscettibili al sarcasmo, che tentano invano di fare, ma prontissimi a difendere persino CasaPound perché Voltaire così avrebbe voluto... Naturalmente nessuno è stato in grado di spiegare cosa ci fosse di offensivo nell’editoriale su Gori, che di Gori era non solo il ritratto ma per così dire il curriculum vitae, a meno di non ritenere offensivo notificare a qualcuno di esser sé stesso. Il peccato, può darsi, è stato pronunciare la parola “Covid” invano, fosse pure per dire che le dimensioni della tragedia si potevano ridurre stando un po’ meno attenti alle elezioni, all’ego, agli affari e alla carriera, e un po’ più alla salute.
Racconta Enrico Deaglio che quando nell’estate del ’ 73 scoppiò il colera a Napoli Enzo Biagi andò a incontrare la dinastia Gava per il Corriere . Antonio, figlio del ministro Dc Silvio, disse: “I vibrioni passano, i Gava restano”.“è dunque vero che se ne vanno sempre i migliori”, chiosò Biagi.
Secondo Giuseppe Pontiggia Biagi ottenne l’effetto comico sulla base dell’antitesi “mobilità del vibrione-immobilità dei Gava” e “inoffensività del colera-pericolosità dei Gava”, “un effetto a coda che crea uno sconcerto ottico, un disorientamento esilarante, e presuppone un senso altamente retorico dei ritmi”. Ah, ci fosse stata la polizia di Twitter! Avrebbe spiegato a Biagi che in realtà voleva vilipendere i morti di Napoli e vedere Gava morire di dissenteria. Per di più, il ceppo del vibrione si chiamava Ogawa, subito ribattezzato ‘ O Gava, e Fortebraccio su L’unità sfotteva il governo: “Se passa un giorno senza che nessuno muoia di colera, se ne vantano tra loro come se avessero vinto la battaglia del cancro. Vada, vada a Napoli, presidente Rumor: vada a disinfettare le cozze”.
SOTT’ODIO TRAVAGLIO INSULTATO PER UN TITOLO SU GORI, SENZA NEANCHE AVER CAPITO IL PEZZO