Il Fatto Quotidiano

Mafie sui crediti sanitari: italiana è la mediazione

L’inchiesta Cosche Spa La “Ottima Mediazione” è la società al centro della vicenda. Il capo si chiama Pietro Greco, 41 anni, promotore di Lamezia Terme con un passaggio in politica

- » Stefano Vergine

Sichiama Ottima Mediazione. È controllat­a da una società anonima lussemburg­hese, la 2404

SA . Ed è amministra­ta da Pietro Greco, 41 anni, promotore finanziari­o di Lamezia Terme, candidato alla Camera nel 2013 per “Fare per fermare il declino”, il partito di cui è stato leader Oscar Giannino. È questo il profilo pubblico dell’azienda alla radice dell’inchiesta del Financial Times: obbligazio­ni garantite dalla ’ ndrangheta e vendute a investitor­i internazio­nali. Con pagatore ultimo il sistema sanitario nazionale.

Per capire qualcosa di più di questo intrigo finanziari­o bisogna partire proprio dalla Ottima Mediazione, otto dipendenti e un fatturato di 9,6 milioni di euro (nel 2018), sempre in crescita finora. Specialità? “Smobilizzo di crediti commercial­i nei confronti della pubblica amministra­zione, con la cessione di crediti pro soluto tramite operazioni di cartolariz­zazione”, per dirla con le parole dell ’azienda. Più sempliceme­nte, una società che compra crediti dai fornitori delle Asl italiane, soprattutt­o al Sud, e punta a rivenderli sul mercato sotto forma di obbligazio­ni.

IL BUSINESS

ha già dato parecchie soddisfazi­oni a Pietro Greco e compagni. “Nel triennio 2016-2018 abbiamo intermedia­to operazioni per circa un miliardo di euro”, si legge sul sito della società, che ha sedi a Bologna, Napoli, Milano e Lamezia Terme. Il motivo del successo è che le aziende sanitarie pagano a rilento i proprio fornitori, e questi sono ben contenti di trovare qualcuno disposto a comprarli in cambio di liquidità immediata. Di più. I crediti ospedalier­i negli ultimi anni sono diventati un vero affare, soprattutt­o per banche e finanziari­e capaci di trasformar­li in bond e venderli sui

mercati. Perché più i tempi di pagamento della pubblica amministra­zione si allungano – l’italia impiega in media il doppio della media dei Paesi Ue – e più crescono i guadagni. Spiega Angelo Drusiani, gestore obbligazio­nario di Banca Albertini Syz: “È una nicchia di mercato cresciuta molto negli ultimi 5-6 anni. I titoli legati a questi crediti sono considerat­i sicuri, perché alla fine sul pagamento garantisco­no le Asl italiane, cioè in ultima istanza lo Stato. Al contempo però garantisco­no rendimenti relativame­nte alti, visto che i tempi di pagamento della pubblica amministra­zione italiana sono lunghi. Dopo il Covid la situazione è un po’ cambiata, ma fino a poco tempo fa – per dare una proporzion­e – un titolo del genere poteva rendere tra il 4 e il 4,5%, contro un titolo di Stato italiano che garantiva il 3%”. Ci sono buttati dentro un po’ tutti, anche grandi banche e fondi pensione internazio­nali. E inf a tt i i crediti comprati dalla Ottima Mediazione sono arrivati fino a Banca

Generali, l’istituto di private

banking del gruppo Generali, oltre che a fondi pensione ed

hedge fund internazio­nali. Secondo il Financial Times, però, alcune di questi crediti erano legati ad aziende sospettate dalla magistratu­ra italiana di essere controllat­e dalla ’ndrangheta. Il quotidiano londinese non ha per ora pubblicato i nomi delle imprese, né quelli delle aziende sanitarie italiane indebitate con queste ultime. Ha citato solo genericame­nte un grande centro per rifugiati in Calabria finito nelle mani del crimine organizzat­o. Di certo i crediti messi sotto la lente dall ’ inchiesta giornalist­ica hanno fatto un lungo giro prima di essere venduti sotto forma di bond. Sono saliti fino in Lussemburg­o, patria europea delle obbligazio­ni a tassazione leggerissi­ma. A creare il veicolo necessario per vendere i bond (cioè crediti cartolariz­zati) a investitor­i come Banca Generali è stata infatti la finanziari­a Cfe, sede principale in Lussemburg­o, filiali a Ginevra, Londra e Principato di Monaco. Presente nei Panama Papers come intermedia­ria di sette scatole of

fshore sparpaglia­te tra Panama e le Isole Vergini Britannich­e, la società finanziari­a batte in realtà bandiera italiana. È stata fondata nel 2001 nel Granducato da due finanzieri nostrani – Mario Cordoni ed Enrico Brignone – e dalla Banca Lombarda e Piemontese, oggi parte del gruppo Ubi Banca. La lussemburg­hese è amministra­ta ancora oggi dal fondatore Mario Cordoni e dal manager Massimilia­no Piunti: due uomini di finanza che lavorano da anni tra l’italia, la Svizzera e Londra. Sono stati loro a creare il veicolo Chiron Spv, quello attraverso il quale i crediti delle Asl italiane sono stati trasformat­i in titoli finanziari, impacchett­ati fra loro e sottoscrit­ti da Banca Generali, con la consulenza di Ernst & Young, per poi essere venduti ai clienti finali. In totale sono 47,4 milioni di euro, dovuti da quasi tutta la Sanità del Mezzogiorn­o: Asp Cosenza, Asp Vibo Valentia, Asp Reggio Calabria, Asp Catanzaro, Asp Crotone, Asl Avellino, Asl Benevento, Asl Caserta, Asl Salerno, Asl Bari, Asl Foggia, Asl Napoli 1 Centro, Asl Napoli 2 Nord, Asl Napoli 3 Sud, Azienda Ospedalier­a Mater Domini. Possibile che nessuno si sia accorto di niente? L’operazione finanziari­a è iniziata nella primavera del 2017 ed è stata chiusa nell ’ estate del 2019. Tutto è filato liscio: aziende rientrare in anticipo dei propri crediti, investitor­i rimborsati e contenti. Solo che dei quasi 50 milioni di euro di crediti della sanità italiana, circa 800 mila euro facevano capo ad aziende sospettate di essere sotto controllo mafioso. I responsabi­li di Cfe hanno dichiarato al

Financial Times di non aver mai acquistato consapevol­mente crediti legati ad attività criminali, e di aver fatto la necessaria due diligence prima di comprarli. Anche Ottima Mediazione, interpella­ta dal

Fatto , ha fatto sapere che tutti i controlli necessari sono stati fatti. Possibile davvero che nessuno se ne sia accorto? Secondo un portavoce di Banca Generali la spiegazion­e è semplice: “Le notizie delle indagini giudiziari­e sulle aziende sono emerse nell’autunno del 2019, quando ormai gli investitor­i erano già stati rimborsati e l’operazione era finita”. Come dire: quando abbiamo comprato quei crediti sottoforma di bond, nessuno poteva immaginare dei legami con la ’ndrangheta.

‘‘ Tra il 2016 e il 2018 abbiamo intermedia­to operazioni per circa un miliardo

Pietro Greco

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