Ecco i 6 buoni motivi per cui si può (anzi si deve) revocare
Il 14 agosto 2018 nel crollo del Ponte Morandi di Genova sono morte 43 persone. Tre giorni dopo Palazzo Chigi annuncia di aver “avviato la procedura di caducazione della concessione” di Autostrade per l’italia ( Aspi). In 695 giorni poco o nulla è cambiato, i governi Conte 1 e 2 non hanno risolto il braccio di ferro con il concessionario controllato dalla Atlantia dei Benetton. Le ragioni della revoca, però, non sono venute meno. E sono riassumibili nelle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Nulla può estinguere il dolore di chi ha perso un familiare o un amico a causa dell’ incuria, dell’omesso controllo, della consapevole superficialità, della brama di profitto”. Eccone un sunto.
LE RESPONSABILITÀ.
Quelle penali le accerteranno i giudici. Ma stando alla relazione della commissione del ministero delle Infrastrutture che ha indagato le cause del crollo, l’ammaloramento del viadotto è proseguito “negli ultimi 27 anni” nell’ inerzia del concessionario, che dal 1999 ha speso solo 23 mila euro l’anno “in investimenti per interventi strutturali”, il 2% di quelli effettuati dal 1982. I controlli effettuati nel 2017 dalla stessa Aspi avrebbero dovuto imporre “un provvedimento di messa in sicurezza improcrastinabile”, invece il punteggio di rischio dell’opera è rimasto basso. La sintesi della relazione è desolante: “Emerge una irresponsabile minimizzazione dei necessari interventi da parte delle strutture tecniche di Aspi, perfino anche di manutenzione ordinaria (...). Non fare oggi semplice manutenzione ordinaria significa voler fare domani molta manutenzione straordinaria a costi certamente più alti, con speculare maggiore remuneratività”, cioè da farsi ripagare con le tariffe dei pedaggi. “Ne discende, come logico corollario, una massimizzazione dei profitti utilizzando a proprio esclusivo tornaconto le clausole contrattuali”.
SUPER GUADAGNI.
L’effetto si è visto. Negli ultimi 10 anni Aspi ha staccato dividendi per 6 miliardi ad Atlantia, un margine lordo del 30% sui ricavi, con pochi eguali nel mondo, anche grazie al contenimento della spesa in manutenzione (rimasta sotto i 300 milioni l’anno, mentre la spesa per investimenti è passata da 1,15 miliardi del 2009 a 475 milioni nel 2018). È la stessaaspi cheammette di aver lesinato: oggi promette di aumentare le manutenzioni del 40% al 2023.
LA CONCESSIONE.
I numeri di cui sopra sono frutto di una concessione completamente squilibrata. Quella di Autostrade fu approvata per legge nel 2008 dal governo Berlusconi. Era stata bocciata dall’antitrust e dal Nucleo per la regolazione dei servizi di pubblica utilità ( Nars) anche perché conteneva una clausola mostruosa che garantisce ai Benetton un indennizzo gigante anche in caso di revoca per colpa grave. Una norma illegittima secondo la Corte dei conti e i giuristi del Mit, perché di fatto vietata dal codice civile. La concessione prevede un sistema tariffario congegnato per garantire ad Aspi tariffe sempre crescenti (+27% dal 2009). Aspi aveva l’obbligo di custodia del Morandi, a cui è venuta meno con il crollo del viadotto.
LE INCHIESTE.
I fascicoli aperti dopo il Morandi sono 4, con almeno 100 persone indagate (oltre ad Aspi stessa). C’è anche un filone che riguarda i report taroccati sui viadotti in tutta Italia (altri 20 indagati). Aspi ha scaricato i suoi dirigenti e Spea, la controllata che si occupava di sicurezza, come se i comportamenti fossero il frutto di mele marce e non di direttive dall’alto. Eppure Michele Donferri, che per Aspi si occupava della manutenzione, è stato intercettato mentre dettava la linea ai sottoposti: “Devo spendere il meno possibile... sono entrati i tedeschi... a te non te ne frega un cazzo sono entrati cinesi... devo ridurre al massimo i costi... e devo essere intelligente de porta’ a fine concessione”.
AVELLINO.
Il Morandi non è l’unico disastro che coinvolge Aspi. Il 28 luglio 2013 sono morte 40 passeggeri del pullman precipitato dal viadotto Acqualonga della A16 Napoli-canosa, dopo aver abbattuto le barriere new jersey dai tiranti resi fradici dall’usura e mai cambiati per mancata manutenzione. Sono stati condannati solo i dirigenti del sesto tronco di Autostrade per disastro colposo e omissione in atti d’uffici o, mentre l’ex ad Giovanni Castellucci è stato assolto (i pm hanno fatto ricorso).
CE LO DICONO LORO.
I nuovi vertici di Aspi e, a modo loro i Benetton, hanno ammesso a più riprese di non aver gestito come si doveva i 3 mila chilometri affidati dallo Stato. In una intervista a Repubblica , l’attuale ad Roberto Tomasi ha riconosciuto le mancanze e indirettamente scaricato la colpa su Castellucci, di cui era braccio destro, parlando della necessità di “inserire persone con culture aziendali diverse (...) rendendo più responsabili i vari livelli, rafforzando i controlli e la trasparenza perché le informazioni vanno condivise”. Assolto ad Avellino, Aspi l’ha lasciato al suo posto per altri 6 anni prima di scoprire che serviva “un cambio di cultura man ager ia le ”. A oggi la società non sa ancora spiegare perché è caduto il Morandi.
IL LATO OSCURO MEGA PROFITTI A SCAPITO DELLA MANUTENZIONE E DEI CONTROLLI