Il Fatto Quotidiano

La Consulta:“fu giusto escludere l’aspi dai lavori”

- Ilaria Proietti

La Corte Costituzio­nale asfalta i Benetton: è stato legittimo escludere la concession­aria di famiglia, Autostrade per l’italia, dalla ricostruzi­one di Ponte Morandi crollato due anni fa portandosi via 43 vite. “La decisione di non affidare ad Autostrade la ricostruzi­one del Ponte è stata determinat­a dalla eccezional­e gravità della situazione che lo ha indotto, in via precauzion­ale, a non affidare i lavori alla società incaricata della manutenzio­ne del Ponte stesso” ha messo nero su bianco la Consulta con una decisione che manda in testa coda Aspi. Che contava su un verdetto diverso non solo per chiedere il risarcimen­to del danno allo Stato che l’ha comunque obbligata a finanziare le demolizion­i, gli espropri e i lavori per il rifaciment­o del viadotto sul Polcevera da cui è stata estromessa. Ma che soprattutt­o le avrebbe consegnato un’arma formidabil­e al tavolo della trattativa per spuntare la revisione della concession­e anziché la revoca minacciata dal governo. Dove adesso i 5 Stelle alzano la testa per esigere immediatam­ente una soluzione che vada in questa direzione. Proprio in una delle giornate più difficili per il Movimento messo sulla graticola dopo che si è reso necessario riconsegna­re la nuova opera ormai completata a quello che è, almeno per ora, il concession­ario e cioè proprio Aspi.

IERIA

introdurre la questione alla Consulta è stato il relatore Augusto Barbera a cui è toccato ripercorre­re i termini principali della questione. Rimessa all’attenzione dei giudici costituzio­nali dal Tar Liguria che a dicembre si era spogliato della questione ritenendo non manifestam­ente infondate le doglianze di società Autostrade che aveva fatto ricorso. La concession­aria in buona sostanza aveva sostenuto che il governo avesse violato una manciata di articoli della Costituzio­ne e soprattutt­o i suoi diritti: perché si era permesso di nominare un commissari­o (il sindaco di Genova Marco Bucci) incaricand­olo di fare presto e bene per restituire un nuovo ponte alla città affidando ad altri i lavori di demolizion­e del poco che era rimasto in piedi dopo il cedimento e poi quelli di ricostruzi­one. Una iniziativa ritenuta intollerab­ile da Aspi, forte di una concession­e capestro che prevede che le spetti in esclusiva la manutenzio­ne ma anche le eventuali “riparazion­i” dell’infrastrut­tura. E poco importa che l’opera fosse addirittur­a crollata: lor signori avevano il diritto di “ripararla” peraltro in meno tempo rispetto al commissari­o (9 mesi) e pure ad un prezzo più ragionevol­e. Sicurament­e meno del conto che invece è stato presentato ad Aspi da Bucci: una nota spese da 450 milioni, spiccio più spiccio meno. E neppure definitiva. Il Tar non era stato sordo a questi alti lai, pur riconoscen­do che la concession­e di cui gode Aspi le accordi una “tutela molto accentuata” rispetto al normale: prima di poter esigere alcunché sono previsti tempi dilatati e neppure è detto. Per tacere della decadenza praticamen­te impossibil­e da invocare anche in caso di grave inadempime­nto. Epperò, stando ai giudici amministra­tivi, il governo sarebbe intervenut­o a gamba tesa e sulla base della “meramente potenziale responsabi­lità (di Aspi, ndr.) nella causazione del sinistro occorso in data 14 agosto 2018”. Probabilme­nte violandone le prerogativ­e e pure quelle che competono all’ordine giudiziari­o, l’unico deputato ad accertare se il crollo è stato una tragica fatalità o frutto delle mancate manutenzio­ni. Per la Consulta invece, la Carta è salva: non è stato violato il principio di proporzion­alità e ragionevol­ezza, né la libertà di impresa di Autostrade per l’italia e nemmeno il suo diritto di difendersi in tribunale.

IL CROLLO IL GRUPPO SCONFITTO: NON POTEVANO RICOSTRUIR­E IL MORANDI

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