Bonus nonni Un lavoro gratuito a cui si dà finalmente riconoscimento
GENTILE DIRETTORE, sono un vostro lettore delle prima ora, quando a leggere il Fatto sul treno si veniva fatti oggetto di sorrisini o di sguardi di riprovazione. Scrivo perché non ho notato nelle vostre, pardon, nostre pagine una reazione logica al bonus nonni con retroattività da marzo. Una semplice domanda: ma se nel periodo di lockdown i nonni non potevano essere nemmeno avvicinati dai nipotini, come è possibile ricevere un bonus per averli accuditi? Grazie.
FRANCO LAZZARI
GENTILE LAZZARI, mi sento chiamata in causa perché sono stata io, lo scorso 30 giugno, a rispondere a una lettera sull’estensione del bonus baby sitter anche a nonni, zii e parenti – purché non conviventi – sollevando la questione della possibile illogicità, come la chiama lei, dal momento che il bonus può essere richiesto, anche in maniera retroattiva, per il periodo che va dal 5 marzo al 31 luglio. La misura per aiutare le famiglie nella fase della ripartenza, che concede fino a 1.200 euro, sta continuando a far discutere sia sul piano sociale che su quello economico anche se le motivazioni restano futili. Il bonus ha, infatti, numerosi paletti che ne limitano l’applicazione e non sarà così facile raggirarli. Non si possono richiedere i soldi all’inps se i figli hanno più di 12 anni, se l’altro genitore è a sua volta in congedo Covid, disoccupato o non lavoratore, se percettore al momento della domanda di qualsiasi beneficio di sostegno al reddito, come Naspi, cassa integrazione ordinaria, straordinaria o in deroga, ecc. La domanda va poi fatta tramite il Libretto di famiglia. Solo se rientra in questa casistica, è possibile richiedere il bonus anche per il nonno che sta facendo il baby sitter al nipote. Lavoro che viene così riconosciuto ufficialmente. Tanto che, secondo un report dell’istat, quando entrambi i genitori lavorano, nel 60,4% dei casi i bambini sotto i 2 anni vengono lasciati ai nonni. Si sale al 61,3% quando il piccolo ha tra i 3 e i 5 anni. Intanto i detrattori si chiedono se ha senso remunerare qualcuno per fare qualcosa che già svolge per motivi affettivi e se così si consente di generare del nero. Ribadisco: sono accuse pretestuose per una misura che in un contesto emergenziale ha funzionato bene e che continuerà ad aiutare le famiglie.
PATRIZIA DE RUBERTIS