Nazionalisti e moderati, tutti contro Vucic: la scusa è il virus
Il virus torna a Belgrado e piovono molotov, fumogeni e pietre. Mazze e bastoni sono stati la risposta dei manifestanti contro la decisione governativa di imporre il coprifuoco per l’aumento dei casi di Covid-19, che continua a serpeggiare nei Balcani occidentali, specialmente nel perimetro del presidente Aleksandar Vucic, appena riconfermato alle urne con larga maggioranza. Dopo gli scontri Vucic ha fatto dietrofront sulle misure: oggi ne annuncerà di nuove: su 7 milioni di persone sono 20.000 i contagiati. “Hooligan”. Così ha definito i manifestanti il direttore della polizia Vladimir Rebic, riportando un bilancio di 43 agenti e 17 manifestanti feriti, 23 arrestati. Nella notte di martedì scorso – giorno in cui sono stati conteggiati 13 decessi e 299 nuove infezioni, un record nel Paese, – il Parlamento è stato preso d’assalto mentre il tricolore serbo sventolava tra manganellate e manette. Secondo alcuni media di Belgrado, la polizia ha trascinato via dalla sede istituzionale alcuni personaggi legati alla destra nazionale, cospirazionista e anti-vaccino, come Srdjan Nogo. “Abbiamo un passato bellicoso, la lotta tra moderati e nazionalisti non è mai finita, non si capisce la società serba se non si capisce questo” dice lo storico e giornalista serbo Dejan Sajinovic. “Per i nazionalisti, Vucic si è allontanato troppo dalle sue posizioni radicali iniziali, per i moderati è un dittatore che vuole controllare tutto. Lui tenta di compiacere entrambe le parti ed entrambe vogliono rimuoverlo. Hanno protestato anche perché Vucic ha ignorato la pandemia durante la campagna elettorale e ha preso le misure necessarie solo dopo aver vinto le elezioni lo scorso giugno”. L’europa, che dovrebbe insistere per riforme e media liberi nel Paese, “è spaventata, teme di fare troppa pressione per ottenere il riconoscimento dell’in dipendenza del Kosovo e lasciare spazio a Russia e Cina”. In Serbia, come nel resto del mondo, lo scontento che si palesa non è attribuibile solo al virus: “Cosa siamo noi serbi? Un paradosso: un aspirante membro europeo, un alleato dei russi, ora siamo il miglior amico dei cinesi nei Balcani. È da sempre difficile unire i serbi, ma questa è una questione più grande e precedente a Vucic. Anche le élite hanno fallito con il popolo, per la maggior parte povero, e quelle scene di protesta che vedi sono solo una manifestazione di questa mancata visione nazionale”.