Il Fatto Quotidiano

Una vita da Caimano/3

- Marco Travaglio

Per chi ha dimenticat­o, anzi vuole dimenticar­e, prosegue il nostro viaggio nella galleria degli orrori del berlusconi­smo.

20 01- 2 006. Il 13 maggio 2001 B. stravince le elezioni alla guida della Casa delle Libertà (61 collegi su 61 in Sicilia). Il suo secondo governo durerà cinque anni. Un lungo rosario di leggi ad personam processual­i e aziendali (29, in aggiunta alle 4 del primo governo), controrifo­rme devastanti (dalla scuola all’università, dalla sanità alle grandi opere, sfascio della Costituzio­ne con la “devolution” (poi bocciata nel referendum dagli elettori), condoni fiscali ed edilizi, politiche finanziari­e e sociali scriteriat­e, favori alle mafie, guerra ai magistrati, ai giornalist­i e agli artisti scomodi (l’ “editto” bulgaro contro Biagi, Santoro e Luttazzi, subito radiati dalla Rai), leggi contro la scienza (la n. 40 sulla fecondazio­ne assistita), scontri con l’europa, figuracce internazio­nali come l’insulto “kapò nazista” al vicepresid­ente Ue Martin Schulz, commission­i parlamenta­ri per calunniare con falsi testimoni i leader dell’opposizion­e e perfino il presidente Ciampi (Telekom Serbia e Mitrokhin), dossieragg­i illegali del Sismi e della collegata Security Telecom contro gli avversari, guerre in Afghanista­n e in Iraq, rendition targate Cia come il sequestro a Milano dell’imam Abu Omar, mano libera ai poliziotti violenti (al G8 di Genova nel 2001). Dulcis in fundo, a fine legislatur­a (dicembre 2005): B. cambia la legge elettorale a colpi di maggioranz­a e vara il Porcellum (poi dichiarato incostituz­ionale dalla Consulta), che danneggia l’unione, favoritiss­ima nei sondaggi, e gli garantisce almeno il pareggio.

2006-2008. Il 2006, a tre mesi dal voto, si apre con la pubblicazi­one sul Giornale della telefonata segreta di Fassino a Consorte sulla scalata Unipol-bnl (“Allora siamo padroni di una banca?”), trafugata da un amico di Paolo B., portata in dono a Silvio e approdata sul quotidiano di famiglia. Il 10 aprile l’unione vince di un soffio, mentre B. grida ai brogli. Il Prodi2 si regge al Senato su un pugno di seggi. E non gode dei favori del neopreside­nte Giorgio Napolitano, grande fautore delle larghe intese, né di Walter Veltroni, che terrorizza gli alleati minori col suo Pd autosuffic­iente a “vocazione maggiorita­ria”. B. corrompe subito, con 3 milioni di euro (di cui 2 in nero, cash) il senatore Idv Sergio De Gregorio, che passa da sinistra a destra. Tentativi analoghi compirà con altri senatori di maggioranz­a per rovesciare il governo. Intanto l’unione lo salva un’altra volta dall’ineleggibi­lità (in barba alla legge 361/ 1957 col solito trucco di dichiarare ineleggibi­le Confalonie­ri al posto suo).

Eregala a lui, a Previti e a decine di migliaia di criminali un indulto di 3 anni. Cosi Previti – appena condannato a 7 anni e mezzo per corruzione giudiziari­a e cacciato dal Parlamento – si risparmia pure il fastidio dei domiciliar­i e B. intasca un bonus di impunità triennale da spendere alla prima occasione. Prodi cade il 24 gennaio 2008 per mano del ministro della Giustizia Clemente Mastella, indagato a S. Maria Capua Vetere con la moglie e mezza Udeur, subito arruolato da B. (che lo ricambierà con un seggio al Parlamento europeo).

2008-2013. Il 3 aprile 2008 il Popolo delle Libertà sbaraglia il Pd di Veltroni, che predica il dialogo con B. e non osa neppure nominarlo (“il principale esponente dello schieramen­to avverso”). B. sale per la terza volta a Palazzo Chigi con la sua maggioranz­a più schiaccian­te e un carico di processi da record mondiale. E riparte con le leggi ad personam (altre 8, in aggiunta alle 4 del primo governo e alle 29 del secondo: totale 41), ad aziendam e ad mafiam, l’occupazion­e militare della Rai, i bavagli alla stampa, la guerra alle toghe, i conflitti d’interessi, l’oscurantis­mo bigotto (vedi il decreto, bloccato da Napolitano, per impedire una fine dignitosa a Eluana Englaro), le figuracce mondiali, gli scandali suoi e dei compari, l’illegalità elevata a sistema.

Il 25 aprile 2009 si presenta a Onna, nell’abruzzo terremotat­o, travestito da partigiano, col fazzoletto al collo, per celebrare la sua prima Liberazion­e. Ovazioni da destra a sinistra. Poi sposta a L’aquila il G8 già previsto a La Maddalena con svariati miliardi buttati, e si autocelebr­a coi grandi del mondo, Obama in testa, passeggian­do sulle macerie del sisma. Tutto fa pensare a una legislatur­a trionfale. Ma a fine aprile Veronica Lario denuncia lo scandalo di una ventina di “veline” nelle liste europee di FI (“ciarpame senza pudore”). E si scopre che il premier ha festeggiat­o in quel di Casoria (Napoli) il 18° compleanno di Noemi Letizia, una ragazza che lo chiama “Papi” e lo frequenta da quando aveva 14 anni. Veronica annuncia il divorzio: “Mio marito è malato, non posso stare con un uomo che frequenta minorenni”. A giugno parte un’inchiesta a Bari sulle escort Patrizia D’A ddario&c. portate a Palazzo Grazioli dal pappone Gianpi Tarantini, pagato dal premier. Santoro, rientrato in Rai per ordine del Tribunale di Roma, intervista la D’addario e si occupa della trattativa Stato-mafia: B. ordina in gran segreto alle sue quinte colonne in Rai e Agcom di trovare il modo di “chiudere tutto” ( Annozero e i pochi programmi che ancora lo infastidis­cono).

Nel 2010 il presidente della Camera Gianfranco Fini contesta la legge-bavaglio Alfano contro le intercetta­zioni. E viene subito linciato dagli house organ di B. per un alloggio amontecarl­o acquistato a prezzi di favore dal cognato Giancarlo Tulliani dal patrimonio di An. Fini fonda Futuro e Libertà, che a novembre si associa alle mozioni di sfiducia delle opposizion­i. Ma Napolitano rinvia il voto a dopo la finanziari­a, dando a B. il tempo di reclutare una trentina di deputati di centrosini­stra per rimpiazzar­e i finiani e salvarsi in extremis.

Nel gennaio 2011 la Procura di Milano lo indaga per la prostituzi­one minorile di Karima El Mahrough in arte Ruby e per la concussion­e ai danni di un funzionari­o della Questura, a cui il premier telefonò nel maggio 2010 per far rilasciare la minorenne dopo un fermo per furto, spacciando­la per nipote di Mubarak. Dagli atti escono fiumi di intercetta­zioni a luci rosse con e fra le escort in fila per i “bunga bunga” nella villa di Arcore. Camera e Senato, con 315 e 170 voti di maggioranz­a, si coprono di ridicolo e vergogna sollevando un conflitto di attribuzio­ni fra poteri dello Stato dinanzi alla Consulta contro il Tribunale di Milano, sostenendo che B. agì nell’esercizio delle funzioni di capo del governo per evitare un incidente diplomatic­o con l’egitto di Mubarak, noto “zio” di Ruby. In estate le Borse crollano, lo spread sfonda quota 700, gli speculator­i scommetton­o contro l’italia e il governo, spaccato e inerte, viene commissari­ato via lettera dalla Bce. Nel centrodest­ra è il fuggifuggi generale. L’8 novembre, sul rendiconto dello Stato, il governo va sei voti sotto la quota minima di maggioranz­a. Bossi invita B. a “farsi di lato”, lui pero annuncia che resistera. Ma il crollo in Borsa anche delle aziende di famiglia induce la figlia Marina, Fedele Confalonie­ri ed Ennio Doris a suggerirgl­i di mollare e pensare alla “roba”. Il 12 novembre B. sale al Colle per dimettersi, fra due ali di folla che festeggian­o e lo insultano. E lascia il Quirinale da un’uscita secondaria. Il successore è Mario Monti, a capo di un governissi­mo tecnico sostenuto da tutti i partiti, eccetto la Lega Nord e l’idv. B. sembra finito e forse lo crede anche lui. Infatti il 24 ottobre 2012 annuncia il ritiro e lancia Alfano alle primarie per il nuovo leader Pdl. Che non si terranno mai. Il capo resta B., che cambia idea e si ricandida, stavolta al Senato.

2013. Alle elezioni del 24-25 febbraio il Pdl perde 6,5 milioni di voti. Il Pd, dissanguat­o dalle politiche antisocial­i di Monti, ne lascia per strada 3,5 milioni e arriva primo a pari merito col M5S (passato da zero al 25,5%). Il partito di Bersani incassa il premio di maggioranz­a del Porcellum solo grazie all’alleanza con Sel, ma non ha i numeri per governare. È quel che sperava Napolitano, che rivuole le larghe intese appena bocciate dagli elettori per tagliare fuori i vincitori 5Stelle, anche a costo di ricandidar­si al Quirinale. Il 17 aprile Bersani incontra B. a casa di Enrico Letta per concordare un candidato comune al Colle: Franco Marini. Tutto per sbarrare la strada a Stefano Rodotà sostenuto da M5S e Sel. Ma sia Marini sia Prodi vengono impallinat­i dai franchi tiratori Pd. Cosi il 20 aprile tutto è pronto per la rielezione di Napolitano (primo caso nella storia repubblica­na). Che ringrazia B.: “Silvio ha par

lato da statista”. E il Caimano ricambia cantando a Montecitor­io

“Meno male che Giorgio c’è”. Il Pd gli fa pure scegliere il nuovo premier: Enrico Letta, nipote del fido Gianni. Poi respinge la richiesta del M5S di applicare finalmente la legge 361/1957 e dichiararl­o ineleggibi­le. E resta alleato di B. anche dopo le nuove condanne: in primo grado a 7 anni per prostituzi­one minorile e concussion­e (Ruby); e in appello a 4 anni per frode fiscale (Mediaset). In nove mesi di vita, il governo Letta fa una sola cosa degna di nota: il rinvio di un anno della rata dell’imu per tutti i proprietar­i di prime case, inclusi i ricchissim­i magnati con ville e castelli (primo punto del programma elettorale di B.). Per il resto rimane paralizzat­o dai veti incrociati Pd-pdl.

Il 1° agosto 2013 il Cavaliere è condannato definitiva­mente in Cassazione per frode fiscale sui diritti Mediaset: 4 anni di carcere (di cui 3 coperti da indulto) e 2 di interdizio­ne dai pubblici uffici (che lo rendono ineleggibi­le e lo privano anche del diritto di voto). Lui fa il diavolo a quattro contro i giudici, tenta di ricattare il Quirinale minacciand­o di rovesciare il governo per avere la grazia. Napolitano gliela fa balenare attraverso il ministro dell’interno Alfano, ma solo in cambio delle sue dimissioni da senatore. Che lui ovviamente non dà. Così il 27 novembre viene espulso dal Senato per la legge Severino. Ed esce dalla maggioranz­a, abbandonat­o però dai suoi ministri Alfano, Lorenzin, Lupi, De Girolamo, che fondano il Nuovo Centro Destra per restare imbullonat­i alle poltrone. Stavolta pare davvero finito, ma mai dire mai.

Il pregiudica­to Nipote di Mubarak: l’inchiesta su Ruby, le cene eleganti, Noemi e la D’addario L’arrivo di Monti e il Napolitano bis

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