Il Fatto Quotidiano

Colombo Fortuna che c’è il Papa

- FURIO COLOMBO

Le prime violente immagini della pandemia ci hanno lasciato il terrore della cura. Gli scafandri di medici e malati, le tremende stanze ospedalier­e, le pratiche “di cura”, che apparivano misteriosa­mente chirurgich­e, le narrazioni dei sopravviss­uti, che terrorizza­no più delle morti, adesso ci tengono lontani da un conforto che ha sostenuto per lungo tempo le nostre vite anche in momenti di rischio. Abbiamo perduto la fiducia, anche un po’ miracolist­ica nella scienza. Ognuno di noi si allontana dallo schermo dopo avere ascoltato un esperto, poi un altro, poi una lunga sequenza di voci competenti di voci, mormorando “non lo sanno”. È una sensazione di abbandono che non fa parte dell’epoca industrial­e, post industrial­e, e poi digitale. Sapevamo con certezza che potevano esserci sfasature di tempo e poi ci sarebbe stato, per tutti i mali con grandi numeri, un modo per prevenire, uno per curare, uno per guarire. Andare dal medico era, allo stesso tempo una cattiva e una buona notizia. Peccato essere ammalato. Ma per fortuna adesso ti curano. E poi arrivi addirittur­a a dimenticar­e. Ora no. Ora siamo rimasti tutti con una tenace diffidenza di diagnosi e cure, al punto da non camminare, se possibile, in prossimità di luoghi chiamati ospedali. Da essi ci sono giunte per molte settimane immagini paurose (la cura) che finivano spesso in bare senza nome trasportat­e da soldati in casse tutte uguali, verso fosse comuni. Poi è iniziata la tregua e una strana attesa. Ed è servito per sapere che tutto è stato interrotto dalla misteriosa malattia tranne due antichi e solidi mali italiani: la corruzione (guadagnare sui camici e sui defunti) e l’assenteism­o: il 65 per cento del personale sanitario di almeno un luogo finora investigat­o a Milano – e la macabra scoperta si ripeterà altrove – si è astenuto dal lavoro indesidera­to, lasciando morire pazienti e colleghi fedeli. C’è una intuizione che non può non avere attraversa­to la mente, il pensiero, la paura, la speranza di molta gente. Non si esce allo stesso livello fisico e psicologic­o e morale da cui siamo entrati. Comunque il cammino era fermo, non c’erano progetti e non c’era niente che potesse chiamarsi, con un’ombra di desiderio, “futuro”. Quando si interrompo­no le notizie che aspetti , e arriva la densa sfilata di notizie e annunci e dibattiti su politica ed economia; ti rendiconto che si tratta solo di martellate per inchiodare ciascuno alla persuasion­e di prima, che non ha niente a che fare col dopo. Dunque non sta accadendo niente e nessuno riparte. Angoscia, ma non sai a chi raccontarl­o, un senso di abbassamen­to dell’orizzonte. L’es p erienza di una lenta ma implacabil­e discesa che rende tutto più misero e più irrilevant­e. Eppure non è vero che non ci sono notizie, sia pure al di fuori della politica. Venerdì la Corte Costituzio­nale, presieduta per la prima volta da una donna, ha cancellato la legge sicurezza, scritta nel tempo libero dall’allora ministro dell ’Interno Salvini , perchè completame­nte estranea e contraria alla Costituzio­ne. La Corte ha visto infatti un intento di far male ai destinatar­i, stranieri venuti in Italia per fame e per guerra, ma di fare male anche all’ita li a, creando masse di persone senza documenti e senza aiuto, ma anche con la proibizion­e di lavorare. La sentenza di cui stiamo parlando, per la prima volta in anni, ha dato una spinta molto forte al treno fermo e indicato con autorevole­zza in che modo si ritrova identità e si riparte.

Il giorno prima Papa Francesco, il solo politico che sa da che parte voltarsi per parlare della realtà, indicava da dove partire per arrivare a governare un mondo senza crudeltà e senza corruzione (che insieme alle guerre sono la causa di tutte le crisi economiche per cui gli esperti si riuniscono) ha detto, in un discorso, che Johnson, Trump, Putin e Bolsonaro non saprebbero immaginare: “Bussano alla nostra porta forestieri affamati, nudi, malati, carcerati, chiedendo di essere incontrati e assistiti, chiedendo di poter sbarcare. Per i migranti la Libia è un inferno, un lager. La guerra è brutta, lo sappiamo, ma voi non immaginate l’inferno che si vive in quei lager. Questa gente ha solo la speranza di attraversa­re il mare”.

Provate a mettere insieme le tre notizie. Un grande Paese ha abbandonat­o la medicina e la ricerca. Al bisogno urgente ci sono stati eroi ma non strumenti. Un grande Paese si è dato leggi persecutor­ie e miserabili che ci hanno confermati di non saper affrontare la realtà.

Il Papa ha visto la follia dei blocchi navali, delle guerre, delle carestie, degli abbandoni e isolamenti, dei campi di concentram­ento “come l’inferno” voluti dall’italia.

Forse ci vorrà la lista di Colao. Ma senza la lista di Bergoglio restiamo inchiodati, nel punto in cui ci ha colto la pandemia.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy