Il Fatto Quotidiano

Padellaro La Fase come-vi-pare

- ANTONIO PADELLARO

“SOLTANTO CHI LASCIA IL LABIRINTO PUÒESsere felice, ma soltanto chi è felice può uscirne”.

MICHAEL ENDE, “LO SPECCHIO NELLO SPECCHIO”

LO SCORSO 23 GIUGNO, con apposita disposizio­ne a tutte le compagnie aeree, l’enac ha vietato ai passeggeri l’uso delle cappellier­e, quegli utili vani posti sopra i sedili dove riporre i trolley e le altre borse di piccole dimensioni. “La misura”, recita rigoroso ma giusto il comunicato, “è per evitare assembrame­nti delle persone nel momento in cui devono posizionar­e il proprio bagaglio a bordo dell’aeromobile”. Infatti, chi avesse la disavventu­ra di frequentar­e lo scalo di Fiumicino per motivi (indovinate un po’) di viaggio sarà costretto a file mostruose per raggiunger­e gli sportelli del check-in (pur essendo già provvisto di check-in) onde spedire nella stiva il bagaglio (se eccedente la misura 36 per 45 per 20, praticamen­te la calza della befana). Si posizioner­à accanto ad altri sventurati, che avranno almeno la soddisfazi­one di imbarcare degli armadi a quattro ante. Infatti, in forza della prima legge della termodinam­ica, secondo la quale dei corpi umani in fila (anche soltanto un paio) tendono comunque a premere gli uni sugli altri, per evitare qualche assembrame­nto a bordo se ne creano altri, di massa, in aeroporto, perfetti per la trasmissio­ne di eventuali contagi (coronaviru­s o peste bubbonica). Infatti, stremati, accaldati e incazzati dalle attese, una volta seduti e allacciate le cinture condivider­emo una distanza di circa venti centimetri con il passeggero accanto, che potrà tranquilla­mente starnutirc­i addosso milioni di germi, naturalmen­te protetto dall’indispensa­bile mascherina (che va tenuta comodament­e sulla bocca e sul naso fino ad avvenuta asfissia). È il “Comma 22” del comitato tecnico scientific­o: il modo migliore per evitare gli assembrame­nti è crearne di nuovi.

Capitolo sotto la banca il cliente crepa. Come sanno i comuni mortali, negli istituti di credito si può entrare uno alla volta. Capita quindi che sul marciapied­e, e sotto il saettante sole estivo si creino vasti assembrame­nti, con anziani stramazzat­i sull’asafalto. Del resto, può capitare che proprio nel bar accanto si creino davanti al bancone degli allegri assembrame­nti (e senza mascherina non potendosi altrimenti sorbire il caffè). Del resto, siamo il paese dove negli stadi, rigorosame­nte senza pubblico, i giocatori, dopo ogni segnatura, festeggian­o con veri e propri amplessi, poco profilatti­ci. Siamo il paese dove ci si assembra e senza precauzion­e alcuna nelle strade della movida. E dove nelle spiagge carnaio ci si assembra gli uni sugli altri (tanto, come dice Jair Bolsonaro, tutti dobbiamo morire). Siamo il paese dove il dibattito politico si accende sullo stato d’emergenza che il governo intende prorogare a fine 2020, con politici e giornalist­i dell’opposizion­e che evocano (senza ridere) la dittatura di Pinochet. Siamo il paese della Fase Come Vi Pare. Dove per uscire dal labirinto delle proibizion­i basta non entrarci, direbbe Michael Ende. Perché siamo il paese dove sarebbe bello se il ministro della Salute, Roberto Speranza, con codazzo di esperti, prima di escogitare nuove misure per tormentare inutilment­e il prossimo, si facessero un giretto negli aeroporti, tra le cappellier­e, davanti alle banche, al bar sottocasa, sulla spiaggia di Ostia (ma anche Fregene e Ladispoli vanno bene). Per vedere l’effetto che fa.

Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it

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