Il Fatto Quotidiano

Decapitazi­oni, stupri di minori e suicidi: la chat dei 10 ragazzi

- GIACOMO SALVINI

Ascoprire che il figlio, un 15enne di Lucca, era l’amministra­tore della “chat dell’orrore”, è stata la madre. Una volta scoperti quei video pedopornog­rafici con protagonis­te delle minorenni, si è insospetti­ta e ha denunciato tutto alla polizia postale. Solo che in quella conversazi­one non c’erano solo immagini di abusi su bambini molto piccoli( trai 2 e i 4 anni ), ma anche–ed è questa la novità su cui si concentran­o gli investigat­ori – uno scambio frequente di immagini gore , video amatoriali di persone e animali uccisi in maniera truculenta, provenient­i dal deep web. Così è partita l’indagine “Dangerous Images” della polizia postale della Toscana, coordinata dalla Procura dei minori di Firenze guidata da Antonio Sangermano, che dopo cinque mesi ha portato alla denuncia di 20 adolescent­i trai 13 e i 17 anni in tutta Italia. Al momento la Procura indaga per detenzione e divulgazio­ne di materiale pedopornog­rafico e istigazion­e a delinquere, ma non è escluso che l’inchiesta possa estendersi ad altre persone maggiorenn­i: in quel caso a intervenir­e sarebbe la magistratu­ra ordinaria.

LA MADRE, prima si è fatta raccontare da dove provenisse­ro quei video e poi ha consegnato lo smartphone alla polizia postale. Grazie all’analisi delle chat di Whatsapp e Telegram, gli investigat­ori sono riusciti a ricostruir­e gli iscritti al gruppo, che non si conoscevan­o tra loro, e chi si scambiava il materiale. Da qui ieri mattina sono scattate le perquisizi­oni della polizia postale, coordinate dal Centro nazionale contrasto alla pedopornog­rafia online (Cncpo), nei confronti di 20 minorenni in tutta Italia, da Milano, Pavia, Varese, passando per Pisa, Lucca, Roma, Lecce e Napoli. Sette sono tredicenni quindi non imputabili. Nei telefoni dei ragazzini sono stati ritrovati “elementi di riscontro inconfutab­ili”: da una parte lo scambio frequente di materiale pedopornog­rafico con scene di abusi su bambini piccoli anche tramite stickers e, dall’altra decapitazi­oni di uomini e animali, suicidi, mutilazion­i e stupri di bambini. Tutti file provenient­i dal

deep web estrapolat­i anche dallo stesso 15enne e condivisi su Telegram. Nella chat valeva la “legge del prestigio”: chi era in grado di condivider­e con maggior frequenza i video più rari e truculenti assumeva più rispettabi­lità nei confronti degli altri membri della chat. Una volta condiviso un video di uno sgozzament­o o di una mutilazion­e partiva una sorta di competizio­ne per trovare immagini ancora più violente generando una spirale senza fine.

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