Camici di famiglia: attesa la deposizione dell’ex dg
“Il contributo di ciascuno è prezioso”. Così scriveva a marzo l’assessore lombardo all’ambiente Raffaele Cattaneo alle aziende a cui chiedeva Dpi. Era lui, infatti, l’addetto di Fontana a fare incetta di mascherine, tute e, soprattutto, camici. Perché proprio lui non è mai stato chiarito. Di sicuro, però, fu Cattaneo – ciellino di ferro – a “segnalare” ad Aria la società del cognato e della moglie di Fontana. Cattaneo è stato fra i primi ad essere sentito dai magistrati che indagano sull’affidamento da 513 mila euro trasformato poi in donazione, per turbata libertà nella scelta del contraente.
“Consideriamo la gravità del momento, avevamo il dovere di provvedere – ha dichiarato ieri l’assessore – Mi sono impegnato a individuare le imprese e di fornire prodotti di qualità. Questo è un valore pubblico”.
FRASI che generano più domande che certezze: se il momento era tanto grave, perché Aria non ha chiesto a Dama di completare la fornitura di tutti i 75 mila camici? Invece, come rivelato giorni fa dal Fatto , nella mail del 20 maggio 2020 alla controllata regionale, l’ad Dini, oltre a trasformare l’a ffi damento in donazione, aggiungeva che non avrebbe consegnato più nulla (“Consideriamo conclusa la nostra fornitura”, si legge). Una sospensione unilaterale a quota 49.353 camici, cioè quanto fornito fino a quella data. Ne mancavano oltre 25mila, per circa 153 mila euro.
Inoltre, Cattaneo, varesino, poteva forse ignorare chi fossero i proprietari della Dama, società che controlla il noto e storico marchio Paul & Shark? Un interrogativo che assume importanza capitale alla luce dell’omessa firma da parte di Dama del “Patto di integrità” richiesto a tutti i fornitori di Regione per scongiurare possibili conflitti di interesse.
Quesiti ai quali stanno tentando di dare una risposta i pm Luigi Furno, Paolo Filippini e Carlo Scalas, con l’ag giunto Maurizio Romanelli. Dalla lettura delle carte una cosa sembra certa: che quel contratto a Dama non fosse una grande idea lo sapevano tutti. I documenti lascerebbero anche pochi dubbi sul fatto che l’affidamento diretto sia stato tramutato in donazione solo per neutralizzare Report.
CATTANEO L’ASSESSORE IERI: “MI IMPEGNAI PER DPI DI QUALITÀ”
Non solo, le carte dimostrerebbero anche come Dini avrebbe tentato di rivendere i 25 mila camici “avanzati” a terzi. A prezzi maggiorati. Al momento sono indagati Filippo Bongiovanni, dimessosi da dg di Aria e Dini. Ma non è escluso che la lista possa allungarsi. Altro punto che i pm vogliono chiarire è se Fontana, non indagato, abbia avuto un “ruolo attivo”. Ci sarebbero elementi che lo farebbero ipotizzare, sebbene lui abbia sempre dichiarato di non aver saputo nulla.
MOLTO ATTESA è la deposizione di Bongiovanni, l’uomo che ha gestito gran parte degli affidamenti diretti nel periodo di crisi. Un universo di contratti – 343 solo tra febbraio e giugno - che ha toccato la cifra di 275.906.020 euro, come si legge nel “Rendiconto generale di Aria” che il Fatto ha visionato in esclusiva. Da quel resoconto un dato salta agli occhi: in 5 mesi il Pirellone compra 24.129.181 camici, per 108.431.390 euro. Il costo medio di ogni camice è quindi 4,49 euro. Molto meno dei 6 euro concessi a Dama.