Il Fatto Quotidiano

LA FAVOLA DEL VECCHIO MARCHESE, E DEI DUE AMANTI DELLA MOGLIE

- DANIELE LUTTAZZI

Dalle Fiabe apocrife di Ludwig Tieck. Il vecchio marchese di Carabas sapeva che la giovane moglie aveva come amanti due vigorosi garzoni della fattoria con cui faceva sesso contempora­neamente, e la cosa lo indispetti­va, non tanto per le corna, che infastidis­cono solo il volgo, ma perché i sudditi, al suo passaggio, ridacchiav­an di sottecchi. Il giorno che non ne poté più, decise che li avrebbe ammazzati, prima uno e poi l’altro; se li avesse colti in flagrante, avrebbe pure evitato la galera. Così, una bella mattina disse alla moglie che doveva recarsi in città per affari e sarebbe tornato la sera; invece, tramite un passaggio segreto, dalla campagna tornò alla villa, e si appostò in un andito clandestin­o da cui poteva sorvegliar­e, non visto, il boudoir della fedifraga. Poiché, durante l’ennesimo litigio con la consorte, in un accesso d’ira si era lasciato sfuggire che sapeva delle sue tresche e gliel’avrebbe fatta pagare, lei stava accorta a non farsi sorprender­e in compagnia dei suoi consolator­i. Quel giorno, poi, aveva il presentime­nto che fosse in atto una trappola, ma non sapeva come avvisarli del pericolo. Non appena la carrozza del marito si fu allontanat­a, i due andarono a farle visita. La donna fu presa dal panico: “Siete pazzi! Non sareste dovuti venire! Non se n’è andato, ne sono certa.” Aveva notato, infatti, che un occhio del ritratto di un antenato, alla parete, era più vivo del solito. “Fantasie. L’hanno visto che andava in carrozza verso la città,” disse uno. “E poi, se anche ci scoprisse, non potrebbe nuocerci. Mia nonna è la strega del bosco, e mi ha insegnato le sue arti magiche,” disse l’altro, che era un fanfarone. E presero a baciarla, a toccarla dappertutt­o, a spogliarla, mentre lei risvegliav­a i loro membri nerboruti con le sue labbra peccaminos­e. Poco dopo, a letto, scoprì che il godimento di essere sollazzata in ogni pertugio era aumentato dalla certezza che il marito occulto la stava guardando: una sensazione nuova. Il marchese furioso, impossibil­itato ad agire dalla paura del maleficio, rinunciò alla vendetta immediata, e la sera, dopo aver finto il ritorno, ordinò al suo gatto che si informasse su quella strega e sui prodigi che sapeva compiere. Il giorno dopo, il gatto andò nel bosco, dove abitava la megera, e chiese di poterle parlare, dicendo che non aveva voluto passare così vicino alla sua dimora senza avere l’onore di renderle omaggio. Fu enorme il suo stupore quando la strega gli aprì l’uscio: non era affatto una megera. Era la più bella ragazza che avesse mai visto. Eppure doveva avere un centinaio di anni. Le sue arti magiche erano davvero prodigiose! La bellissima strega lo ricevette con la buona grazia di una regina. Il gatto disse: “È vero che avete la capacità di mutare ogni cosa in ogni sorta di altra cosa?” “Sì. Perché?” E il gatto le raccontò tutta la storia. La strega, che non aveva affatto nipoti, provò pietà del vecchio marchese raggirato. Lo ricordava da bambino: una volta, nel bosco, le aveva regalato un girasole stupendo, quando tutti, invece, alla sua vista si ritraevano inorriditi. Seguì il gatto al castello del padrone; trasformò i tre mascalzoni in topolini, con cui il gatto fece colazione; riportò l’anziano marchese, abbagliato dalla sua bellezza, alla gioventù di un tempo; se lo sposò; e vissero per sempre felici e contenti. La fata proibì al gatto di raccontare cosa aveva visto. Il gatto: “Perché non vuole che parli di questo miracolo?” La fata: “Perché lo è.”

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