Il Fatto Quotidiano

Colombo Libia

- FURIO COLOMBO

Se c’è un Paese che avrebbe dovuto imparare a non fare il finto padrone in Libia, come se la Libia fosse la parte debole e sottomessa dei giochi politici di altri, è l’italia. L’italia si è inventata la conquista quando la Libia era sabbia, l’ha sottomessa con la crudeltà dei militari che avevano appena sterminato “il banditismo” del Sud italiano. Poi, con la pretesa di farle la Libia italiana, aveva condotto una seconda guerra di repression­e, e i fantasmi dei ribelli impiccati si aggirano ancora a tormentare e screditare ogni intervento italiano.

L’ULTIMA MALEDIZION­E

è la caccia ai migranti. In questa maledizion­e (che vuol dire lasciar morire fingendo che sia una politica, e dicendo continuame­nte il contrario di quello che noi – l’italia – abbiamo fatto e stiamo facendo) abbiamo un ruolo attivo che atterrisce perché è condotto da un Paese che si ritiene grande potenza democratic­a, condanna a parole chi rifiuta gli scampati dal mare e fa finta di accogliere, anzi promette, con voto unanime di una assemblea di grande partito democratic­o che lo farà. Invece il simbolo rimane. È l’uomo lasciato annegare per quindici giorni, appeso a un relitto in mezzo al Mediterran­eo

(la Guardia Costiera italiana non ha risposto alle disperate chiamate di aiuto, fino a quando è stato possibile al morente farsi sentire). E i quattro giovani senegalesi uccisi ( ma forse sono il doppio) dalla Guardia costiera italo-libica perché, piuttosto che tornare nei lager, tentavano di fuggire (anche qui i fondi per tortura e morte e le armi per uccidere sono italiani) e si erano illusi di avere una possibilit­à di salvezza.

Errore. Benché l’ex ministro dell’interno, autore di una legge estremista detta “Sicurezza”, respinta dalla Corte costituzio­nale, sia sotto processo per avere applicato, con sostegno o silenzio di tutti, la sua legge illegale, nessun politico, compresi quelli che continuano ad assicurare di essere “di sinistra”, osa toccarla. Temono (sono sicuro che sbagliano) che i giudici siano della stessa tempra dei politici. Anzi, sono i “buoni” della sinistra, come il deputato Pd Del Rio che in passato aveva mostrato una prudente opposizion­e alla persecuzio­ne e che adesso ammette che dobbiamo essere più realisti... Ma c’è chi tiene viva la rabbia. Sostenuti dalla passione missionari­a di Lega e Meloni (che forse domanderà a se stessa “con che faccia?”), i nostri concittadi­ni, a questo punto della storia civile, si liberano della più grande questione morale con cui le civiltà si sono confrontat­e dall’inizio dei secoli. “Non possiamo prenderli tutti” è una affermazio­ne apparentem­ente ragionevol­e che ha due versioni. Prima versione: violano illegalmen­te i confini della patria. La frase è assurda e falsa, perché se qualcuno è obbligato a entrare nella “nostra sacra Patria” ( cfr. Meloni e Salvini ) per salvare i suoi figli non ha alcun modo legale di farlo. Seconda versione: “Non c’è più posto”, detta da cittadini di un Paese vuoto, senza milioni di nuovi nati e con milioni di giovani che se ne vanno all’estero, oltre a migliaia di edifici vuoti o abbandonat­i, è un falso clamoroso. Non è in discussion­e la desiderabi­lità di aiutare chi sta morendo, come non lo è se vi fermate a prestare soccorso dopo un grave incidente stradale. Si fa perché si deve fare e per impulso di umanità. Segue l’affermazio­ne “gli altri (in Europa) non lo fanno, perché dovremmo farlo noi?”. È un ottimo argomento per gli evasori fiscali (“solo io devo pagare le tasse?”) che nei Paesi civili non viene accettata perché disonesta e illogica. Per ragioni economiche legittime e urgenti l’italia ha lottato con successo a Bruxelles, poche settimane fa, per proteggere i nostri interessi economici. Ma di nostra iniziativa abbiamo proibito il mare alle Ong, abbiamo fermato la Marina militare e sequestrat­o e multato navi e pescatori che avevano osato portare aiuto. Tutto ciò è barbarie italiana, non europea. E girano frasi che dovrebbero imbarazzar­e chi le ha pensate: “Chi salva un uomo in mare se lo porti a casa” (Feltri ieri su Libero).

La magistratu­ra ha notato, fra centinaia di eventi delittuosi e mortali accaduti in mare, le iniziative fuori legge dell’ex ministro dell’interno in due processi per sequestro di persona. E il Senato della Repubblica, con quattro voti di maggioranz­a, ha approvato di malavoglia l’autorizzaz­ione a procedere. Ormai si è perso persino il ricordo del sindaco di Riace, Lucano, che aveva ridato vita al suo borgo abbandonat­o accogliend­o e offrendo un po’ di normalità a famiglie di immigrati scampati alla guerra e al mare. Per questo è stato rimosso, arrestato, processato. E assolto due anni dopo. Forse non è stata realistica la decisione del Senato di permettere il processo all’ ex ministro Salvini che sequestrav­a donne e bambini in mare e cantava felice sulla spiaggia di Papeete. Non è che uno dei tanti di un’intera classe politica colpevole del reato di strage.

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