Il Fatto Quotidiano

“In lockdown mia moglie fortunata: ho cucinato io...”

Antonino Cannavacci­uolo Ai fornelli dai 13 anni Ora ha aziende, programmi tv e un nuovo libro

- » Alessandro Ferrucci @A_ferrucci

Se c’è uno in missione per conto di Dio (John Beluschi dixit) basta incrociare lo sguardo e i concetti di Antonino Cannavacci­uolo. Quando parla spadella certezze, sue o mutuate da altri, con una calma e una sicurezza da non renderle mai scotte, mai invadenti, ma sostanzios­e; se poi qualcosa nella domanda non gli torna, muta leggerment­e l’inclinazio­ne della voce, come ad aggiustare di sale una pietanza, e raddrizza la questione per servire in tavola ciò che ha in mente. Lui sa cosa ha in mente. E non ci è arrivato con il tempo, ci è quasi nato: “Da quando ho 13 anni ho iniziato a vivere il clima di una cucina profession­ale”; da allora ha aperto nove aziende (“do da lavorare a oltre 200 persone”), condotto programmi televisivi tanto da diventare una star di Sky e Discovery (“però resto sempre ai fornelli”) e scritto una lunga serie di libri di ricette per Einaudi, ultimo è Il meglio di Antonino, un best of con 127 rivelazion­i culinarie.

È talmente impegnato da rendere un’impresa, decisament­e ardua, e rimandata più volte, la possibilit­à di parlarci.

Come sta?

Un massacro, sono coinvolto in sei cose contempora­neamente, tra ristorante e registrazi­one delle puntate dell’accademia (il programma in cui lui seleziona chef da inserire nella sua struttura principale).

Quando finisce?

Mai! Primo, perché mi piace; secondo, perché così ho la possibilit­à di creare posti di lavoro; e poi ne l’accademia si cucina veramente.

Non come a Ma s t e rChef...

Lì è un’altra cosa, è più show.

Insomma, un altro libro.

Si vendono, e nella vita si produce quando si vende. Poi chi affronta le mie ricette dice che i risultati ci sono. I piatti escono come descritti. Le preparazio­ni non sono semplici.

Ma uno deve tentare più volte; forse non è chiaro, ma le ricette vanno provate e riprovate, non escono al volo; quando non cucino un piatto per un anno, sono costretto a riprendere la mano.

Come uno sportivo.

È così: la cucina prevede anche una serie di ingredient­i mentali, di automatism­i da ritrovare, e ogni volta vanno calibrati gli strumenti.

Cioè?

Non tutti i forni sono uguali, ognuno ha la sua tempistica. Qualcuno l’accusa di pensare più alla tv che alla cucina.

( Qui cambia tono). Sono sempre presente nel mio ristorante, giro solo nei giorni di pausa, non mollo niente.

Quante ore dorme?

Mi alzo alle sei e mezzo e vado a letto alle due di notte.

Ci vuole forza.

Soprattutt­o allenament­o e consapevol­ezza: non bevo mai alcol, perché non posso, e a pranzo mangio pochissimo, altrimenti mi appesantis­co e arriva il sonno.

E da ragazzo? Sempre stato così, anche a 13 o 14 anni, quando ho iniziato a costruire il mio presente, e ho capito che la mia famiglia era la brigata.

Suo padre è chef.

Nella mia infanzia l’ho visto pochissimo, sono cresciuto senza di lui. Però ci ha lavorato. Solo per due stagioni, e ha provato in ogni modo a impedirmi di seguire la sua strada. In ogni modo. Ma ha peggiorato la situazione.

Addirittur­a. Pur di scoraggiar­mi non mi ha parlato per lunghi periodi, poi mi ha mandato a lavorare nella cucina di uno grande chef, suo amico, persona durissima, e a lui ha chiesto di picchiare duro. Alla faccia della raccomanda­zione...

Ha fatto bene, però mi ha dato una lezione di vita che non intendo replicare con mio figlio.

Sua moglie sarà d’accordo.

Lei ha fatto Bingo.

A conoscerla?

L’amore passa, la fame no.

Esplicitia­mo.

Ma quale donna, durante il lockdown, ha avuto un Antonino Cannavacci­ulo a disposizio­ne e per tutti i giorni?

Spadellava.

Sempre, e sottolineo sempre, uno chef perennemen­te a disposizio­ne.

‘‘

Un mio vizio? A casa sostengono che sono troppo preciso, un ‘cagacazzi’

Torniamo al lei ragazzo: altre passioni?

In realtà solo la cucina.

Lo stadio?

Qualche volta d’invern o, perché da giugno a ottobre lavoravo; ( ci pensa) però oggi sono qui, e sono ancora giovane, quindi ho la testa e la forza di godermi tutto questo successo, e di trasmetter­lo.

Che consigli dà?

Inizio dalla divisa: deve essere ordinata, pulita, diventa il tuo biglietto da visita; ( cam

bia tono) chi non vive una cucina non se ne può rendere pienamente conto, ma i collaborat­ori diventano una parte fondamenta­le, sono persone che lavorano con e per te, ai quali non devi mai far mancare la tua presenza.

E non è semplice resistere.

Non tutti i ragazzi ci riescono, alcuni dopo uno o due mesi capiscono il sacrificio e lasciano; ( guarda un colla

boratore ) però almeno sette dei miei allievi, una volta usciti dal mio ristorante, hanno aperto il loro e conquistat­o una Stella Michelin.

Il suo collega Barbieri ha dichiarato al Fatto : “Se mi tolgono una Stella finisco dallo psicologo”. ( Stupito, non polemico) Ma lui non ha Stelle.

Così ha detto.

Le Stelle sono assegnate al ristorante, se l’esercizio chiude, si perde tutto. E lui ora non ha ristoranti stellati; comunque non ci ho mai pensato.

A cosa?

All ’ ipotesi “re trocession­e”: lavoro bene, quindi non mi preoccupo, non mi pongo tali problemi.

Qual è l’articolo 1 della Costituzio­ne di Cannavacci­uolo?

La serietà.

Il secondo?

La curiosità.

Lo chef Fulvio Pierangeli­ni ha criticato questa ossessione televisiva per la perfe

zione in cucina.

Alt, lui è un artista, insieme a Vissani è un reale mostro di bravura: quando in Italia andava di moda l’abbuffata, sono riusciti a ribaltare la situazione, a tracciare un percorso.

Quindi?

Se hai la mano e l’esperienza, puoi anche cucinare a mano libera, ma se sei un ragazzo, se non sei un genio, allora devi ragionare sui grandi numeri e garantire uno standard.

Lei che parla di abbuffata.

( Ride) Ecco, la sapevo.

Cosa?

Ora mi chiederà del mio peso.

Forse.

Sono arrivato a 155 chili, e questo è noto, adesso ho raggiunto i 127 e senza dieta. Lo sottolinei.

Perché ci tiene?

Sono tre anni che uso il

tapis roulant, mi dà forza e autostima, scarico i pensieri e acquisto adrenalina; poi cammino anche per 12 chilometri e ho mutato le abitudini alimentari, ho tagliato i fuori- pasto. Ma niente diete: non mi convincono, sono solo palliativi di un attimo.

Come andava a scuola?

Mai stato un secchione, mi bastava la sufficienz­a. E poi allora ero

un bel ragazzo: le donne mi davano una mano con i compiti.

Un leader.

All’alberghier­o comanda chi è più bravo, come in palestra spicca chi solleva 200 chili. Io ero il migliore in cucina.

E oggi è una star.

Non mi piace questa definizion­e.

Come mai?

Il mio sogno è creare tanti posti di lavoro, dare una risposta concreta ai miei ragazzi: se non riesco a costruire ciò che ho in testa, allora ho fallito.

A che punto è?

Ho aperto nove aziende, e non ho finito.

La star degli chef, Gordon Ramsey, dopo il loc

kdownha licenziato molti dipendenti.

Ognuno guarda al proprio cassetto; ( resta per la prima volta zitto un paio di secondi) non mi comportere­i mai come lui, mi massacrere­i per trovare una soluzione.

La tv rischia di montare la testa dei ragazzi che si approccian­o alla cucina?

Un po’ sì, non capiscono che i fornelli profession­ali non sono solo quelli di casa, dove la

comfort zone ti permette di sbagliare: è come un ragazzo bravo a giocare a pallone nel cortile che crede di potersi permettere certe evoluzioni pure a San Siro...

Arriva il “però”.

Molti non si soffermano su cosa abbia significat­o portare il mondo enogastron­omico in tv, e non capiscono che ora i consumator­i hanno imparato l’importanza delle etichette sui prodotti, si interessan­o della provenienz­a, della stagionali­tà, magari si evitano le ciliegie a dicembre.

Un altro chef, Niko Romito, sostiene che nei programmi di cucina tutto appare semplice.

Nessuno di noi ha mai sostenuto fosse facile. Anzi. Ma

negli mondo ultimi della sette-otto ristorazio­ne anni è e- il sploso, Barbieri e per sente me è invidia Bingo. inSpero torno anche a lui. verso di me: gli incassi Chef vanno Locatelli bene. ha rivelato di aver assaggiato di tutto.

Io non assaggio niente. Io mangio.

Cosa ha mangiato?

In Italia abbiamo prodotti come le lumache, le rane e l’anguilla che all’estero potrebbero suscitare qualche perplessit­à e invece sono integranti della nostra cultura, e non sono più belle o più buone delle cavallette.

Questione di cultura.

Esatto, e il mio “no” non parte mai dal “che schifo”, ma solo se fa stare bene o male.

Giudizio sui suoi colleghi televisivi: Locatelli.

Mi manca quando sta a Londra, lo vorrei sempre con me.

Bottura.

Mi chiama “zi o ”; lui sta creando qualcosa di importante, è in cima al mondo, e chi lo critica non ha capito nulla.

Alessandro Borghese.

Ha un carattere strepitoso, ed è stato bravo a costruire il suo percorso.

Secondo Vissani le donne non possono diventare chef.

Non può averlo detto, stava scherzando.

No, è così.

Ma se la sorella è da anni in cucina e gli porta avanti il ristorante; comunque ci sono e pure brave. Le prime “tre Stelle” italiane sono state assegnate proprio a donne; ( ci

pensa) la differenza è che dopo il servizio gli uomini vanno a dormire, loro devono pensare anche ad altro.

Un suo vizio.

A casa sostengono che sono troppo preciso.

Scaramanzi­a.

La mattina quando esco guardo sempre il cielo.

Chi è lei?

Un cagacazzi; ( breve pausa) è finita?

Cosa?

L’intervista.

Sì, perché?

Mi ha tolto un litro e mezzo di sangue...

‘‘ Io non assaggio niente: io mangio. Anche rane, lumache e anguille

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FOTO LAPRESSE Spadelland­o Antonino Cannavacci­uolo. Sopra, con il collega Bruno Barbieri in television­e a “Masterchef ”
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I giurati dell’edizione del 2017: Cannavacci­uolo, Klugmann, Barbieri e Bastianich
FOTO ANSA Masterchef I giurati dell’edizione del 2017: Cannavacci­uolo, Klugmann, Barbieri e Bastianich

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