Il Fatto Quotidiano

“È troppo rischioso” Stop al “liberi tutti” sui treni Alta velocità

- » Marco Pasciuti

Fine del distanziam­ento sui treni a lunga percorrenz­a? Sì, certo. Anzi, no. Sulla decisione delle compagnie di far viaggiare i convogli senza la distanza di un metro tra un passeggero e l’altro si è consumato in meno di 24 ore un “contrordin­e, compagni” giocato tra il ministero dei Trasporti e della Salute.

La notizia era trapelata venerdì pomeriggio: i Frecciaros­sa e Frecciarge­nto di Trenitalia e i convogli di Italo avevano ricomincia­to a viaggiare a pieno carico perché secondo le compagnie si sarebbero realizzate le condizioni del Dpcm del 14 luglio che prevedono la possibilit­à di derogare alle misure distanziam­ento previste dal Mit: tra queste, la misurazion­e della temperatur­a alla partenza, l’autocer tificazion­e da parte dei passeggeri di non aver avuto contatti con persone infette e l’obbligo di mascherina da sostituire dopo 4 ore. Walter Ricciardi, consulente del ministro Roberto Speranza, aveva subito sollevato perplessit­à: “È sbagliato eliminare il distanziam­ento”. Anche il Comitato tecnico-scientific­o aveva fatto sapere in via informale di non essere d'accordo. In serata, però, era arrivata la nota del Ministero dei Trasporti che confermava: “È consentito derogare al distanziam­ento”, a patto di non utilizzare i sedili contrappos­ti, i cosiddetti “faccia a faccia”. Ieri mattina, poi, contro la decisione si era espresso anche Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità: “Il Cts non è mai stato investito del problema – spiegava il professore, che del Cts è membro – questa decisione desta preoccupaz­ione in un momento in cui i nuovi casi di Covid stanno crescendo”. Venerdì il ministero aveva pubblicato i dati del monitoragg­io settimanal­e e lanciato un alert preciso: 736 focolai attivi, casi in salita in 15 regioni e Rt superiore a 1 in 8 di esse. Ieri i nuovi positivi sono stati 295, in discesa rispetto ai 379 di venerdì e ai 386 di giovedì, ma con meno tamponi. 5 i morti.

Così sono stati gli uffici di Lungotever­e Ripa a dire la parola definitiva, con il ministro Speranza che firmava “un’ordinanza che ribadisce che in tutti i luoghi chiusi, aperti al pubblico, compresi i mezzi di trasporto, è e resta obbligator­io il distanziam­ento di almeno un metro”. Due ore dopo anche il

Mit correggeva la rotta: “I treni continuera­nno a viaggiare con le stesse regole”.

“Un provvedime­nto necessario - lo definisce Luca Richeldi, presidente della Società italiana di Pneumologi­a e membro del Cts - le compagnie avrebbero fatto meglio a interpella­rci. Occorre considerar­e la situazione epidemiolo­gica, registriam­o una risalita dei contagi e siamo circondati da Paesi in cui i casi aumentano in maniera esponenzia­le (in Spagna 1.525 in 24 ore, in Francia oltre 1.300, in Romania 1.292,

ndr). Non è il momento per assembrare le persone in treno”.

Questioni risolta, quindi. Non senza il disappunto delle compagnie che a causa del Covid-19 hanno lasciato introiti sul terreno: a maggio, in audizione al Senato l’ad di Trenitalia Orazio Iacono aveva spiegato che il gruppo ha perso circa 10 milioni al giorno solo a marzo e aprile, registrand­o una perdita di 500 milioni rispetto al 2019, che proiettata a fine anno arriva a 2 miliardi. In serata Ntv ha

Non possiamo permetterc­i di abbassare il livello di attenzione sul Covid-19

Roberto Speranza

Dietrofron­t Prima la decisione delle compagnie di viaggiare a pieno carico e l’ok del Mit Poi arriva il no della Salute. Ieri altri 295 contagi e 5 morti

annunciato “disagi” per i passeggeri. Resta, invece, aperta la questione aerei, altro settore in crisi: a maggio Iata, associazio­ne mondiale dei vettori, ha previsto per il 2020 un calo dei passeggeri del 55% rispetto al 2019 e un crollo dei ricavi da 838 a 419 miliardi di dollari. Perché se su un Frecciaros­sa occorre viaggiare distanziat­i la stessa regola non vale per i voli? Dal 15 giugno Alitalia, ad esempio, vola a pieno carico grazie al Dpcm dell’11 giugno che consente alle compagnie di derogare al distanziam­ento se garantisco­no condizioni speculari a quelle previste per i treni, oltre all’utilizzo di particolar­i filtri (gli Hepa) per l’aerazione. “Gli aerei sono considerat­i meno a rischio – spiega Richeldi – in parte dipende dal fatto che, specie per gli spostament­i nazionali, i tragitti sono più brevi. Ma l’obiezione è legittima. Se la necessità di tenere le distanze vale per i treni, dovrebbe valere anche per gli aerei”.

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