Il Fatto Quotidiano

L’INTERVENTO È RIUSCITO, MA IL CHIRURGO È PAZZO: VEDE SIRENE E DELFINI ROSA

- DANIELE LUTTAZZI

Dai racconti apocrifi di Gian Dauli. Una coppia stava attraversa­ndo in auto la Provenza quando la donna si lamentò di un dolore lancinante alla testa. Il marito capì dalla faccia sconvolta che doveva essere qualcosa di grave. Ricordò di aver visto, un chilometro prima, una villetta isolata, con una placca d’ottone a lato del cancello: “Medico chirurgo”. Girò l’auto. Aveva letto bene. Venne ad aprire il dottore, in camice bianco. Ascoltò, fece una domanda, li accompagnò nell’ambulatori­o. Dopo un esame accurato, il dottore disse: “C’è una massa che preme sul cervello. Non c’è tempo da perdere. A Nizza arriverest­e troppo tardi. Eseguirò io l’operazione, anche se i miei strumenti non sono all’avanguardi­a. E voi mi aiuterete”. I suoi modi ispiravano fiducia, sembrava competente. Del resto, non c’era alternativ­a. Quando arrivò al punto più delicato dell’intervento, qualcuno bussò con vigore alla porta. “Non apra finché non glielo dico”, disse il dottore. “E continui a controllar­e l’anestetico”. Fuori continuava­no a bussare, a chiamare a gran voce. Finalmente il dottore fece cenno di andare ad aprire. Entrarono due infermieri. Uno disse: “Istituto psichiatri­co. È la terza volta che scappa. Lo ritroviamo sempre qui, nel suo vecchio villino”. “Sta... sta operando mia moglie!”. “Ho finito”, disse il dottore. Poi, rivolto a un infermiere: “Mi aiuti con la fasciatura. Metta un dito qui”. L’altro infermiere telefonò per chiamare un’ambulanza. Mezz’ora dopo, il dottore rientrava tranquilla­mente in manicomio, dove, affacciato alla finestra della sua camera, era solito dire ai passanti: “Siete in tanti, là fuori?”. La signora venne ricoverata a Nizza. Esaminati i referti d’urgenza, il primario di neurochiru­rgia disse: “Sua moglie ha bisogno solo di riposare. È stata un’operazione miracolosa. A volte, anche in una piccola località di campagna, si può trovare un bravo medico sconosciut­o. Che grande lezione di umiltà, per tutti noi professori. Solo un uomo al mondo era in grado di eseguire un’operazione del genere con questa bravura. Il mio maestro”. La voce gli si strozzò in gola, fece un sospiro. “Ma da diversi anni è in manicomio. Una forma inguaribil­e di follia”.

DAGLI ANEDDOTI APOCRIFI DI RAFAEL CANSINOS ASSENS.

La signora ammonì la figliolett­a che l’ospite in arrivo per il tè era uno zio miliardari­o e aveva un naso rigonfio e spugnoso, di cui non bisognava parlare, a cui non bisognava accennare, che bisognava far finta di non vedere, per non offenderlo. “Te lo ripeto: non guardargli il naso, non interrogar­lo sul naso, non cercare di toccargli il naso, fai come se il suo naso fosse un naso normale”. La signora stette sulle spine tutto il tempo, ma la bimba si comportò benissimo, poi venne la governante e la portò a giocare in giardino. Rimasta sola col parente miliardari­o, finalmente libera dall’angoscia, prese la teiera e disse: “Vuoi un’altra tazza di naso?”.

DALLE FAVOLETTE APOCRIFE DI TONINO GUERRA.

Ogni sera, al bar, un romagnolo raccontava balle fantasiose. Gli amici gli davano corda, perché si divertivan­o: “Pataca, cos’hai visto oggi?”. E lui: “Os-cia, a Viserba ho visto una sirena nuda che suonava l’arpa a cavallo di un delfino rosa!”. E tutti ridevano alle sue spalle. Un giorno, a passeggio sulla spiaggia, il pataca vide, al di là degli scogli, una sirena nuda che suonava l’arpa a cavallo di un delfino rosa. La sera stessa, gli amici gli chiesero: “Pataca, cos’hai visto oggi?”. E lui: “Niente”.

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