Il Fatto Quotidiano

PER LA NUOVA “REPUBBLICA” I NERI USA RIBELLI SONO L’ISIS

- Gad Lerner

Me ne infischio se qualche zoticone mi accuserà di fare il censore o il sacerdote del “p ol it ic am en te corretto”.

Trasecolo ugualmente imbattendo­mi sulla prima pagina di Repubblica , con seguito nel suo paginone culturale, di un testo che in altri tempi su quel giornale mai sarebbe stato pubblicato senza prenderne le dovute distanze; magari tra i commenti e sottoposto a contraddit­torio. Il titolo suona vagamente spengleria­no, sulla scia del tramonto dell’occidente: “Dalla mia finestra osservo New York cancellare la Storia”.

A cancellare, niente meno, la storia americana sarebbe il movimento di protesta antirazzis­ta Black lives matter. E la finestra da cui viene osservato cotanto scempio è quella del designer Gaetano Pesce, autore delle “riflession­i d’artista” che seguono.

Pesce manifesta ribrezzo nei confronti della“prepotente protesta di certa minoranza afroameric­ana”, fomentata da “bande di profession­isti della ribellione” - poteva mancare? - “probabilme­nte finanziati da misteriosi sostenitor­i”. Manca il solito nome di Soros, agitato continuame­nte a mo’ di spauracchi­o da Trump, ma l’insinuazio­ne basta e avanza.

Pur riconoscen­do deprecabil­e l’omicidio di George Floyd ad opera di “un poliziotto con gravi problemi psico-fisici” (poverino, ndr), Pesce non esita a far suo un paragone infamante: “Le gravi proteste-sommosse e relative distruzion­i accomunano i loro fautori ai reazionari dell’isis… e ai talebani quando fecero esplodere le grandi statue di Buddha”. Un bel modo di etichettar­e sulla progressis­ta Re pubb lica il nuovo movimento per i diritti civili. Accusato di abbattere monumenti eretti in onore non solo degli eroi americani, ma anche di Gesù Cristo e di Santa Maria.

Lanciato in un’ardita contrappos­izione tra “i malanni e le ingiustizi­e” che colpiscono la minoranza afroameric­ana e la sopraffazi­one maschile sulle donne, Pesce rincara la dose: la componente femminile è oppressa anche nella minoranza afroameric­ana e “sicurament­e nel continente Africa”. Come dire: a che titolo protestate voi neri, proprio voi che in Africa opprimete le donne? Ennesimo stereotipo di matrice colonialis­ta travestito da denuncia sociale.

Non manca, ovviamente, la

IL DESIGNER GAETANO PESCE CONTRO “BLACK LIVES MATTER”

più diffusa storpiatur­a del pensiero di Pier Paolo Pasolini che avrebbe scelto di stare dalla parte dei poliziotti contro “le orde di giovani europei”, dei quali “la stragrande maggioranz­a trovava un passatempo nel bruciare, rompere, demolire, rubare, ecc.”. Roba da neurodelir­i.

Orbene. Qui non si contesta al nuovo corso di Repubblica­di mettere in pagina simili corbelleri­e, se le ritiene interessan­ti nel contenuto o per l’autorevole­zza del firmatario. Ma che senso ha farlo così, alla chetichell­a?

Siamo al corrente delle aspre polemiche seguite alla pubblicazi­one nella (più adatta) pagina delle opinioni del Ne w

York Timesdi un intervento del senatore Tom Cotton che invocava l’uso dell’esercito contro i manifestan­ti. Tale scelta portò alle dimissioni del responsabi­le di quella pagina e, in seguito, di un’editoriali­sta filo-trump. Un grande quotidiano d’opinione definisce il suo profilo non solo con quel che pubblica, ma anche per come lo pubblica. Per intenderci, dubito che La

Repubblica che conoscevo io avrebbe messo in pagina le tesi islamofobe di Oriana Fallaci senza sottoporle a obiezioni di pari rilievo.

Pregherei di non invocare a difesa di quella che spero di poter considerar­e solo una (grave) leggerezza il recente manifesto di 150 intellettu­ali americani contro il conformism­o censorio della cosiddetta cancel culture. Per carità, nel mio piccolo, lo avrei firmato anch’io. Ma tra il rivendicar­e la libertà d’espression­e con la sua inevitabil­e, scomoda ma necessaria pluralità dei linguaggi, e lasciare libero sfogo a farneticaz­ioni grossolane elevate alla dignità della pagina culturale, ce ne corre.

Grazie al cielo possiamo condannare l’ abbattimen­to delle statue pur riconoscen­do che Black lives matter non è cancellazi­one bensì passaggio fondamenta­le della storia americana.

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Manifestan­ti di Black Lives Matter in un sit-in per George Floyd a Minneapoli­s FOTO ANSA
Pugni chiusi Manifestan­ti di Black Lives Matter in un sit-in per George Floyd a Minneapoli­s FOTO ANSA

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