Disastro ferroviario con molti colpevoli: 8mila giù dai treni
Mancate partenze e proteste nelle stazioni
Le stazioni ferroviarie, ieri, erano nel caos: chi aveva timore dei contatti, chi di non riuscire a partire per le vacanze, chi di perdere i propri soldi. Da Nord a Sud, agosto non è iniziato nel migliore dei modi. La compagnia Italo, per dire, ha fatto sapere di essere stata “costretta suo malgrado” a cancellare otto convogli in partenza la mattina e numerosi biglietti per quelli del pomeriggio. La notizia dei disagi era arrivata sabato sera, intorno alle 23, con un sms inviato dall’azienda Ntv: “Gentile cliente – si leggeva - in ottemperanza a quanto espressamente statuito dal ministero siamo costretti a procedere con la soppressione del treno”. In pratica l’azienda accusava il governo di aver “improvvisamente sostituito le disposizioni del decreto (dpcm) del 14 luglio”, che prevedeva deroghe al distanziamento dei posti sui treni, di fatto autorizzando i convoglia a viaggiare a quasi il 100% della capienza, e informava i clienti che avrebbero proceduto quanto prima “al rimborso di quanto corrisposto per il titolo di viaggio non utilizzato”. Sono stati cancellati i treni delle tratte più affollate, dalla Torino-reggio Calabria alla Verona-venezia e per almeno 8mila passeggeri non è stato possibile trovare una soluzione alternativa, con una perdita economica che è stata stimata in 3 milioni di euro. Trenitalia, invece, ha deciso diversamente, sostenendo di voler “garantire il viaggio a tutti i passeggeri, magari ricollocandoli in altre classi nel rispetto delle regole sul distanziamento” o indirizzandoli su altri convogli in orari simili.
COME SEMPRE,
in questi casi, si cerca il capro espiatorio. Che però è – come spesso – difficile da identificare in modo univoco. Il più delle volte, infatti, i drammi sono generati da una multipla convergenza di intenti o di superficialità. Le compagnie ferroviarie incolpano il governo di non aver prorogato il decreto, il ministero dei Trasporti ritiene di aver agito in base a quanto previsto dalle norme, quello della Salute di aver gestito la situazione basandosi sui numeri crescenti dei contagi e sulla mancanza di comunicazione da parte degli operatori. Mettiamo allora in fila i fatti. Come già raccontato ieri, l’ordinanza con cui il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha reintrodotto l’obbligo di distanziamento di almeno un metro sui mezzi pubblici locali e sui treni a lunga percorrenza è arrivata solo sabato sera, al termine di una lunga giornata di polemiche. Trenitalia e Italo avevano stabilito – e dunque iniziato a vendere i biglietti – di poter viaggiare al 100 per cento dei posti in virtù delle nuove condizioni previste dal dpcm del 14 luglio, che prevede di fatto una deroga al distanziamento a patto che ci siano altre stringenti condizioni, dalla misurazione della temperatura all’autodichiarazione del passeggero fino all’obbligo della mascherina con sostituzione ogni 4 ore. Un programma per il quale le compagnie erano pronte da un po’, tanto che già venerdì circolavano mail e pubblicità con cui i viaggiatori venivano informati del cambiamento. Nello stesso giorno, probabilmente interpellato, il Ministero dei trasporti conferma con una nota le impellenti modifiche, sempre secondo dpcm del 14 luglio. Punto fermo: né il ministero né la norma parlano di capienza al 100%.
Ad ogni modo, è in quel mo
Biglietti Trenitalia e Italo avviano una “campagna” sulla fine del distanziamento. Ma senza avvertire
mento che si scatena la polemica: virologi, epidemiologi, lo stesso Comitato Tecnico Scientifico, sono chiamati da un lato a commentare il cambiamento, dall’altro ad osservare un preoccupante aumento di casi positivi e di nuovi focolai.
È a quel punto che il ministero della Salute decide di emanare l’ordinanza che ristabilisce il distanziamento. E lo fa, è stato precisato ieri da più parti, senza alcuna frizione con il ministero dei Trasporti (smentendo i re
troscena di furiose telefonate tra i due ministri) ma innegabilmente muovendosi in emergenza e con un certo nervosismo.
ANCHE PERCHÉ
probabilmente al ministero della Salute si aspettavano almeno di essere interpellati per un cambiamento di tale portata e delicatezza. Le linee guida, spiegano, non sono “autoapplicative” ma presuppongono che i soggetti coinvolti – in questo caso Trenitalia e Italo – compilino un protocollo di attuazione delle stesse e che questo sia presentato al Comitato Tecnico Scientifico che può esprimersi o fornire ulteriori indicazioni. Nulla di nuovo, insomma, soprattutto alla luce della proroga dello stato di emergenza fino al 15 ottobre (e non più, appunto, al 31 luglio): è stato fatto per la riapertura delle fabbriche (che ha richiesto ore di riunioni notturne con i sindacati e le parti sociali) e finanche con la Figc per la ripresa del calcio.