L’india dà via libera ai nuovi inquinatori E poi censura Greta
Il sito della Thunberg accusato di “molestie”
Come ogni venerdì, davanti al ministero dell'ambiente, delle Foreste e del Cambiamento climatico di Nuova Delhi, i militanti ecologisti si contano sulle dita di una mano. In piedi sotto la pioggia, a due metri di distanza l'uno dall'altro, le mascherine sul viso, gli attivisti che manifestano contro L'EIA, la nuova legge di Impatto ambientale, sollevano degli striscioni: “I soldi non si respirano”, c'è scritto. Poco dopo, come sempre, la polizia arriva e disperde pacificamente la manciata di attivisti. “Ecco a che punto sta in India la contestazione degli ambientalisti – sottolinea Chittranjan Dubey, fondatore di Extinction Rebellion India -. Manifestare all'aperto è vietato e sul web c'è la censura. Eppure questo disegno di legge nuoce agli interessi degli indiani e delle generazioni future”. L'EIA - che sta per “Environmental impact assessment” (“Valutazione di impatto ambientale”) - è una procedura amministrativa finalizzata a regolamentare le autorizzazioni delle attività inquinanti. Presentato a marzo, mentre la pandemia e il panico cominciavano a propagarsi in India, il nuovo testo per il 2020 indebolisce ancora di più - per non dire sotterra - le poche misure di salvaguardia ecologica che ancora esistono nel paese.
OLTRE ALLA NUOVA
norma sull'impatto ambientale, è stata annunciata anche l'apertura al capitale privato del settore del carbone e di 109 linee ferroviarie. Con la chiusura delle frontiere e i divieti di assembramento, il governo indiano intende far adottare queste riforme il più presto possibile. In un primo tempo la protesta aveva preso piede sul web. Ma poi, a inizio luglio, i siti web di tre importanti movimenti ambientalisti sono stati oscurati. “Il blocco è arrivato senza preavviso”, racconta Yash Marwah, uno dei leader del movimento Let India Breath, che fa campagna contro la legge dal 7 aprile. “Il nostro sito – aggiunge – forniva informazioni sul testo in nove lingue e permetteva di scrivere al governo attraverso un modulo online”. Gli altri due siti messi al bando, fridaysforfuture.in (dal movimento della svedese Greta Thunberg) e thereisnoearthb.com, contribuivano a loro volta a alimentare la protesta contro la legge. “Con il blocco immotivato dei siti il governo ha superato ogni limite – sostiene Apar Gupta dell'internet Freedom Foundation ( IFF), una ONG che difende la libertà del net -. Per la Corte suprema ogni limitazione delle libertà digitali deve essere giustificata”. L'IFF ha inviato dunque cinque richieste di informazione al governo, rimaste tutte senza risposta. Il 22 luglio L'ONG ha ottenuto alla fine il testo di una denuncia sporta dal ministro dell'ambiente alla polizia postale di Nuova Delhi, in cui il ministero accusava il sito Friday for Future di “molestie digitali” e ne chiedeva la sospensione per “diffusione di informazioni contrarie alla legge e a sfondo terrorista, che minano l'integrità o la sovranità dell'india”. Di fronte alle polemiche, due siti sono stati riaperti il 24 luglio. Ma questo tentativo di intimidazione spinge altri siti all'autocensura. “Ho chiesto ai nostri membri di non scrivere al ministero per non subire la stessa sorte”, confessa il leader di un movimento ambientalista, che preferisce restare anonimo. Il ministro dell'ambiente,
Prakash Javadekar, ha avviato una consultazione pubblica sul tema, che ha definito “un meraviglioso esercizio di democrazia”. “Ma nei fatti chi parla viene fatto tacere”, spiega Anjali Dalmia. La giovane, 20 anni, ha riunito 60 gruppi di studenti che hanno scritto al governo, ma le 60 richieste sono state respinte.
LA NUOVA NORMATIVA
per l'impatto Ambientale, destinata a favorire la ripresa dell'economia indiana, devastata dalla pandemia, introduce numerose modifiche tecniche al precedente testo del 2006. Il Center for Policy Research le riassume in una formula: meno regolamentazione, più eccezioni. Preoccupa in particolare la possibilità che la legge darà ai progetti industriali di venire attuati senza licenza ambientale, il “post-facto clearance”. “Sarà possibile cioè avviare il progetto di una miniera, di una diga o di una centrale a carbone e ottenere la licenza dopo”, spiega Ritwick Dutta, celebre avvocato e presidente della ONG Legal Initiative for Forest and Environment (LIFE). In caso di non rispetto delle norme, le multe previste sono ridicole: da 1.000 rupie (12 euro) a 5.000 (60 euro) per ogni giorno di ritardo nell'applicazione della norma. In altre parole, per gli industriali sarà più conveniente inquinare: a una centrale a carbone costerà meno pagare la multa per tutto l'anno che installare i costosi filtri che permettono di ridurre le emissioni di CO2. Lo stesso vale per l'estrazione dei minerali nelle aree protette. Le aziende inquinanti avranno anche un altro vantaggio. Il campo dei cosiddetti “progetti strategici”, esenti da ogni controllo, sarà esteso. La qualifica di “progetto strategico”, prima riservata all'esercito, sarà cioè applicata ad altri settori, ferrovie, dighe, metallurgia, petrolio e così via. “Certo, alcuni progetti sono davvero strategici, ma il governo potrà usare la formula a sua discrezione”, teme T.V. Ramachandra, ricercatore al prestigioso Indian Institute of Science di Bangalore. La sua principale preoccupazione riguarda la riserva di biodiversità deiwestern Ghats, una vasta catena montuosa che si trova nel sud del paese: “Si stanno abbattendo le foreste e si distrugge l'ecosistema”, dice. L'esperto teme che la riserva continui a essere saccheggiata senza che gli scienziati abbiano voce in capitolo: “Il prezzo che pagheremo sarà molto più alto del Covid-19”. Il ministro dell'ambiente assicura che il progetto di legge è ancora una “bozza”: “Abbiamo diverse piste per migliorarlo”, sostiene Javadekar. La consultazione pubblica doveva concludersi il 30 giugno ma, sotto la pressione dell'alta corte di Delhi, è stata rinviata al 10 agosto. E dopo? Il testo sarà adottato con decreto senza il voto del Parlamento. “Basta uno sguardo al progetto per rendersi conto che è contrario alla Costituzione - sostiene Ritwick Dutta -. Ma l'obiettivo del governo è chiaro: favorire gli affari, anche se ciò significa infrangere la legge”.
L'AVVOCATO SPERA
che il testo possa essere rinviato a ottobre, dal momento che il decreto dovrà essere tradotto nelle diverse lingue dell'india e che la cosa richiede del tempo. ”Far passare il nuovo dispositivo mentre gli esperti non sono nei laboratori e non possono lavorare è scorretto - sottolinea T.V. Ramachandra -. Si dovrebbe lavorare per favorire la salute pubblica, non per aumentare l'inquinamento”. L'india è già di per sé poco armata contro chi inquina. Molti gli esempi di catastrofi ambientali recenti. A maggio, una fuga di gas dalla fabbrica di Vizag (Andhra Pradesh) ha ucciso dieci persone e ne ha avvelenate altre mille. L'inchiesta ha rivelato che la società non era a norma di legge. Da giugno, si ripetono delle esplosioni nel giacimento petrolifero di Baghjan (Assam), dove l'estrazione viene effettuata, senza autorizzazione, a 500 metri da un parco nazionale. Resta vivo in India il ricordo della tragedia chimica dello stabilimento di Bhopal, nel dicembre 1984, che aveva fatto 4.000 morti. Era stata quella catastrofe a innescare la laboriosa costruzione del codice ambientale dell'india, che oggi si sta smantellando. “I veri strumenti per battersi oggi sono le comunità locali, il digitale e la pressione dei media”, sostiene Ritwick Dutta. È così che si stanno battendo le popolazioni degli Stati di Assam, Chhattisgarh e Goa contro dei progetti minerari. “Il Covid-19 soffoca la lotta degli attivisti, ma questa non si fermerà”, promette Yash Marwah di Let India Breathe. “Volendo far passare il testo durante la pandemia e censurando i siti, il governo si è messo in trappola da solo - spera a sua volta Anjali Dalmia -, perché i giovani passano appunto molto tempo su Internet per informarsi”. Su 180 paesi, l'india è al 168/o posto dell'indice di sostenibilità ambientale 2020 elaborato dalla Yale University e dalla Columbia University.
La denuncia del ricercatore “Si distrugge l’ecosistema, il prezzo che pagheremo sarà molto più alto del Covid-19”