Duda, un leader per gli omofobi anti-francesco
Nel frastagliato network dei clericali di destra la violenza verbale contro i “sodomiti” e “l’ideologia satanista Lgbt” è purtroppo un tratto quotidiano o quasi. Ma con la conferma a metà luglio della presidenza catto-sovranista di Andrzej Duda in Polonia si è andati ben oltre. Al punto da invocare la libertà di rogo contro gli omosessuali. Lo scorso 29 luglio è infatti apparso un post a dir poco aberrante su Messa in latino, uno dei siti di riferimento dei tradizionalisti italiani.
Fino a ieri il post era nell’home page e nessuno l’ha rimosso. Questo il testo delirante e sgrammaticato: “Dopo la bella notizia del presidente Duda che, dopo aver vinto il secondo mandato alla Presidenza della Polonia, è andato ad inginocchiarsi dinnanzi alla Madonna di Czestochowa come atto di ringraziamento, oggi proponiamo un’altra bella notizia dalla terra di S. Stanislao: un arcobaleno, che era stato piazzato, (dal movimento Lgbt polacco), di fronte alla cattedrale di una città polacca, dopo poche ore è stato bruciato dai cittadini, indignati e scontenti di questo gesto evidentemente oltraggioso e provocatorio”. Conclusione: “Essi hanno potuto farlo perché sono ancora liberi e non c’è nessuna legge liberticida che punisca il reato di opinione. Fosse successo in Italia (ove si applica già il non-ancora-approvato #ddlzan)?”.
Capito? La libertà di opinione comprende anche quella di bruciare ciò che non piace e si odia. E in questo caso si mette in mezzo, ancora una volta, il ddl Zan contro l’omofobia, vera ossessione del bigottismo fariseo che detesta pure la misericordia di papa Bergoglio. Ma non è tutto. Il sito spaccia per nuova una notizia che risale a sette anni fa. Ché fu nel 2013 che un arcobaleno Lgbt fatto di fiori venne bruciato a Varsavia, in piazza Zbawiciela. A comporlo l’artista Julita Wojcik. In seguito venne rifatto e poi bruciato per altro cinque volte, finché l’arcobaleno non è diventato un ologramma a prova d’incendio.
INSIEME
con l’ungheria di Viktor Orbán, la Polonia nazionalista intrisa di un cattolicesimo cupo e senza pietà “è una speranza e una luce per tutta l’europa”, per citare l’ex deputato centrista e ciellino Luca Volontè (peraltro a processo per una vicenda di corruzione). Non solo. In piena emergenza pandemica, nello scorso marzo, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, implacabile avversario di Francesco, ha detto in un’intervista che il Coronavirus è stato causato “da sodomia e matrimoni gay” e in Polonia ha colpito di meno grazie al governo clerical-sovranista, che considera “l’ideologia Lgbt più aggressiva del comunismo sovietico”.
A fare questo paragone è stato lo stesso presidente Duda, allievo di Jaroslaw Kaczynski, tuttora leader di Diritto e Giustizia (Pis). Nato a Cracovia, la città di San Giovanni Paolo II, Duda incarna ancora più di Orbán la “speranza luminosa” dei cattolici in guerra con il mondo. Benedetto e coccolato dalla Chiesa polacca (la sera del lunedì post-elettorale è andato appunto a Jasna Góra, al santuario della Madonna nera di Czestochowa) è però stato rieletto con il 51 per cento dei voti al ballottaggio. Non proprio un plebiscito.