Il Fatto Quotidiano

L’ascia o raddoppia

- » Marco Travaglio

Mi unisco al grido di dolore che si leva dalle spiagge di tutta Italia, raccolto da Antonio Padellaro con giusta trepidazio­ne. Dall’alpi al Lilibeo è tutto un allarme, uno sgomento, un’insonnia per la nuova legge elettorale che sciagurata­mente non c’è e per la tirannide contiana che invece purtroppam­ente c’è (il premier pretende financo di confermare i capi dei servizi segreti, anziché farli nominare da Amadeus e Milly Carlucci, per dire come siamo messi). Ma c’è di più e di peggio, come mi faceva notare ieri mattina la sora Augusta in ciabatte che dava da mangiare ai piccioni a Trastevere: “Adesso non vorranno mica tagliare il numero dei parlamenta­ri, che sono appena un migliaio? Io ne vorrei almeno diecimila! E la democrazia rappresent­ativa, dove la mettiamo? E poi a me chi mi rappresent­a? La prego, lei che può faccia qualcosa contro la deriva populista, antipoliti­ca e antidemocr­atica. Basta un niente e ci ritroviamo un Orbán e un Bolsonaro a Palazzo Chigi, che poi sarebbe tanto di guadagnato dopo il führer Giuseppi!”.

Attorno a lei, oltre ai piccioni, si è radunata una piccola folla plaudente. Chi recitava a memoria l’ultima intervista di Goffredo Bettini, da queste parti più popolare del fornaio e del pizzicagno­lo (“Senza una nuova legge elettorale, dimezzare il numero dei parlamenta­ri può persino diventare pericoloso per il regime democra

tico”). Chi sventolava l’editoriale di Stefano Folli su Repubblica:“il pasticcio del referendum”, “disastro incombente”, “operazione tem e ra r i a”, “taglio cervelloti­co”, “un Parlamento a macchia di leopardo, alcune parti d’italia sono rappresent­ate più di altre e qualcuna non lo è per nulla”, “Parlamento scardinato nelle sue funzioni istituzion­ali”, “amputazion­e fatta per motivi demagogici, per dare una lezione alla ‘casta’”, “scarsa o nulla consideraz­ione della democrazia rappresent­ativ a”, “nel Pd è troppo tardi per cambiare idea, visto che ci si è consegnati al patto di governo con Conte e i 5S”. Chi sbandierav­a

il Buongiorno di Mattia Feltri su

La Stampa: “I partiti più piccoli sparirebbe­ro, i parlamenta­ri sarebbero soldatini agli ordini del capo, il governo schiaccere­bbe le Camere e farebbe come gli pare più di quanto faccia ora” e i parlamenta­ri passerebbe­ro per

“cialtroni, scaldapanc­he, mangiapane a ufo e pure ladri”. C’era

persino un lettore de Il Dubbio, guardato con comprensib­ile curiosità dagli altri, che declamava un pezzo di Mario Lavia, l’ex Sal

lusti di Renzi: “Il No al referendum fa proseliti nell’area del centrosini­stra”,“la battaglia dei grillini e della destra sensibile alla gran litania dell’anticasta”, “accarezzan­o gli umori popolari dalla parte del pelo”.

Fortuna che “il ‘carfagnano’ di FI Cangini è fra i leader del comitato per il No assieme al dem Nannicini”, al grande Gori, ma soprattutt­o – e qui al passante brillavano gli occhi – “a cattolici democratic­i come Pierluigi Castagnett­i”. Al nome Castagnett­i, si levava in piazzetta un grido di giubilo, accompagna­to da trombette e tricchetra­cche. Quando poi si apprendeva, sempre dal discepolo di Lavia, che “il manifesto e il D o ma n i , oltre all’espresso già in battaglia, faranno campagna per il No”, due fra i più giovani accendevan­o petardi e fuochi d’artificio per una piccola festa di quartiere che rischiava di arrostire un piccione. E diventava assembrame­nto alla notizia che “si opporranno Sabino Cassese, Paola Severino, Angelo Panebianco e Leonardo Becchetti”, ma solo “probabilme­nte”. “Senza escludere pronunciam­enti di peso e fortemente evocativi: Prodi, Arturo Parisi, Claudio Petrucciol­i, Claudia Mancina” e altri trascinato­ri di folle, non so se mi spiego. Gli astanti, incuranti della canicola, costituiva­no lì su due piedi un comitato del No al referendum di settembre.

Io avrei voluto rammentare alcune cosette: di ridurre gli eletti si parla molto autorevolm­ente da 40 anni; abbiamo le Camere più pletoriche, costose e improdutti­ve d’europa; molti attuali alfieri del No erano per il Sì alla controrifo­rma Renzi-boschi-verdini del 2016 (che tagliava i parlamenta­ri, ma solo al Senato, abolendone l’elettività e riducendol­o a una cameretta-dopolavoro per consiglier­i regionali e sindaci a mezzo servizio); la democrazia rappresent­ativa non dipende dal numero di eletti, che sono una convenzion­e, non le tavole della legge affidate da Dio a Mosè sul Sinai (sennò sarebbero antidemocr­atici gli Usa, che hanno 435 deputati e 100 senatori col quintuplo e più di abitanti, e la Germania, che ha 172 parlamenta­ri meno e 20 milioni di abitanti più di noi); col taglio di un terzo (da 315+5 senatori a 200+5 e da 630 deputati a 400) avremmo 0,7 deputati ogni 100mila abitanti, in linea con la media dei grandi Paesi d’europa (1 nel Regno Unito, 0,9 in Germania e Francia, 0,8 in Spagna); l’antipoliti­ca e l’antiparlam­entarismo escono indeboliti da una riforma così popolare; l’asservimen­to degli eletti ai capi-partito dipende dalle leggi elettorali fatte dalle destre (Porcellum), dal Pd (Italicum) e da Pd, FI e Lega (Rosatellum) che riempiono il Parlamento di nominati anziché di eletti e non impongono dimissioni a chi passa da sinistra a destra o viceversa. Ma l’entusiasmo in piazza mi ha contagiato: così ho lanciato l’idea di raddoppiar­e i parlamenta­ri dagli appena 945+5 a 1890+10. Così la democrazia raddoppia e i problemi dell’italia si dimezzano. Mi hanno fatto la ola.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy