Campania come la Fiera Indagine sul flop Covid
NAPOLI “Criticità nelle procedure” per i tre ospedali dedicati (due mai aperti): il caso investe il cerchio magico di De Luca
Diciotto milioni di euro usati durante la fase acuta della pandemia per costruire tre Covid- center in Campania sul modello dell’ospedale in Fiera a Milano, con lo scopo di fornire 72 nuovi posti di terapia intensiva. Uno solo dei tre è stato utilizzato, e pochissimo, quello realizzato nel parcheggio dell’ospedale del Mare a Napoli. Gli altri due, a Caserta e Salerno, vuoti. Mai collaudati e mai aperti. Non hanno accolto pazienti. Tanto che i contagiati del focolaio scoppiato a fine giugno nella comunità bulgara di Mondragone (Caserta) furono ricoverati a Maddaloni.
Queste le circostanze sulle quali vuole fare luce un’inchiesta della Procura di Napoli che ruota intorno al cerchio magico del governatore Vincenzo De Luca. Inchiesta che deflagra a meno di due mesi dalle elezioni, una sorta di referendum sulla riconferma di De Luca. Tra i quattro indagati noti, per ipotesi di reato che spaziano dalla turbativa d’asta alla frode in pubbliche forniture, ci sono infatti tre persone molto vicine al presidente della Campania, che gli coprono territorialmente tre capoluoghi di provincia: Ciro Verdoliva, manager dell’asl Napoli 1 e componente dell’unità di crisi antivirus regionale (già sotto inchiesta insieme ad Alfredo Romeo, il fulcro del caso Consip, per gli appalti dell’ospedale Cardarelli), il fedelissimo di Napoli; Luca Cascone, consigliere regionale eletto in “De Luca Presidente”, ex assessore ai Trasporti a Salerno del sindaco De Luca e poi presidente della commissione regionale Trasporti, il fedelissimo di Salerno; l’ingegnere Roberta Santaniello, dirigente dell’ufficio di gabinetto del governatore e componente dell’unità di crisi delegata a seguire passo dopo passo la realizzazione dei tre ospedali modulari, in passato dirigente del Pd in Irpinia, la fedelissima di Avellino. Il quarto indagato noto è Corrado Cuccurullo, presidente di Soresa, la centrale acquisti della sanità campana. Soresa è l’ente appaltante con procedura d’urgenza dei tre Covid Hospital assegnati a una società di Padova, la Med (“Manufactorimg engineering & development srl”), disposta a far arrivare in Campania imoduli. I loro nomi sono emersi dai decreti di perquisizione e sequestro di telefonini, pc, uffici e abitazioni eseguiti nei giorni scorsi.
RIAVVOLGIAMO il nastro degli eventi. A marzo, mentre impazza la conta dei ricoverati in terapia intensiva, De Luca annuncia che in 18 giorni sarebbero stati pronti tre ospedali nuovi e attrezzati per 72 posti in TI. E in molti ricordano gli applausi che il 6 aprile accolsero l’arrivo a Napoli del serpentone di 57 tir coi prefabbricati da montare. Ma anche a Napoli è andata a finire come a Milano: i reparti di terapia intensiva sono rimasti (per fortuna) vuoti. Di qui una polemica montata a metà maggio, quando un blitz dei carabinieri inviati in Soresa dal pm Mariella Di Mauro e dal procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio rese nota l’esistenza di un fascicolo. “Puntiamo ad avere 800 posti di TI ma qualche imbecille ha detto che abbiamo realizzato posti letto ma non sono occupati. Chiediamo scusa al virus se non gli abbiamo fatto compagnia – scrisse in quei giorni De Luca – siamo di fronte all’imbecillità totale. Continueremo a realizzare posti di terapia intensiva per stare tranquilli in autunno per un probabile ritorno del Covid”. Poi, causa contenzioso tra Med e Soresa sui mancati pagamenti di alcune spese extra per una riconversione delle opere chiesta dal committente mentre la curva del contagio calava a livelli meno preoccupanti, gli ospedali modulari di Caserta e Salerno non sono stati collaudati e non sono entrati in funzione.
Le indagini della Procura hanno avuto una brusca accelerazione dopo un paio di video- inchieste di Fa npa ge. it che hanno disegnato sospetti sulla regolarità dell’aggiudicazione degli appalti e sul ruolo di Cascone, l’uomo che – secondo il lavoro dei cronisti della testata diretta da Francesco Piccinini – avrebbe trattato forniture di mascherine e attrezzature sanitarie in nome e per conto di Soresa e dell’unità di Crisi (di cui nemmeno faceva parte) senza averne titolo. “Ero solo un volontario che ha dato una mano” ha replicato lui. Le perquisizioni sono scattate pochissimi giorni dopo.