Il caso Spadafora: il premier rinvia tutto a settembre
Si può far traballare un governo per una riforma dello sport? Intorno a questa domanda si arrovella il Movimento 5 stelle. Da una parte il ministro Spadafora, che il testo l’ha scritto e minaccia le dimissioni, dall’altra i parlamentari, che chiedono più tempo e dialogo e hanno innescato una lettera del direttivo che suona tanto di sfiducia. In alto i vertici, il capo politico Crimi e il capo delegazione Bonafede, tirati in mezzo loro malgrado, Luigi Di Maio, preoccupato, Alessandro Di Battista, mai tenero con Spadafora e sempre vigile nonostante la gioia della nascita del secondo figlio. Lontano il premier Conte, a Genova per l’inaugurazione del ponte quando è esplosa la crisi, anche ieri preso da altre e più importanti vicende, a cui però entrambe le parti hanno chiesto un intervento chiarificatore. Per ora una risposta alla domanda ancora non c’è, e infatti il testo è rinviato a dopo l’estate.
LA RIFORMA dello sport è diventato un caso politico, tutto interno a un Movimento diviso. L’oggetto del contendere è il ruolo del Coni e del suo capo, Giovanni Malagò: l’idea che possa tornare centrale a scapito della partecipata Sport e Salute è dura da digerire per chi la riforma l’aveva concepita insieme alla Lega un anno fa, anche se bisogna fare i conti le richieste degli alleati e del Comitato internazionale. Il sospetto però che il ministro Spadafora lo stia facendo di concerto proprio conmalagò è insopportabile: la miccia della crisi è una bozza rivelata dal Fatto in cui gli appunti del gabinetto del ministro svelano i colloqui col n.1 del Coni. Poco importa che alcuni dei suggerimenti non siano stati recepiti (resta ad esempio l’incompatibilità con gli altri enti che potrebbe creare un problema alle Olimpiadi di Milano-cortina). Ormai lo strappo c’è.
Spadafora, ricevuto lo stop del direttivo, ha minacciato di rimettere la delega con un messaggio a Palazzo Chigi. Non è la prima volta che succede - sibilano dal Movimento - ma non ci si era mai arrivati così vicini. E non sarebbe un passaggio indolore, per il M5S e per tutto il governo, che lui ha contribuito a far nascere. Spadafora è fedelissimo di Di Maio, che mantiene un ruolo di primo piano nelmovimento e teme nuovi problemi. È anche uno dei pontieri principali col Pd, e ben al di là delle sue deleghe è l’uomo dei dossier più delicati e delle nomine. Il suo addio aprirebbe le porte a un rimpasto che Conte sicuramente non vuole, forse non può permettersi.
Perciò la crisi, appena esplosa, è rimasta in sospeso. Il ministro attende un colloquio chiarificatore col premier, ma non basterà la fiducia di Conte, dovrà esserci anche un faccia a faccia coi parlamentari che lo hanno messo in discussione. Aspetta pure il mondo dello sport, che oggi si riunisce al Coni e fa quadrato intorno a Malagò: per lui questo caos è l’occasione per rivendicare la sua contrarietà alla riforma (e ricordare la minaccia del Cio di sospendere l’italia). Per ora il testo è fermo: non andrà in Consiglio dei ministri in settimana, se ne riparlerà dopo l’estate, quando però comunque la delega che fu votata con la Lega dovrà essere approvata insieme a Pd e Italia Viva, e quindi con dei compromessi. Per questo il chiarimento dovrà esserci subito. Lo chiedono i parlamentari, pronti a porre una serie di pesanti condizioni anti-coni, ma lo pretende anche Spadafora, convinto del suo operato. E la riforma resta in bilico.
PROTESTE 5S IL MINISTRO E LA BOZZA SUGGERITA DA MALAGÒ