La foga anti-stato di Panebianco (che dimentica i predatori privati)
Caro direttore, ieri il prof. Panebianco sul Corriere della S era ha preso di punta i “neo-statalisti” italiani definiti, con consueta supponenza intellettuale, “keynesiani de’ noantri”. Per qualche dato relativo ai casi da lui citati, propongo all’illustre editorialista, non richiesta, una lista di letture estive. Dai documenti ufficiali di Alitalia, scoprirebbe che, nel decennio pre-amministrazione straordinaria (dal 2008-2017), la compagnia è stata al 100% di privati, italiani e arabi, e da essi spolpata. Sull’ilva, constaterebbe che sono stati i Riva a portarla al fallimento e ad aggravare il disastro ambientale a Taranto per anemia di investimenti e trasferimenti di profitti all’estero. Poi, su Autostrade, potrebbe leggere il Rapporto della Corte dei Conti del 18 dicembre 2019 e verificare le mega rendite regalate per un paio di decenni ad Atlantia, maturate senza rischio di mercato, dato che l’asset è un monopolio naturale. Ancora, a proposito di acqua pubblica, nei bilanci di Acea ammirerebbe la straordinaria efficienza di privati che, nella gestione di un’azienda pur al 51% del Comune di Roma, mietono profitti grazie allo scarto tra tariffe idriche e investimenti su una rete colabrodo (perde il 40% dell’acqua). Infine, suggerisco a Panebianco altri “casi” interessanti. Ad esempio, nelle recenti cronache finanziarie su Fca, noterebbe che la dinastia Agnelli-elkann con patrimoni regali nei paradisi fiscali ha preteso garanzie miliardarie dallo Stato sotto il ricatto dell’occupazione. Dall’ultima audizione alla Camera dell’ufficio parlamentare di Bilancio conoscerebbe che, dal marzo scorso, quasi il 30% delle ore di cassa integrazione (per un valore di circa 7-8 miliardi), è stata ottenuta da aziende private che non hanno avuto perdita di fatturato nel lockdown. Chiudo. Purtroppo, i lavoratori hanno perso da tempo i loro “intellettuali organici”. Invece, gli interessi più forti continuano, naturaliter, a essere ben supportati.