“Basta segreti sulle stragi”: Conte scrive al Parlamento
Chissà se questa sarà la volta buona. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha scritto alla Camera e al Senato per dare il via libera alla declassificazione degli atti conservati nei loro archivi, ma non divulgabili perché ancora ritenuti top secretdalle amministrazioni dello Stato, servizi segreti compresi, che li hanno prodotti. Un vincolo che fin qui ha condizionato la ricerca della piena verità sulle stragi avvenute in Italia tra il 1969 e il 1984 e che ancora restano avvolte nel mistero. Con buona pace della direttiva Renzi, che sei anni fa aveva acceso le speranze imponendo di riversare all’archivio di Stato i documenti rimasti chiusi negli armadi per oltre 40 anni. E che, per dirla con le parole usate tre giorni fa dal presidente dell'associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna, Paolo Bolognesi, “è stata solo uno specchietto per le allodole”.
LE PROCEDURE indispensabili per rendere fruibili quelle carte sono complesse, come lascia intendere il premier Conte che ha la delega ai servizi. E che il 30 luglio ha scritto ai presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati per dare “un segno tangibile” dell’ impegno per giungere a una compiuta ricostruzione di quei tragici eventi. “Ne l quarantennale del disastro di Ustica e della strage alla stazione di Bologna, il doveroso contributo alla ricostruzione di tali gravissimi fatti impone uno sforzo corale e coordinato delle Istituzioni per fare luce su alcune tra le pagine più buie del nostro recente passato”, ha scritto Conte riferendo delle limitazioni esistenti al regime di pubblicità derivanti dai vincoli imposti degli enti che li hanno prodotti e che vanno interpellati. Procedure nè semplici né veloci:
“In anni recenti è stata compiuta una complessa istruttoria che si è rivelata onerosa con riferimento ai tempi di realizzazione”.
PER LA VERITÀ, i familiari delle vittime delle stragi di Piazza Fontana (1969), Gioia Tauro (1970), Peteano (1972) , della Questura di Milano (1973) e Piazza della Loggia ( 1974), ma anche dell’italicus (1974) , Ustica (1980), del 2 agosto a Bologna (1980) o del rapido 904 (1984) hanno dato fin qui un giudizio severo. Almeno sugli effetti avuti dalla direttiva Renzi, che ha attribuito a una commissione composta da membri dei servizi di sicurezza il compito di decidere cosa declassificare e cosa no: nell’archivio di Stato è stato riversato poco o nulla. E quello che è stato messo a disposizione (il copyright è di Paolo Bolognesi) è “carta straccia”: documenti dal contenuto già noto oppure atti su cui è stato fatto abbondante uso di omissis e bianchetto.
Mentre il sospetto è che la ciccia resti sotto chiave nelle mani di chi non ha interesse a cambiare spartito. E che può mettere il veto anche sulla divulgazione degli atti acquisiti nel tempo dalle commissioni di inchiesta istituite in Parlamento: la lettera di Giuseppe Conte dà via libera alla declassificazione di quella documentazione acquisita “presso amministrazioni dello Stato, ivi inclusi gli organismi di informazione per la sicurezza”. Ma non solo: “Ho dato indicazioni affinché il direttore del Dipartimento informazioni per la sicurezza concordi con l’archivio storico del Senato e gli altri uffici della Camera interessati, le procedure più sollecite e idonee per individuare criteri e modalità per la protezione delle informazioni tuttora sensibili”. Insomma, a decidere non saranno i soliti (ig)noti e soprattutto il Parlamento potrà contribuire a fissare i paletti per scongiurare qualunque forma di discrezionalità.
IL PREMIER VIA I VINCOLI SUI MISTERI DEL PERIODO 1969-1984